da ilpuntosalute | 2 Dic, 2014 | Nutrizione, Sport
Marco Freschi si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1999 e si specializza in Medicina dello Sport presso l’Università Statale degli Studi di Milano nel 2003.
La sua attività, nel mondo professionistico sportivo, inizia nel 2001 con il team di ciclismo professionistico Lampre-Daikin, come medico di squadra al Giro di Svizzera. Dal 2001 al 2004 si consolida la sua collaborazione con la Commissione Medica della Federazione Italiana Sport Invernali come medico di squadra per la Nazionale A maschile e femminile di DH/SG in gare di coppa del mondo. Nel 2003, Freschi perfeziona la sua collaborazione con la Scuola Tecnici Federali della FISI occupandosi dell’aggiornamento per gli aspiranti allenatori federali di sci, e partecipa al corso per ispettori antidoping del CONI. Ricopre anche l’incarico di Medico sociale pallavolo Desio (campionato B2 Nazionale) e diventa poi Medico sociale Volley Melegnano (campionato B2 e B1 Nazionale). La passione per lo sport, e in particolare per lo sci, lo porta a ricoprire un importante incarico a livello nazionale/internazionale: responsabile del settore nazionale maschile e femminile sci alpino della FISI e membro della Commissione medica FISI. Con tale qualifica partecipa alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006, come medico della squadra Olimpica femminile di sci alpino. Dal 2011 è il Medico Sociale della Primavera del Milan e dal 2004 collabora come medico gestore di programmi di riabilitazione e di valutazione funzionale col Gruppo Medico Isokinetic a Milano in modo continuativo, con parentesi a Cortina e Rimini.
Non ci sono alimenti che facciano vincere una gara, ma sicuramente c’è uno stile di nutrizione che può farne perdere tante. È importante educare gli atleti a evitare i cibi che possono diminuire la qualità prestativa: i grassi in eccesso, i fritti e l’alcool, ad esempio, sono da bandire. Questo è il pensiero di Marco Freschi, Medico dello sport, il quale, oltre che di riabilitazione, preparazione e fisiologia dell’allenamento, si occupa di nutrizione. Responsabile del settore nazionale maschile e femminile sci alpino della FISI (Federazione Italiana Sport Invernali), Freschi è anche il medico sociale della Primavera del Milan. “Con i ragazzi si fanno incontri specifici – afferma –. Sono tutti tra i 16 e 19 anni e non sanno ancora bene come nutrirsi: è importante dare loro un’educazione alimentare ben precisa, che diventi uno stile di vita”.
Per quanto riguarda gli atleti della squadra Nazionale di sci i punti di riferimento sono: il Professor Herbert Schoenhuber, Presidente della commissione medica della Federazione Italiana Sport Invernali, il dr. Andrea Panzeri, coordinatore dello Sci Alpino, e il dr. Freschi.
Collaborano anche medici esterni dai quali alcuni atleti, soprattutto per convenienza logistica, fanno richiesta di essere seguiti. “Facciamo le analisi del sangue 4 volte all’anno e ho dei colloqui personali con loro – riferisce Freschi – per consigliarli su come alimentarsi meglio e/o su come dimagrire, perché a volte, quando a inizio stagione facciamo l’antropometria, riscontriamo un eccesso di massa grassa”.
Il segreto di una dieta che consenta di stare bene, non appesantisca e che dia energia sta nel dosare il quantitativo di carboidrati, proteine e grassi. Per quanto riguarda i carboidrati, a seconda del tipo di sport, c’è un fabbisogno diverso. “Le discipline di resistenza, lo sci di fondo, il ciclismo, e alcuni sport intermittenti come il calcio richiedono una quantità maggiore di carboidrati, circa il 50 – 55 o anche 60% dell’introito calorico di una giornata – spiega Freschi –. Perché gli zuccheri sono il carburante maggiormente utilizzato durante questo tipo di attività sportiva.
Gli atleti dello sci alpino eseguono allenamenti di forza e gesti tecnici che vanno a rompere le proteine dei muscoli in modo maggiore rispetto ad altri sport; perciò per gli sciatori è necessario un apporto di proteine leggermente maggiore, intorno a 1,6-2 grammi /Kg peso corporeo (a seconda del tipo se l’allenamento è effettuato a secco o sulle piste).
Per i calciatori, invece, l’apporto può essere di 1,2-1,6 gr/Kg (i livelli di assunzione raccomandata – LARN – per la popolazione generale sono di 0,8 gr/Kg peso). Gli zuccheri rimangono comunque importanti per lo sci in quanto si devono affrontare più discese nella stessa giornata e occorre recuperare bene tra una discesa e l’altra”.
Essenziale è poi l’apporto idrico. “Anche se fa freddo, non si ha tanta voglia di bere e sembra di non sudare tanto, c’è una dispersione di liquidi, per cui bisogna ingerire almeno 2,5-3 litri nell’arco della giornata: un bicchiere d’acqua al mattino, il tè a colazione, minestrone o zuppe la sera…”
Sempre più individui sono intolleranti a latticini e derivati, e tanti atleti mi hanno confermato di aver eliminato il latte dalla loro alimentazione. Lei cosa consiglia?
Non esiste un consenso scientifico sulle intolleranze alimentari, ma è pur vero in tanti individui si assiste alla riduzione dell’attività dell’enzima lattasi, deputato alla digestione dello zucchero caratteristico del latte. Il lattosio è disaccaride formato dall’unione di due zuccheri semplici: glucosio e galattosio. Per essere digerito, il lattosio deve necessariamente essere scisso in queste due unità più semplici. Quando vi è una diminuzione dell’attività dell’enzima lattasi si verifica una peggior digestione che richiama acqua nell’intestino con sintomi spiacevoli, per cui è consigliabile eliminare latte e latticini dalla dieta.
Ore 7. Qual è la colazione dei ragazzi dello sci alpino e qual è quella della Primavera del Milan?
Le 2 colazioni si assomigliano. Prevedono ambedue una porzione salata, salumi magri come prosciutto crudo e bresaola, formaggi freschi tipo ricotta, e poi pane nero senza lievito su cui spalmare la marmellata. E anche corn flakes (fiocchi di mais), un cibo costituito da mais cotto con zucchero e vitamine, che possono essere accompagnati da latte o yogurt se non vi sono intolleranze al lattosio.
Quello che cambia tra le 2 discipline è che la prima colazione per gli atleti dello sci è il pasto principale e viene fatto alle 6.30-7 di mattina, prima di uscire sulle piste; poi magari si può mangiare un frutto o una barretta prima della prima manche. Quando la gara è nella seconda manche, se ne ha voglia, è possibile consumare un piatto di pasta, condita con olio o pomodoro e una spruzzata di parmigiano.
Nel calcio invece la colazione si consuma verso le 8.30-9 ed è meno abbondante in quanto poi si pranza circa 3 ore prima del match (alle 12 circa). Il pranzo è molto semplice: tanta verdura, pasta in bianco o col pomodoro, e poi bresaola o prosciutto crudo o una porzione piccola di petto di pollo.
I modelli fondamentali su cui si basano tante diete, che funzionano sia nel dimagrimento che per lo sport, sono quelli della calma ormonale dell’insulina e quelli dell’indice glicemico (GI), basati su un abbinamento di cibi che consenta di mantenerlo basso. “Per la calma dell’insulina è importante dividere l’introito calorico in 3 pasti principali, più 2 spuntini – chiarisce Freschi -. E fare in modo che i cibi ad alto indice glicemico (pasta, riso, pane, patate, ecc.) siano abbinati con tutto ciò che è proteico.
Bisogna cercare di avere una porzione di proteine all’interno dei pasti principali. Negli spuntini invece si consigliano gli zuccheri semplici, come il fruttosio, presenti nei derivati della frutta, quindi nello yogurt alla frutta che è un misto di frutta e proteine, o nelle barrette, che sono un mix di zuccheri e proteine”.
Clementina Speranza
La colazione vincente
Lo sci di fondo è la sua disciplina.
4 medaglie alle Olimpiadi: un oro, 2 argenti e un bronzo. Tre medaglie ai Mondiali: un oro e 2 bronzi. Una coppa del Mondo di specialità. Ha partecipato inoltre a più di 200 gare in Coppa del Mondo, conquistando 42 podi: 8 primi posti, 16 secondi posti e 18 terzi posti. Questi i successi dell’ambizioso e professionale Pietro Piller, nato a Pieve di Cadore il 20 dicembre 1974 e residente da sempre a Sappada.
Piller ha messo gli sci ai piedi all’età di 3 anni, è entrato nella squadra Juniores da giovanissimo, e a 17 anni ha fatto il suo ingresso nel Centro Sportivo dell’Arma dei Carabinieri. Questi gli inizi della sua carriera.
Lo abbiamo incontrato a Torino, in occasione dell’evento F.I.S.I. in tour, mentre faceva colazione. Affascinante e granitico, alto 1,80 per 70 kg di peso, ci svela i segreti della sua dieta.
Cosa mangi a colazione?
Sono abitudinario. In ogni pasto cerco che ci sia la giusta percentuale di carboidrati, proteine e grassi. Pane e bresaola, miele, un succo e un frutto, ecco la mia colazione tipo. E latte mai, sono anni che non ne bevo
Da chi è seguita la tua alimentazione?
Da me stesso. Ho unito i consigli del medico sportivo e i risultati di una ricerca che ho fatto su me stesso. Mangio poco e spesso: questo è il segreto del ‘ben stare’.
Esiste il pasto vincente?
Forse no. Ma ho notato che quando io vinco nella mia colazione ci sono pane e prosciutto, formaggio, marmellata e per finire un buon caffè.
Il tuo piatto preferito?
Gnocchi di zucca, con burro fuso e salvia, o con la ricotta. Ma lontano dalle gare!
Clementina Speranza
L’alimentazione di una atleta dello sci alpino
Tenace e determinata. Per lei lo sci è arte, passione e libertà. È il mezzo che le permette di esprimersi. Sofia Goggia, 19 anni, è una sciatrice alpina della Nazionale italiana, appartenente alle Fiamme Gialle. La sua specialità sono le discipline veloci: discesa libera e supercombinata. “E gigante se sono in forma – afferma Sofia Goggia –. Ho guadagnato il 1° posto nella classifica di supercombinata, il 3° nelle Generali di Coppa Europa e in quello di Super G, sono questi i miei miglior risultati”.
A 3 anni scalpitava nel vedere il fratello andare a sciare, ed è riuscita a convincere i genitori a far provare anche lei. Da lì non si è più fermata, grazie anche ai tecnici che le hanno trasmesso la passione e la competitività necessarie per migliorarsi.
Lo scorso febbraio è stata costretta a chiudere anzitempo una stagione che la vedeva protagonista in Coppa Europa. “Dopo il mio infortunio ho deciso di far controllare la mia alimentazione da Lorenzo Messina, specialista di medicina dello sport, e nutrizionista – racconta Goggia –. Lui mi ha insegnato che la dieta deve diventare uno stile di vita e non può essere legata unicamente ai 4 mesi delle gare. È importante poi cercare di mantenere il peso. Adesso peso 67 Kg e sono alta 1,67.
Nella mia dieta evito il lattosio, i latticini e il latte perché secondo alcuni dietologi l’enzima per digerire il latte si ha solo fino ai 14 anni. La mia colazione prevede il tè, con fette biscottate e marmellata e un po’ di frutta.
Poi per il pranzo e la cena cerco di integrare carboidrati e proteine, in modo da avere una digestione più lunga che fa venir meno il senso di fame. Quindi poca pasta, una bistecca e insalata. Il mio piatto preferito? La ratatuia”.
Clementina Speranza
L’alimentazione per lo ski cross
Ha gli hobby della mountainbike, dell’arrampicata, del calcio, e della musica, ma di mestiere fa l’atleta nella Nazionale italiana di Skicross. È Stefan Thanei. Nasce a Silandro (BZ) nel 1981. Specialista delle discipline veloci, dopo una carriera nello sci alpino con un ottavo posto nella discesa libera di Kitzbuehel del 2009, decide di dedicarsi esclusivamente allo Skicross, d’accordo con la Forestale, gruppo sportivo per cui gareggia. “Lo Skicross è uno sport inserito nelle discipline olimpiche, ma poco conosciuto, anche se penso crescerà. Mi diverte molto”, afferma Thanei. Allenamenti mirati, diversi in parte da quelli dello sci alpino, in una disciplina dove ci si sfida faccia a faccia, uno contro l’altro. Obiettivo? I Mondiali 2013 in Norvegia.
Alto 1,84 per 86 kg di peso, Thanei è testimonial di una ditta altoatesina di integratori ed è seguito da un nutrizionista che controlla la sua alimentazione e vi inserisce, appunto, gli integratori.
Se dovessi consigliare a un giovanissimo atleta come alimentarsi, cosa suggeriresti?
La dieta è molto soggettiva. Ognuno deve conoscere quali sono i cibi adatti a lui. Io ho fatto delle analisi e mi sono sottoposto al test delle intolleranze e ora so quali sono i cibi che mi fanno star male e che devo evitare. L’alimentazione corretta deve poi diventare uno stile di vita: io sono sempre molto attento a ciò che mangio, tutto l’anno.
Prediligi i cibi biologici?
Viaggiando tanto e mangiando spesso fuori è difficile riuscire trovare il biologico.
È cambiata la tua alimentazione quando sei passato dallo sci alpino allo Skicross?
Sì, in effetti si è modificata: adesso ingerisco tanti carboidrati e bevo in abbondanza per mantenere sempre alto il livello di energia. Mangio sempre circa 3 ore prima ma, se ne sento il bisogno, anche nel corso della gara, perché una gara dura un paio d’ore e ci sono più manche.
Il piatto preferito che cucina la tua mamma?
Mia madre Gaby, che gestisce il ristorante nell’albergo di famiglia, St. Nikolaus, incanta gli ospiti con la sua cucina casereccia sudtirolese. Difficile scegliere, mi piace tutto. Ma se proprio devo farlo, rispondo che tra le sue specialità preferisco la selvaggina.
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 4 Lug, 2014 | Nutrizione
Gli acidi grassi polinsaturi Omega-3, come quelli di origine marina EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), sono acidi grassi essenziali, in quanto il nostro organismo non è in grado di produrli e devono quindi essere assunti con la dieta o attraverso una specifica supplementazione. Questa famiglia di nutrienti influenza processi fisiologici fondamentali per il mantenimento dello stato di salute.“Tre/quattro etti di pesce al giorno corrispondono a circa 1grammo di Omega 3, dose che si consiglia di assumere ogni giorno”, afferma Aldo Pietro Maggioni, Responsabile Centro Studi ANMCO. Esistono così integratori alimentari e i farmaci che contengono una più alta concentrazione del principio attivo: superiore all’85%. E da pochi giorni è disponibile in farmacia il primo farmaco generico a base di Omega 3, acidi grassi polinsaturi che riducono signifiticamente il rischio di un secondo intervento cardiovascolare e diminuiscono l’eccesso di trigliceridi.
Questo aspetto è di grande importanza, in quanto studi clinici hanno dimostrato che la prevenzione cardiovascolare è prodotta con Omega-3 in concentrazione superiore all’85%.
Grazie a un innovativo processo di produzione, nel farmaco non sono presenti conservanti, e il principio attivo proviene da pesce azzurro di specie non a rischio di estinzione e poco soggette al bioaccumulo di sostanze nocive come il mercurio. Per estrarre e purificare l’olio di pesce non vengono usati solventi organici ed è garantita un’efficace rimozione dei potenziali contaminanti.
Il farmaco è indicato per:
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Ipertrigliceridemia: riduzione dei livelli elevati di trigliceridi quando la risposta alle diete e ad altre misure non farmacologiche da sole si sia dimostrata insufficiente; il trattamento deve essere sempre associato ad adeguato regime dietetico
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Prevenzione secondaria nel paziente con pregresso infarto miocardico: in associazione ad altre misure terapeutiche, quando appropriate, è indicato per ridurre il rischio di mortalità
Il Servizio Sanitario Nazionale concede, attraverso le note 13 e 94 dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), la somministrazione gratuita degli Omega-3 in caso di: ipertrigliceridemia familiare, iperlipemia familiare combinata, ipertrigliceridemia con insufficienza renale moderata e grave e in prevenzione secondaria entro un anno dall’infarto del miocardio.
Il più ampio studio sugli effetti della supplementazione con Omega-3 in pazienti a rischio cardiovascolare elevato è il GISSI-Prevenzione, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet, condotto in Italia su più di 11 mila pazienti sopravvissuti a un infarto miocardico. Al termine del periodo di studio, il trattamento con Omega-3 ha comportato la riduzione del 20% dell’incidenza della mortalità per infarto del miocardio e del 40% della morte improvvisa. Lo studio GISSI-Prevenzione ha inoltre rilevato una riduzione della concentrazione dei trigliceridi nel sangue del 3,4% nei soggetti che hanno ricevuto una supplementazione con Omega-3.
Il successivo studio GISSI-HF, sempre pubblicato sulla rivista The Lancet, ha invece investigato i benefici del trattamento con Omega-3 in pazienti con scompenso cardiaco cronico, e i risultati sono stati una riduzione della mortalità totale del 9% e una riduzione della mortalità cardiovascolare e delle ospedalizzazioni cardiovascolari del 8% in pazienti ad alto rischio. Nonostante queste evidenze, l’AIFA non ha ancora recepito l’indicazione degli Omega-3 nella prevenzione cardiovascolare in pazienti con scompenso cardiaco.
“Grazie ai dati dell’Osservatorio Epidemiologico cardiovascolare – messi a punto con la collaborazione fra l’Istituto Superiore Sanità e l’Associazione Nazionale Medici cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e la Fondazione per il Tuo Cuore – e presentati al recente congresso Nazionale ANMCO, è stato possibile scattare la fotografia del rischio cardiovascolare della popolazione italiana – riferisce Michele Gulizia, Presidente ANMCO, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri –. I risultati sono poco lusinghieri: 9 italiani su 10 bocciati in stile di vita. Negli ultimi 10 anni il rischio cardiovascolare globale si è ridotto del 6% negli uomini e del 15% nelle donne, e il numero degli infarti e degli ictus è rimasto stabile grazie ad una maggiore consapevolezza e aderenza alle terapie in grado di controllare l’ipertensione e le altre patologie cardiovascolari. Ma 30 milioni di italiani presentano fattori di rischio, che sommati moltiplicano esponenzialmente il rischio cardiovascolare, rappresentati principalmente da cattiva alimentazione, ipercolesterolemia, sovrappeso e obesità, un cattivo stile di vita e sedentarietà. Bisogna quindi migliorare l’alimentazione con una cucina che prediliga il consumo di pesce, di verdura e frutta, limitando alcolici, dolci e salumi e, contemporaneamente, aumentare il tempo dedicato allo sport, ma anche più semplicemente al movimento, come ad esempio una camminata a passo sostenuto fatta regolarmente più volte alla settimana”.
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 9 Giu, 2014 | Nutrizione
Come tutta la frutta secca il pistacchio è in grado di favorire l’abbassamento della percentuale di colesterolo nel sangue riducendo così il rischio di malattie cardiovascolari; infatti la maggior parte dei grassi contenuti nei pistacchi sono monoinsaturi e, a differenza dei grassi saturi contenuti nelle carni rosse, hanno effetti benefici sul fronte della riduzione del colesterolo “cattivo”.
Un nuovo studio presentato all’European Congress on Obesity di Sofia, che ha avuto luogo dal 28 al 31 Maggio, conferma come il consumo di pistacchi potrebbe migliorare la resistenza all’insulina e quindi proteggere contro il diabete di tipo 2.
Lo studio è stato promosso da American Pistachio Growers, ed è stato condotto dalla Dottoressa Mònica Bulló, Human Nutrition Unit, Facultyof Medicine and Health Sciences, Pere Virgili Institute for Investigating Health, Rovira i Virgili University, Reus, Spain, e dai suoi colleghi.
Si consigliano 49 pistacchi al giorno, l’equivalente di circa 30 gr. “La nostra ricerca suggerisce che il consumo regolare di pistacchi ha un effetto importante nel ridurre l’insulina e il glucosio, e potrebbe anche aiutare a contrastare alcune conseguenze metaboliche negative del pre-diabete, uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di diabete vero e proprio. Inoltre, contiene altri composti bioattivi con proprietà anti-infiammatorie e antiossidanti che sono benefici per la salute”, precisa la Dottoressa Mònica Bulló. E quindi il cosiddetto “diabete borderline” potrebbe essere combattuto proprio grazie a questo gustosissimo e nutriente alleato. Per giungere a tale conclusione, gli esperti hanno analizzato i dati relativi a un campione di 54 persone destinate a seguire per 4 mesi una dieta di controllo (CD) o una dieta ricca di pistacchi (PD, con 57g di pistacchi al giorno).
Lo studio
Lo studio ha previsto 4 mesi di intervento per ciascuna dieta, con un periodo di riposo di due settimane tra l’una e l’altra. Le diete erano equivalenti per quanto riguarda le calorie e non differivano nella quantità di acidi grassi saturi e colesterolo. All’inizio, mensilmente, sono stati valutati parametri come le misure corporee, la pressione arteriosa, le abitudini alimentari e l’attività fisica. I campioni di sangue venivano raccolti prima, all’inizio e alla fine di ogni periodo di intervento.
I ricercatori hanno scoperto che non si sono verificate variazioni statisticamente significative nel BMI (indice di massa corporea) tra i periodi di osservazione. Il livello di glucosio a digiuno, l’insulina e i marcatori di insulino-resistenza sono diminuiti significativamente dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo. Rispetto ai partecipanti al gruppo CD, quelli del gruppo PD hanno mostrato una non statisticamente significativa diminuzione dei valori dell’emoglobina glicosilata (HbA1c), e una più alta ma non significativa riduzione nei livelli di colesterolo cattivo LDL. Altri marker di rischio metabolico come fibrinogeno, GLP – 1, LDL ossidato e fattore piastrinico hanno mostrato tutti una riduzione statisticamente significativa dopo la dieta con pistacchio rispetto alla dieta di controllo.
Il periodo di studio è durato circa otto mesi, al termine dei quali sono emersi diversi dati interessanti. Innanzitutto, non si sono verificati cambiamenti per quanto riguarda il peso corporeo dei partecipanti.
“Questa ricerca costituisce un’ulteriore e utile indicazione di come i pistacchi possano inserirsi vantaggiosamente nell’alimentazione quotidiana – afferma il professor Giorgio Donegani, presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare –. Non soltanto per i conosciuti effetti antiossidanti e protettivi verso le malattie cardiocircolatorie, ma anche per la prevenzione di una patologia in preoccupante crescita come il diabete, spesso associata a uno stile di vita poco sano, sia per quanto riguarda l’alimentazione sia per ciò che concerne la scarsa attività fisica”.
La pianta del pistacchio appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae, può raggiungere un’altezza che supera i dieci metri, ed è originaria del Medio Oriente; il suo nome scientifico è “Pistacia vera”.
I principali paesi produttori sono l’Iran, la California e la Turchia; in Italia la pianta viene coltivata con successo in Sicilia, dove troviamo i rinomati pistacchi di Bronte, cittadina in provincia di Catania, che hanno acquisito il marchio D.O.P. e si distinguono per la qualità, le notevoli dimensioni e l’intensa colorazione verde.
I pistacchi sono costituiti per il 3,9% da acqua, per il 20% da proteine, per il 27% da carboidrati, per il 3% da ceneri, per il 10% da fibre, per il 7,60 da zuccheri e per l’1,5% da amido.
Discreta la presenza di minerali, tra cui: calcio, fosforo, potassio, ferro, zinco, magnesio, manganese, fluoro e rame. Per quanto riguarda le vitamine troviamo la vitamina A, le vitamine B1, B2, B3, B5, B6, la vitamina C e la vitamina E. Sul fronte degli aminoacidi, l’arginina, l’acido aspartico e glutammico sono quelli presenti in maggior quantità, a seguire troviamo la fenilalanina, la serina e la valina.
American Pistachio Growers
American Pistachio Growers è un’associazione volontaria nel settore agricolo che rappresenta più di 550 membri, tra i quali: coltivatori di pistacchio, addetti alla lavorazione e partner del settore in California, Arizona e New Messico. APG è governata da un consiglio di amministrazione democraticamente eletto ed è finanziata interamente da produttori e operatori indipendenti con l’obiettivo comune di promuovere le proprietà nutrizionali dei pistacchi americani. Gli Stati Uniti sono al primo posto nella produzione mondiale di pistacchio dal 2008. I pistacchi americani sono lo “Snack Ufficiale” della squadra di water polo statunitense, dello snowboarder freeride del “2013 National Geographic Adventurer of the Year” Jeremy Jones, del campione inglese di ciclismo Mark Cavendish e di Miss California.
Per maggiori informazioni: www.AmericanPistachios.org
da ilpuntosalute | 12 Feb, 2014 | Nutrizione
Mangiare cibo sano e light ma senza rinunciare al gusto. È la promessa alla quale nessuno di noi, perennemente in lotta con la bilancia e con il colesterolo, crede davvero. E invece qualcuno ha raccolto e vinto la sfida. È “la cucina del senza…sale, zucchero, grassi” proposta dal giornalista e scrittoreMarcello Cornini per la kermesse di alta cucina Gusto in Scena. Chef stellati, pasticceri, sommelier, blogger e appassionati del buon cibo si incontreranno per dare vita a un evento straordinario, giunto alla sesta edizione e che si terrà dal 16 al 18 marzo a Venezia in una cornice da sogno, la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista.
Cornini propone una vera e propria rivoluzione ai fornelli: una cucina “preventiva”, attenta contemporaneamente alla salute e al gusto, che non rinuncia al sapore ma che lo esalta sia limitando l’utilizzo eccessivo di alcuni ingredienti sia sostituendone altri di cui spesso si abusa in cucina con i “parenti”light o naturali che non danneggiano né la nostra linea né la nostra salute.
A cimentarsi con deliziosi dolci senza zucchero saranno Luigi Biasetto, Salvatore De Riso, Gianluca Fusto e Igino Massari. Il temibile saccarosio verrà sostituito con succo d’agave, trito di dattero, stevia, ananas essiccato e miele mille fiori.
La “cucina del senza” è frutto di un percorso iniziato nel 2011 quando a essere posti sotto esame furono i grassi, spesso troppo abbondanti nelle preparazioni gourmet. Nel 2012 il Ministero della Salute decide di patrocinare l’evento che ha come tema “Cucinare con…Cucinare senza sale”, proprio per il suo carattere di interesse sociale. Il 2013 porta a una svolta: l’evento si internazionalizza. La collaborazione con la Fondazione Italia Cina porterà in Italia una delegazione di 80 membri dell’ordine internazionale dei Discepoli di Auguste Escoffier. Fondato nel 1954 da Jean Ducroux allievo di Escoffier, l’Ordine nato per rendere omaggio a uno dei più grandi maestri della cucina francese e internazionale, si pone l’obiettivo di raggruppare in una casa comune gli chef delle più importanti catene alberghiere. Oggi l’Ordine riunisce oltre 25 mila chef stellati di ogni parte del mondo e molti degli executive chef di grandi alberghi di lusso.
Il 2014 vede da un lato, il definitivo consolidamento dei temi legati alla salute, dall’altro l’ambizioso obiettivo di internazionalizzare l’evento facendo uscire Gusto in Scena dai confini nazionali nei prossimi tre anni. Vanta il patrocino dell’Expo 2015, della Comunità Europea, della Città di Venezia e dell’Agenzia Nazionale del Turismo.
Anche quest’anno presenze di altissimo livello: Herbert Hintner, Luca Marchini, Aurora Mazzucchelli, Nicola e Luigi Portinari, Luigi Taglienti, Paolo Teverini, Ilario Vinciguerra e Andrea Aprea, delizieranno i presenti con pietanze speciali in grado di soddisfare anche i palati più esigenti.
Special Guest quest’anno sarà Carlo Cracco uno dei severi giudici del programma Mastechef Italia.
Gusto in Scena è anche vino, cultura e gastronomia. Così a “I Magnifici Vini” viene riproposta la vecchia amicizia tra cibi e vini attraverso una selezione di oltre 71 cantine nazionali e internazionali. Un vino per ogni tipo di pietanza al fine di esaltare il gusto di ogni piatto.
Su idea di Cornini i vini sono stati suddivisi a seconda dell’ambiente di produzione in mare, montagna, pianura e collina.
La selezione dei vini sarà nuovamente protagonista a “Chef in Concerto”, il congresso che ospita chef e pasticceri internazionali e che vedrà proprio Cornini impegnato ad abbinare a ogni pietanza il suo specifico vino.
Oltre all’alta cucina e alla tradizione vinicola a “Seduzioni di Gola” protagonista diventa l’alta gastronomia. L’Italia è un Paese che per clima e cultura vanta dei prodotti unici che non si trovano in nessun’altra parte del mondo. Far conoscere prodotti, rari, preziosi e molto golosi è lo scopo di questa sezione.
Come in ogni manifestazione che si rispetti oltre alla sede principale dell’evento tutta la città di Venezia sarà protagonista con i suoi alberghi e ristoranti che parteciperanno al “Fuori Salone 2014”, in cui verranno proposti degli special events enogastronomici sia di cucina tradizionale che sperimentale.
Obiettivo? Far diventare Venezia capitale del Gusto così come Milano lo è della Moda. Un altro orgoglio nazionale, tutto Made in Italy, che ormai da più parti si tenta di conservare e di rilanciare nel mondo.
Federica Grimaldi
da ilpuntosalute | 4 Feb, 2014 | Nutrizione
In Italia, le persone che hanno tra i 55 a i 75 anni sono 13.300.000, il 22% del totale, e 16 mila sono i centenari. Nel 2030, 2 italiani su 5 avranno più di 65 anni.
Gli americani chiamano ‘baby boomers’ i nati fra il 1946 e il 1964 (anni di picco delle nascite in USA), in Europa per questa categoria si utilizza il termine ‘Senior’. Si tratta di un nuovo segmento demografico che gli osservatori stanno tenendo d’occhio con attenzione. Anche l’Osservatorio Yakult a GfK Eurisko ha fotografato la situazione degli italiani “brizzolati”. L’Osservatorio Yakult, divisione nata all’interno di Yakult Italia nel 2010 con la finalità di esplorare il mondo del benessere e della corretta alimentazione, degli stili di vita contemporanei e dei trend socio-economici degli italiani, ha commissionario uno studio a livello nazionale su mille individui “senior” con reddito familiare mensile netto di 1500 euro e oltre.
Dalla ricerca emerge che nei circa 13 milioni di senior italiani possono individuarsi due gruppi: i “nuovi senior”, più attivi e più aperti alle innovazioni, circa 2.400.000, e i “senior tradizionali”. L’indagine, effettuata tramite interviste personali a domicilio ha consentito di capire chi sono i nuovi senior, cosa fanno, perché sono più felici dei senior tradizionali, a cosa aspirano, e, soprattutto, che cosa desiderano fare nella seconda metà della loro vita, spesso più entusiasmante di quella dei junior, figli e nipoti a cui le condizioni precarie di lavoro in molti casi impediscono un’esistenza autonoma e serena. La ricerca ha evidenziato che i “nuovi senior” lavorano il doppio rispetto ai senior tradizionali (45% contro il 24%), amano molto viaggiare (il quadruplo in più dei senior tradizionali), fare gite (il doppio), sono assidui frequentatori di cinema, teatro e musei: 73% contro 28%, e leggono di più (più del doppio). Si curano molto più rispetto ai senior tradizionali, praticano attività sportive e frequentano la palestra, fanno attenzione alla propria salute e all’alimentazione, che viene percepita come elemento fondamentale di prevenzione: il 73% infatti riduce zuccheri, sale, grassi e alcool. Negli ultimi 3 mesi, il 23% dei nuovi senior ha consumato alimenti probiotici (quasi il doppio rispetto ai senior tradizionali), forse consapevole che “Un intestino sano porta a una vita più lunga e più sana”. Questa la filosofia di Minoru Shirota (1899-1982), microbiologo e ricercatore della Facoltà di Medicina dell’Università di Kyoto e fondatore di Yakult.
Minoru Shirota più di 75 anni fa scoprì un particolare fermento lattico, tanto forte da resistere ai succhi gastrici e giungere vivo nell’intestino, favorendo così l’equilibrio della flora intestinale. Questo fermento fu chiamato Lactobacillus casei Shirota (LcS), in suo onore. Per veicolare il fermento LcS, il dott. Shirota decise di produrre un latte scremato fermentato che chiamò Yakult, dal termine “jahurto” che in esperanto significa yogurt. La scelta di questo nome, scritto in lettere occidentali, dimostra la visione moderna e internazionale che il dott. Shirota aveva già nel 1935.
Oggi Yakult è presente in 33 paesi al mondo, ed è bevuto ogni giorno da oltre 30 milioni di persone. L’azienda è impegnata a 360 gradi in iniziative che promuovono il benessere e la diffusione di un corretto stile di vita. Ogni anno, infatti, sviluppa campagne educazionali rivolte ai consumatori, sponsorizza importanti eventi sportivi (soprattutto nell’ambito della corsa e del nuoto), e supporta la realizzazione di iniziative socialmente utili. Dal 2009 è partner del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano per la realizzazione del laboratorio interattivo dedicato all’alimentazione ‘I.LAB Alimentazione’.
da ilpuntosalute | 30 Set, 2013 | Nutrizione
Nell’antichità si è sempre più affermato il valore dell’olio d’oliva come alimento-medicamento. Nell’antica Grecia, Galeno assegnava all’ olio d’oliva virtù terapeutiche nel combattere i “mali del ventre”.
Veniva poi usato nelle cure di bellezza per contrastare l’avvizzimento della pelle, sul cuoio capelluto per la prevenzione della forfora e della caduta dei capelli e, successivamente, anche per la cura delle artriti e dei reumatismi. Oggi l’olio di oliva è consigliato nella prevenzione delle malattie dell’apparato digerente, dell’invecchiamento osseo, delle malattie , dell’arteriosclerosi e di alcuni tipi di tumori.
Le proprietà benefiche dell’olio sul nostro organismo
L’olio extravergine di oliva è sempre stato considerato a metà strada tra un alimento e un medicinale. Le proprietà benefiche dell’olio di oliva derivano fondamentalmente dalla composizione dei trigliceridi e dei polifenoli in esso contenuti: ha infatti una più elevata quantità di monoinsaturi rispetto a qualunque altro grasso animale o vegetale.
In gravidanza: è bene aggiungere due cucchiai di olio extravergine di oliva al giorno alla propria dieta. Gli acidi grassi che l’olio contiene contribuiscono alla formazione delle cellule del sistema nervoso del nascituro. Usato crudo, inoltre, l’olio riduce eventuali problemi di stipsi, particolarmente fastidiosi per la gestante.
Per l’infanzia: l’olio extravergine di oliva sia per la sua digeribilità (è il grasso più affine a quello presente nel latte materno), che per la presenza di acidi grassi essenziali (indispensabili per favorire la crescita) è consigliato dai pediatri per un corretto svezzamento del bambino. Rappresenta un prodotto molto digeribile ed estremamente importante nel processo di formazione delle ossa e di sviluppo del cervello grazie al rapporto perfettamente bilanciato nel suo contenuto di acidi. Per questo anche le pappe di svezzamento, fin dal 4° – 5° mese di vita, possono essere condite con l’olio extravergine di oliva.
Per gli adulti e le persone anziane: data la capacità dell’olio di oliva di ridurre il colesterolo LDL e aumentare la frazione HDL del colesterolo totale, di diminuire la glicemia, limitare gli effetti dell’invecchiamento cellulare e prevenire malattie cardiovascolari e alcune forma tumorali.
Contenuto calorico: l’olio extravergine di oliva è un alimento molto digeribile, l’unico digeribile al 100%, contro l’olio di girasole 85%, l’olio di arachidi 81% e l’olio di mais 36%. Essendo inoltre più gustoso e saporito possiamo usarne una quantità inferiore, riducendo l’apporto calorico del piatto a tutto vantaggio della nostra linea.
Fabbisogno giornaliero: l’olio extravergine di oliva è ricco di grassi “insaturi” utili al nostro organismo anche per assimilare altre sostanze. Il nostro organismo necessita ogni giorno di una quantità di grassi “insaturi”, pari a quella contenuta in due cucchiai di olio di oliva.
Nello sport: garantisce l’apporto di sostanze nutritive tipiche di un prodotto naturale e, allo stesso tempo, ha effetti positivi sulla digestione in quanto ne riduce i tempi. Stimola la secrezione di sostanze che contrastano l’acidità gastrica, aiuta l’attività della cistifellea e la digestione dei grassi a livello intestinale.
L’olio e la salute delle donne
Secondo ricercatori americani dell’Università di Chicago, l’olio extravergine di oliva potrebbe migliorare l’efficacia della terapia per la cura del cancro al seno, impedendo l’innescarsi di resistenze farmacologiche.
Infatti l’olio extravergine di oliva, estremamente ricco di acido oleico, abbasserebbe del 46% i livelli del gene Her- 2/neu, uno dei principali oncogeni causa del carcinoma mammario, stimolando contemporaneamente il funzionamento del farmaco “Herceptin” che ha come bersaglio proprio questo oncogene.
L’acido oleico, inoltre, stimolerebbe anche la produzione della proteina p27Kip1 che agisce da freno naturale nella crescita del tumore.
Le proprietà antiossidanti dell’olio
Ricercatori della Facoltà di Scienze della Università di Oporto in Portogallo hanno pubblicato sulla rivista “Molecular Nutrition & Food Research” i risultati del loro studio riguardante le proprietà benefiche dell’olio di oliva nel proteggere il sistema cardiovascolare da infarto e ictus.
Hanno infatti individuato nell’antiossidante denominato “EDA-DHPEA” la funzione di proteggere i globuli rossi dagli attacchi di agenti ossidanti come radicali liberi e colesterolo.
Nello studio pubblicato dai ricercatori sono stati messi a confronto gli effetti di quattro polifenoli su cellule sottoposte a stress ossidativo per mezzo di un composto chimico che genera radicali liberi. L’antiossidante “EDA-DHPEA” è risultato il più efficace tra gli antiossidanti messi a confronto e ha protetto i globuli rossi anche a bassi livelli di concentrazione.
Questa interessante scoperta ha confermato il benefico influsso dell’olio d’oliva sulla salute, proprio grazie all’antiossidante “EDA-DHPEA” in esso contenuto, sottolineando come l’olio di oliva sembri contenere livelli più elevati di questo componente rispetto ad altri oli.
L’olio e il cervello
Una ricerca del Monell Center Senses Center di Philadelphia e della Northwestern University di Chicago (USA) ha dimostrato che l’olio extra-vergine d’oliva ha una qualità salutare in più oltre a quelle già note: aiuta a prevenire i disturbi di una grave malattia degenerativa come il “morbo di Alzheimer”.
Questo tipo di demenza, che in Italia fa soffrire 800mila persone, più i loro familiari, è causata, secondo gli scienziati statunitensi, dalla presenza di proteine neurotossiche chiamate ADDL, le quali danneggiano e riducono la comunicazione tra le cellule del nostro cervello, i neuroni, distruggendole progressivamente.
La ricerca individua nell’oleocantale, un composto dell’olio extravergine d’oliva, non solo ha la capacità di preservare le cellule nervose dalla naturale usura legata all’avanzare dell’età, ma anche quella di modificare dimensioni e struttura delle cellule neurotossiche, impedendo loro di penetrare nelle cellule nervose e di ostruirne le comunicazioni continue.
L’olio e la digestione
I grassi contenuti nell’olio extravergine di oliva sono utilizzati interamente dall’organismo grazie alla notevole presenza dell’acido oleico che lo rende estremamente digeribile per la sua facilità di essere sciolto dall’enzima preposto alla digestione dei grassi.
Questo componente, inoltre, stimola la secrezione biliare aumentandone la fluidità, con il risultato di migliorare l’assorbimento dei nutrienti.
L’olio di oliva extravergine è quindi particolarmente indicato nell’alimentazione degli anziani.
L’olio come antinfiammatorio
Il biologo statunitense Gary Beauchamp, analizzando l’olio extravergine d’oliva, ha rivenuto al suo interno la presenza di un agente chimico che agisce come l’ibuprofen.
Beauchamp e il suo team hanno ribattezzato la sostanza oleocanthal e hanno scoperto che, seppure essa abbia una composizione chimica diversa, i suoi effetti sono simili a quelli del componente anti-infiammatorio non-steroidale dei farmaci contro il dolore.
Tale scoperta giustifica ancora di più il ruolo salutistico dell’olio extra vergine di oliva in quanto molti ricercatori ritengono che l’infiammazione giochi un ruolo importante in una vasta gamma di malattie croniche come l’ictus, l’infarto e il cancro al seno e ai polmoni.
L’olio e la dermatite
Ricercatori italiani dell’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma, dopo uno studio durato più di 30 anni, sono arrivati alla conclusione che alla base della dermatite seborroica ci sarebbe un deficit ematico di sostantze antiossidanti e di acidi grassi polinsaturi.
Tale studio, riconosciuto dal Ministero della Sanità, pone quindi l’olio extravergine di oliva come uno degli elementi più utili per un trattamento combinato dietetico, farmacologico e cosmetico di questa diffusa malattia cutanea.
L’olio e il diabete
Il primo a intuire la relazione positiva tra dieta e malattie quali diabete, bulimia, obesità, fu il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi nel 1939. Ma è solo grazie al professore americano Ancel Keys che, nel 1952, si iniziò a parlare di “dieta mediterranea”. Il professor Keys fornì le prime evidenze comparative tra soggetti americani e soggetti residenti nel bacino del Mediterraneo sul rischio di malattie dell’apparato cardiocircolatorio in relazione ai consumi alimentari.
In seguito a questi primi risultati prese avvio la famosa ricerca “Seven Countries Study”, basata sul confronto dei regimi alimentari di 12.000 persone di età compresa tra 40 e 59 anni, sparse in sette Paesi del mondo.
I risultati dell’indagine non lasciarono dubbi: la mortalità per cardiopatia ischemica (infarto) risultò molto più bassa presso le popolazioni mediterranee rispetto ad altri paesi con una dieta ricca di grassi saturi (burro, strutto, latte e suoi derivati, carni rosse).
A partire da questi studi si è diffuso il concetto di “dieta mediterranea” e dei suoi effetti benefici sulle persone.
Contrariamente alle tipiche indicazioni dietetiche consigliate ai pazienti effetti da diabete di tipo II, che prevedono un aumento dell’apporto di carboidrati complessi e di fibre e una diminuzione dei grassi, recenti studi hanno evidenziato un possibile effetto favorevole sulla glicemia di una dieta a più elevato contenuto di grassi totali, grazie a un aumento degli acidi grassi monoinsaturi e a una contemporanea riduzione degli acidi grassi saturi: caratteristiche tipiche della dieta mediterranea, all’interno della quale l’olio di oliva rappresenta la fonte principale dei grassi alimentari. Per queste ragioni l’olio extravergine di oliva, estremamente ricco di acidi grassi monoinsaturi, può avere effetti benefici per il trattamento dell’insulinoresistenza, generalmente associata ad obesità addominale.
L’olio e il colesterolo
L’olio extravergine di oliva contribuisce a ridurre l’eccesso di colesterolo non generando il colesterolo “cattivo” (LDL) ma favorendo, al contrario, la formazione del colesterolo “buono” (HDL).
Quest’ultimo garantisce l’integrità delle nostre arterie, le ripulisce da eventuali placche arteriosclerotiche e dallo stesso LDL, impedendo che queste sostanze aderiscano alle pareti occludendole.
Fonte: http://www.sagra.it/salute-e-benessere/salute/
Sagra è lo storico marchio del Gruppo Salov, che produce olio da oltre un secolo, una tra le poche grandi realtà del settore a mantenere salda la sua identità italiana al 100%. L’Azienda nasce dalla fusione di diverse realtà che operavano in Toscana nel settore oleario sin dalla metà dell’Ottocento ed è proprietà della famiglia Fontana da quattro generazioni. Ancora oggi l’attività di Sagra si concentra nella ricerca continua dell’eccellenza del prodotto, anche con un’attività di informazione al consumatore volta a spiegare il valore di un prodotto come l’olio, fondamentale nella nostra dieta e ricchissimo di virtù che poco conosciamo.
Il primo olio Extra Vergine di oliva a marchio Sagra nasce nel 1959. È prodotto dalla Società Farmaceutica Carlo Erba e si fa notare subito per la sua altissima qualità.
Negli anni Sessanta, infatti, l’olio Sagra è venduto esclusivamente nelle farmacie e sugli scaffali di selezionati negozi alimentari del nord Italia, per arrivare poi alla distribuzione nazionale.
Nel 1991 nasce l’olio Extra Vergine Sagra “Bassa acidità”, un prodotto che, grazie al know how dell’azienda, risponde a criteri qualitativi molto più severi di quelli previsti dalla normativa. La bassa acidità è infatti il parametro fondamentale con cui si definisce la qualità dell’olio Extra Vergine: tanto minore è l’acidità, tanto superiore è la qualità del prodotto.
240 mila mq di estensione del sito produttivo, 330 mila litri di olio confezionati ogni giorno, 5 mila controlli qualità ogni anno, questi sono alcuni dei numeri che definiscono le caratteristiche del Gruppo Salov oggi.
Il sistema qualità del Gruppo si fonda sulla gestione continua e rigorosa di tutte le fasi del processo produttivo, a partire dalla selezione attenta della migliore materia prima. Tutti i processi produttivi sono sottoposti a rigorosi controlli.
Il prodotto finito è controllato dai laboratori di analisi qualificati e all’avanguardia, interni all’azienda e certificati da Enti certificatori:
– Certificazione UNI EN ISO 9001:2008, BRC, IFS per il rispetto del sistema qualità nelle procedure aziendali
– Certificazione BIO ICEA REG CE 834/07 per la produzione di oli extra vergini biologici per l’Europa, Stati Uniti
– Certificazioni Kosher e Kashruth riconosciute dalla comunità ebraica per il rispetto dei processi secondo la religione ebraica
– Sistema di tracciabilità UNI EN ISO 22005:2008 per le aziende agroalimentari
da ilpuntosalute | 11 Apr, 2013 | Nutrizione
Negli ultimi mesi primaverili, in vista delle vacanze estive, un elevato numero di persone decide di sottoporsi a una dieta dimagrante. Sicuramente c’è solo l’imbarazzo della scelta. Da quella dissociata alla Dukan, che ora va per la maggiore, alla Scarsdale, dal programma Weightwatchers alla dieta-punti.
La cosa che disorienta maggiormente è il fatto che certi alimenti permessi o consigliati in alcune diete siano del tutto proibiti in altre, come, ad esempio, il caffè o i latticini. Eppure tutte le diete danno dei risultati più o meno efficaci e duraturi. Calandomi nei panni di chi, come me, è costretto a spendere una vita con un occhio costante all’ago della bilancia, posso, in veste di dietista, affermare un unico principio che ritengo veramente valido per perdere peso: quello di saper ascoltare i due stimoli interni della fame e della sazietà.
L’organismo umano è una struttura dinamica complessa in cui materia ed energia entrano ed escono secondo un principio che tende a mantenere in equilibrio tale bilancio. In realtà sono diversi i fattori che devono essere tenuti sotto controllo continuo, ad esempio il tasso di zuccheri nel sangue, la quantità d’acqua presente nel corpo, la salinità e così via. Per fortuna ogni organismo è dotato di sistemi in grado di avvisarlo, qualora le soglie inferiori e superiori vengano superate, attraverso i vari stimoli provenienti dall’interno del corpo come quello della fame, della sete o della minzione.
FATTORI CHE INFLUENZANO IL FABBISOGNO ENERGETICO
Il nostro corpo richiede quantità e qualità diverse di alimenti per poter funzionare al meglio in vari momenti a seconda dell’età, della temperatura, della massa corporea e dell’attività svolta.
Prendiamo dunque in esame un fattore per volta.
È evidente che durante la crescita o in gravidanza il fabbisogno alimentare, soprattutto proteico, aumenti, poiché è necessario costruire nuovi tessuti, mentre a crescita ultimata ci sarà una minore richiesta di principi nutritivi.
Il nostro corpo deve mantenersi entro una temperatura costante di circa 37°C. Se la temperatura dell’ambiente nel quale ci troviamo è bassa il nostro corpo deve bruciare di più per produrre il calore necessario al mantenimento di tale valore. Se la temperatura esterna tuttavia diventa eccessiva, sarà necessario raffreddare il corpo per lo stesso motivo e dunque si consumerà una certa quota di energia per la produzione di sudore. La trasformazione dell’energia chimica in calore causa un notevole consumo energetico proprio come per quegli elettrodomestici che convertono l’energia elettrica in energia termica (forno elettrico, stufa, lavatrice, ferro da stiro, ecc.).
La massa corporea influisce sul fabbisogno alimentare in quanto più numerose sono le cellule da mantenere e più elementi nutritivi dovranno essere introdotti per garantire a tutte un buon funzionamento. Volendo fare un parallelismo, potremmo dire che più sono i membri di una certa famiglia maggiori saranno i consumi.
Oltre alla riduzione delle calorie introdotte, un altro sistema per consumare energia è produrre del lavoro attraverso attività di movimento. Un po’ come l’automobile che consuma benzina solo se si sposta. Non è sufficiente non fare rifornimento. Se si vuole dimagrire bisogna consumare e più ci si muove più si consuma.
In realtà ci sarebbe un altro sistema per bruciare più in fretta i grassi. Infatti, per determinare qualsiasi combustione, oltre al combustibile è necessaria un’altra sostanza detta comburente, senza la quale la reazione chimica non può aver luogo. Questo elemento è l’ossigeno presente nell’aria che respiriamo e dunque più se ne introduce e più rapidamente si bruciano i grassi. Proprio per questo la ginnastica aerobica è d’aiuto in un programma di dimagrimento.
SEGNALI PER IL CONTROLLO DEL PESO
A tutti credo sia noto il concetto di termostato. Si tratta di un dispositivo presente in alcuni apparecchi elettrici che, posizionato su un certo valore, c’informa accendendosi o spegnendosi che l’intervallo di temperatura entro il quale deve restare è arrivato ai limiti estremi. Analogamente lo stimolo della fame c’informa che abbiamo esaurito le risorse energetiche immediatamente disponibili presenti nel sangue. Pertanto, se vogliamo continuare a svolgere del lavoro, sarà necessario introdurre nuovi alimenti oppure l’organismo sarà costretto ad intaccare le riserve energetiche presenti sotto forma di grasso. Lo stimolo della sazietà, al contrario, ci dice che la quantità di cibo introdotta è sufficiente e tutto che viene assunto in più sarà trasformato in grasso di riserva.
Facciamo un esempio grafico:
Calo di peso Peso costante Aumento di peso
È evidente che se ci si trova vicino alla soglia inferiore sarà possibile introdurre una quantità di cibo maggiore senza pericolo d’ingrassare rispetto al caso in cui ci si trovi vicino alla soglia superiore.
Naturalmente tutte le considerazioni finora fatte non prendono in esame casi patologici in cui sussistano disfunzioni metaboliche, ormonali o altri fattori, magari ereditari, che impediscono il mantenimento di un corretto equilibrio ponderale.
Entrambi i segnali si avvertono a livello dello stomaco. Quello della fame, se non viene interrotto con l’introduzione di cibo, ha una durata di circa 20 minuti e può essere alleviato massaggiando lo stomaco che si trova in uno stato di contrazione muscolare. Il segnale di sazietà è dato da un eccessivo riempimento dello stomaco e dalla tensione delle sue pareti.
LA SCELTA DEGLI ALIMENTI E IL RAPPORTO COL CIBO
La vera differenza tra una dieta e l’altra non sta tanto nell’efficacia del dimagrimento, bensì nel suggerire un certo tipo di alimenti da privilegiare per non intossicare l’organismo. Il primo posto spetta senza dubbio all’acqua che, oltre a essere priva di calorie, favorisce la depurazione, diluisce i succhi gastrici diminuendo lo stimolo della fame, dà turgore alle cellule donando luminosità alla pelle, consente il trasporto dei principi nutritivi alle cellule e facilita le funzioni intestinali. Al secondo posto troviamo le verdure, ricche di acqua, sali minerali e vitamine, con un ridotto contenuto calorico, che favoriscono il ricambio intestinale grazie alle fibre di cellulosa che non siamo in grado di assimilare. Seguono tutti i prodotti di origine vegetale come la frutta e i cereali integrali, i legumi, gli oli e tutti quei cibi semplici che non hanno subito lunghi processi di lavorazione e di trasformazione legata alla cottura. Tra i cibi proteici sono da preferire il pesce e le carni magre, mentre sono da consumare con moderazione latticini e uova poiché contengono maggiori quantità di grassi. Dolci, salumi, fritti, grassi animali, caffè e un eccesso di sale da cucina sarebbero invece i nostri principali nemici, creati apposta per indurci in tentazione.
Purtroppo, quando ci si trova in sovrappeso, la causa è quasi sempre da ricercare in un errato rapporto che si è venuto a stabilire con il cibo. In genere i bambini sanno regolare benissimo i loro bisogni alimentari ma, soprattutto nelle generazioni passate, era diffusa la credenza che n bambino grasso fosse sinonimo di salute e così si tendeva a somministrare una quantità di cibo superiore al necessario. Oppure venivano utilizzati i dolci per premiare il bambino che, anche da adulto, avrebbe continuato ad associare al dolce una certa forma di gratificazione. In questo caso, l’eliminazione di un comportamento alimentare scorretto va ad intaccare la sfera psicologica e questo complica le cose.
Dove la scelta degli alimenti è lasciata al caso o, ancora peggio, è legata alla pubblicità, si fa magari un uso eccessivo di bevande gassate, patatine, caramelle, merendine, pizze e snack più o meno dannosi.
È importante dunque educare i ragazzi, fin da piccoli, a una corretta igiene alimentare facendo in modo che questa diventi un’abitudine di vita.
QUALCHE CONSIGLIO PRATICO
Tenendo presenti le poche regole citate, direi che ognuno potrebbe essere in grado di prescriversi una dieta su misura che tenga conto dei propri gusti e che rispetti il più possibile le necessità individuali riguardo alla distribuzione dei pasti nell’arco della giornata.
È comunque sempre consigliabile consumare un pasto leggero alla sera, perché di notte le attività, in genere, sono ridotte al minimo. È opportuno inoltre non saltare i pasti e mantenere dei cicli di assunzione ad orari il più possibile costanti. Un organismo abituato a consumare poco, pian piano ridurrà il suo metabolismo al minimo, diminuendo la respirazione o il ritmo circolatorio.
Ritagliatevi uno spazio progressivamente più lungo per svolgere ogni giorno, magari prima di coricarvi, un po’ di ginnastica. Tenetevi in movimento e respirate correttamente.
Mettete nel carrello della spesa soli gli alimenti giusti e ricordatevi che dopo uno strappo non è il caso di mollare tutto, ma si può riprendere a mangiare correttamente. Dimenticatevi la bilancia e cercate solo di star bene con voi stessi.
Se volete dimagrire, non fatelo per gli altri, ma solo per voi e fatevi i complimenti ogni vota che riuscite a vincere una tentazione. Cercate di associare lo stimolo della fame con qualcosa che vi fa molto piacere: non solo vi aiuterà a sopportarlo meglio, ma addirittura spererete di avvertirlo.
Disseminate tutti i punti più insidiosi della casa, come il frigorifero o la dispensa, con delle vostre foto in cui vi vedete grassi e dedicate il tempo che trascorrereste in cucina alla lettura di un libro, all’ascolto di musica o alla cura della vostra persona.
Cercate di distrarvi, di uscire e di trovarvi mille occupazioni, affinché la dieta non diventi il vostro pensiero fisso.
Siate ligi almeno per le prime due settimane che, rivoluzionando il comportamento alimentare, sono le più difficili. Superato questo periodo, vi sembrerà tutto molto più semplice. Più lungo sarà il tempo necessario per conquistare il vostro peso forma, più difficile sarà riacquistare peso.
Non scoraggiatevi se una persona magrissima vi dice che mangia tantissimo. Sicuramente sarà una persona super-attiva o molto nervosa o, semplicemente, vegetariana. Purtroppo o per fortuna non tutti siamo uguali, ma solo chi ha provato sa quanto sia difficile e faticoso dover rinunciare a ciò che piace. Io lo so e sono con voi.
CONCLUDENDO
Per dimagrire non è necessario attenersi scrupolosamente a tabelle e schemi di alimentazione pre- confezionati. Per assurdo sarebbe possibile calare di peso anche mangiando solo dolci, ma il nostro organismo ha bisogno di tutti i principi nutritivi in proporzioni bilanciate, per cui è giusto seguire un regime alimentare variato, ma controllato dal punto di vista delle quantità. Se poi siete degli appassionati di calcoli, procuratevi una tabella dietetica dettagliata e in poco tempo imparerete il valore energetico dei principali alimenti, diventando le migliori sentinelle del vostro peso.
Franca Ceccato
Dottore in Scienze Biologiche e Dietista
da ilpuntosalute | 27 Mar, 2013 | Nutrizione
Prezioso frutto dell’inverno, è figlio delle brume autunnali della campagna veneta. Può essere bianco o bianco crema con il lembo delle foglie rosso intenso, ha sapore dolce o amarognolo ed è croccante. C’è quello rosso di Treviso Tardivo, quello variegato di Castelfranco IGP e quello rosso di Treviso Precoce. Si tratta del Radicchio che, tra l’altro, è un ottimo rimedio anti-invecchiamento.
Da recenti studi svolti all’Università di Urbino sembra che il radicchio rosso contenga molte più sostanze antiossidanti rispetto ad alimenti più famosi per questa proprietà, come mirtilli e uva passa; grazie a tale caratteristica il radicchio rosso ha la proprietà di rallentare l’invecchiamento cellulare e di prevenire l’insorgere di alcuni tipi di tumore, soprattutto a livello intestinale. Non solo. Anche la pelle trae benefici dalla presenza di sostanze antiossidanti, mantenendosi giovane più a lungo; gli antiossidanti, inoltre, contrastano, artrite e reumatismi. Il radicchio, indicato per chi ha problemi cutanei (foruncoli, piaghe), ha un contenuto calorico basso (per il 92-94% é composto di acqua) ed é ricco di vitamina A, B1 e B2.
Altri benefici di questo ortaggio sono innanzitutto le proprietà depurative: grazie all’alto contenuto di acqua, alla presenza di fibre e principi amari, il radicchio favorisce la digestione e il buon funzionamento dell’intestino. Il basso apporto calorico lo rende molto indicato anche per le diete e i regimi alimentari controllati. Il calcio e il ferro presenti in esso, poi, sono in grado di favorire il metabolismo delle ossa rendendole più forti; gli antociani presenti nel radicchio rosso hanno proprietà preventive nei confronti delle malattie cardiovascolari, mentre, il triptofano, apporta benefici al sistema nervoso contrastando i disturbi legati all’insonnia.
Il radicchio rosso di Treviso IGP svela il suo lato beaty in una tisana e diventa l’ingrediente perfetto per un profumatissimo infuso dalle spiccate proprietà salutistiche. L’assoluta novità nasce grazie al progetto “Radicchio Rosso di Treviso IGP – Il Gusto lungo le Rotte delle Repubbliche Marinare” e grazie alla ricerca per una “Nuova Cucina Mediterranea”.
Gli chef del Gruppo Ristoratori della Marca Trevigiana (Unascom-Confcommercio) si sono sbizzarriti nella caccia a soluzioni innovative con cui interpretare le due famose cicorie, tanto belle da essere chiamate il “Fiore d’Inverno” e la “Rosa di Castelfranco”, e lo chef Nicola Dinato del ristorante Feva di Castelfranco Veneto è riuscito nel difficile intento. È nato così un infuso, la cui ricetta resta segreta, dove non manca, come richiesto dal progetto, un tocco esotico con il litchi. Si tratta di una tisana perfetta per chi voglia rilassarsi o un dopo pasto. La tisana al radicchio e tutti i risultati delle sperimentazioni che gli chef trevigiani hanno avviato con le due famose cicorie, il cui marchio europeo d’origine IGP (Indicazione Geografica Protetta) è tutelato dal Consorzio promotore dell’intero progetto, saranno riuniti e presentati sul mercato sotto il marchio FIORI D’INVERNO, di proprietà del Consorzio.
La preziosa cicoria è tutelata dal 1996 dal Consorzio Tutela Radicchio Rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco. La zona di produzione comprende i territori di 24 Comuni a cavallo tra le province di Treviso, Venezia e Padova.
Il Consorzio – così come espressamente previsto dallo statuto – ha funzione di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi alla denominazione IGP. Il Consorzio valorizza e tutela tre Indicazioni Geografiche Protette: il radicchio rosso di Treviso tardivo IGP, il radicchio rosso di Treviso precoce IGP e il radicchio variegato di Castelfranco IGP.
#5Blogger, un gruppo di autori italiani di blog, collegati al mondo del fumetto, della sceneggiatura, della comunicazione e della grafica, attraverso i loro viaggi condivideranno con i lettori le loro scoperte ed esperienze, rendendole ‘social’ in tempo reale.
I loro canali di comunicazione sono ovviamente i loro blog, ma anche le loro pagine facebook, twitter e instagram dove è possibile trovare commenti, foto, illustrazioni e storie a fumetti legati a questa nuova esperienza ‘trevigiana’.
Potremo seguirli attraverso i canali social è l’hastag #5blogger e #radicchiorossoTV.
Daniele Bonomo
http://www.gud.it
Roberto Recchioni
http://www.prontoallaresa.blogspot.com
Paolo Campana
http://www.bloggokin.it
Mauro Uzzeo
http://www.nontistavocercando.it
Andrea Longhi
http://inkontheroad.blogspot.it/
Paolo Campana
www.bloggokin.it
Radicchio Rosso di Treviso Tardivo.
Il tempo per raccogliere il Radicchio Rosso di Treviso Tardivo è a novembre, dopo almeno due brinate. È necessario infatti che la preziosa cicoria sia avvolta dal gelo per almeno due volte, così stabilisce il disciplinare di produzione IGP, perché il processo vegetazionale della pianta venga bloccato.
Il principe dei radicchi non arriva direttamente dal campo alla tavola, ma ha bisogno di lasciare la terra e immergersi nell’acqua per alcune settimane prima di raggiungere la croccantezza e il gusto che lo contraddistinguono: quando viene raccolto è ancora verde e sarebbe immangiabile tanto è amaro. Portato nelle aziende agricole, con sapienza antica, lascia la terra per bagnarsi nell’acqua pura delle risorgive che, proprio in questi territori tra Treviso, Padova e Venezia, riemergono dalle falde profonde.
Ecco il procedimento. Le piante vengono prelevate dal solco, toilettate e raccolte in mazzi di circa 30 radicchi con relativa radice e pane di terra. I mazzi sono poi collocati in vasche di cemento dove scorre dell’acqua con una temperatura costante non inferiore ai 10-12 °C che non deve mai bagnare le foglie. Le piante vengono quindi ricoperte con uno strato di 8-10 cm di paglia o di foglie o di stocchi di mais trinciati e coperte perché restino al buio per circa 15 giorni. Questo consente loro di “rifiorire” anche in piena stagione invernale. È grazie a questa cura sapiente che nasce il cuore dalle tipiche foglie rosso vinoso con nervatura centrale dal bianco quasi candido.
Radicchio Rosso di Treviso IGP – Precoce.
Passata la grande calura estiva, nei campi, le verdi foglie del radicchio vengono dolcemente raggruppate e legate per permettere che il cuore, “al buio”, sviluppi nuove foglie che, a partire dal mese di settembre, si mostreranno di colore rosso intenso.
Toilettato e lavato, il Radicchio Rosso di Treviso Precoce si presenta di buona croccantezza, moderatamente amaro, adatto a molteplici usi, sia cotto che crudo. Le sue foglie, dal sapore leggermente amarognolo e dalla consistenza mediamente croccante, sono caratterizzate da una nervatura principale molto accentuata di colore bianco, che si dirama in molte piccole penninervie nel rosso intenso del lembo fogliare notevolmente sviluppato.
Radicchio Variegato di Castelfranco IGP.
Ottobre segna l’arrivo sul mercato del Radicchio Variegato di Castelfranco. Il suo colore bianco crema, la variegatura della foglia e la sua forma lo rendono uno dei radicchi più ammirati. Bello di aspetto, delicato al palato, il Radicchio Variegato di Castelfranco aspetta paziente il momento della sua celebrazione, contento di soddisfare, per il momento, il palato dei gourmet più attenti. Le foglie hanno un sapore che va dal dolce al gradevole amarognolo molto delicato, il colore è bianco-crema con variegature distribuite in modo equilibrato su tutta la pagina fogliare di tinte diverse, dal viola chiaro al rosso violaceo e al rosso vivo. Il cespo, è bello di forma e splendido nei colori, ha un diametro minimo di 15 cm. Partendo dalla base, si ha un giro di foglie piatte, poi un secondo giro di foglie un po’ più sollevato, un terzo giro ancora più inclinato e così via, fino ad arrivare al cuore, evitando la presenza di grumulo. Lunghezza massima del fittone: 4 cm, il diametro è proporzionale alle dimensioni del cespo stesso. Le foglie sono spesse, con bordo frastagliato e con superficie del lembo ondulata, di forma rotondeggiante.
Clementina Speranza
Per le ricette potete visitare l’apposita sezione del sito del Consorzio www.radicchioditreviso.it
da ilpuntosalute | 20 Feb, 2013 | Nutrizione
Per la categoria tè vince SanThé di Sant’Anna. Si tratta di un tè freddo arrivato da poco sugli scaffali dei supermercati che i consumatori italiani hanno già eletto Prodotto dell’Anno 2013.
La fresca novità si avvale dell’Acqua Sant’Anna e non utilizza polveri solubili ma il sistema dell’infusione delle foglie in acqua calda, secondo il metodo tradizionale della classica bevanda preparata a casa, aggiungendo poi vero succo di limone e pesca. Le foglie, di elevata qualità, raccolte e selezionate nei giardini di tè dello Sri Lanka, garantiscono un profilo organolettico costante e l’assenza di contaminanti, anche perché, prima del loro utilizzo, viene verificata l’assenza di pesticidi e di metalli pesanti. L’azienda utilizza estratti concentrati di tè ma per l’infusione si parte sempre e solo dalle foglie. Il prodotto finale contiene quindi un quantitativo elevato di polifenoli, gli antiossidanti naturali presenti nelle foglie di tè che il processo di infusione consente di preservare.
Particolarmente indicato per le persone attente al profilo salutistico degli alimenti è SanThé al tè verde. Con un contenuto nettamente inferiore di zuccheri, e di conseguenza un apporto calorico inferiore ai SanThé aromatizzati al limone e alla pesca, ha un contenuto di polifenoli decisamente più elevato in quanto viene prodotto utilizzando foglie di thè non fermentato (tè verde). Il processo di fermentazione che porta le foglie di tè dal verde all’oloong al tè nero riduce infatti il contenuto di polifenoli presenti nella foglia.
“Mi sono dedicato personalmente allo sviluppo del nuovo prodotto e dei differenti gusti. Siamo molto
soddisfatti per questo riconoscimento che viene direttamente dai consumatori: è proprio a loro che pensiamo quando concepiamo un nuovo prodotto”, precisa Alberto Bertone A.D. e Presidente di Acqua Sant’Anna. Il tema del benessere è da sempre un cavallo di battaglia del brand, grazie anche alle straordinarie caratteristiche organolettiche dell’acqua che sgorga dai monti sovrastanti Vinadio, dove ha sede lo stabilimento produttivo.
“Il marchio Sant’Anna oggi vanta una clientela fedele, ma non per questo meno esigente – spiega l’imprenditore – . Abbiamo studiato a fondo il mercato e abbiamo scoperto che il tè freddo, soprattutto nel formato monoporzione in bicchiere, è molto utilizzato dalle mamme per la merenda dei bambini. Mamme e bambini sono da sempre un target importante per noi; Sant’Anna, tra l’altro, è stata una delle prime acque minerali a ricevere l’autorizzazione ministeriale per l’alimentazione dei neonati. Per questo abbiamo pensato di soddisfare anche questa esigenza di consumo proponendo un prodotto alternativo, accurato e di alta qualità. E come sempre siamo partiti dal prodotto, non dai numeri che può fare”.
Per dolcificare SanThé l’azienda ha scelto di utilizzare solo zucchero “vero”. Ha escluso edulcoranti quali l’acesulfame o l’aspartame che, da un lato, consentirebbero la riduzione dell’apporto calorico del prodotto ma dall’altro non sono consigliati nella dieta del bambino e delle donne in gravidanza: l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione ne sconsiglia l’uso fino al terzo anno di età e durante la gravidanza e l’allattamento, e raccomandata cautela per i bambini di età superiore ai tre anni.
SanThé, il nome del nuovo prodotto, richiama anche la parola “santé” che per i francesi significa salute.
E allora, salute!
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 28 Gen, 2013 | Nutrizione
C’è quella per chi ha la pressione alta, per chi fa sport, per chi soffre di calcoli. Può essere liscia, gassata o effervescente. Si parla di sua maestà l’acqua. La bevanda principe, la più sana, un nutriente essenziale che non produce calorie. Ma le acque non sono tutte uguali, le caratteristiche e le proprietà dipendono dalla fonte e dai sali minerali.
Il punto di vista dell’esperto.
“L’acqua rappresenta circa il 60% del peso corporeo. Tutti i giorni è normale perdere liquidi, anche in modo impercettibile, con il respiro, e poi con il sudore e naturalmente con la diuresi e con le feci – spiega il Dott Giuseppe Marinari, specialista in chirurgia generale e specialista in scienza dell’alimentazione. Responsabile dell’UOF di Chirurgia dell’Obesità presso Humanitas Gavazzeni di Bergamo –. Non è sano essere in bilancio negativo di acqua: ne possono risentire l’apparato cardiocircolatorio (la pressione arteriosa in caso di “poca acqua” nel corpo umano sarà bassa, con senso di stanchezza e vertigini), la funzione renale (specie negli anziani e nelle persone che assumono terapie croniche una ridotta diuresi può essere molto pericolosa) e anche quella intestinale, dove poca acqua vorrà dire stitichezza.
Detto questo, il consiglio è quello di bere almeno un litro, un litro e mezzo di acqua al giorno. L’acqua va assunta in quantità minore solo in alcuni casi, ad esempio se si soffre di scompenso cardiaco, di cirrosi epatica o se si è in emodialisi, tutte condizioni di salute particolari e in cui il malato è avvisato della necessità di limitare i liquidi.
Se si è in buona salute l’importante è bere acqua batteriologicamente pura: cioè ‘pulita’, senza germi. Le differenze fra acqua e acqua, se si sta bene, contano poco. Se non si hanno esigenze di salute particolari l’acqua non è terapeutica né fonte di danno, può essere al massimo più buona o più sgradevole al gusto. È giusto ricordare che la qualità dell’acqua di rubinetto in Italia è di solito buona o molto buona: è il gusto che a volte lascia a desiderare, in parte per le caratteristiche minerali dell’acqua, in parte perché per esigenze igieniche l’acqua dei nostri acquedotti subisce trattamenti che a volte ne modificano il sapore. Da qui nasce il grande mercato dell’acqua in bottiglia, dove noi italiani siamo primi per consumo rispetto ai paesi vicini, e il cui vantaggio è quello di potere controllare cosa stiamo per bere”.
E allora quale acqua comprare? “Il mio primo consiglio sarebbe quello di seguire il principio del chilometro zero: quindi acqua proveniente da fonti vicine al nostro luogo di residenza. Dopo avere controllato la sede della fonte, è bene poi leggere l’etichetta. I parametri cui dobbiamo fare attenzione sono: il residuo fisso, la composizione minerale specifica (non tutte le acque però la riportano) e i nitrati.
Il residuo fisso viene calcolato a 180 gradi e indica la quantità di sali disciolti in un litro d’acqua. In base a questo fattore le acque vengono divise in 4 categorie.
– Minimamente mineralizzate: con residuo fisso non superiore a 50 mg/l.
– Oligominerale: con residuo fisso non superiore a 500 mg/l.
– Mediominerale: con residuo fisso tra 500 e 1500 mg/l.
– Ricca di sali minerali: con residuo fisso superiore a 1500 mg/l.
In linea generale le acque con pochi minerali vengono percepite come più leggere, mentre le acque con più minerali sembrano quasi salate e meno dissetanti.
Le acque ricche di sali hanno un lieve effetto lassativo. Per chi soffra di ipertensione arteriosa sono indicate le acque povere di sodio e genericamente le oligominerali o meglio le minimamente mineralizzate.
Durante l’esercizio fisico e la sudorazione intensa, soprattutto negli sport di lunga durata, si possono verificare importanti perdite di sali (sodio e cloruro): per questo si consiglia acqua minerale che contenga una buona quantità di sali minerali e si raccomanda di bere in abbondanza anche il giorno successivo alla gara.
Alcune acque sono particolarmente ricche di un sale minerale specifico. In questo caso nell’etichetta può essere riportata una particolare dicitura per sottolineare.
Abbiamo quindi:
l’acqua contenente bicarbonato (con contenuto di bicarbonato superiore a 600 mg/l) indicata nell’ipersecrezione gastrica (cioè in chi soffra di gastrite), nelle patologie renali e in chi pratica sport;
l’acqua solfata (con contenuto di solfati superiore a 200 mg/l), lievemente lassativa, indicata in caso di insufficienza digestiva e nella sindrome del colon irritabile;
l’acqua calcica (con contenuto di calcio superiore a 150 mg/l), indicata nella crescita, in gravidanza, in menopausa e nella prevenzione dell’osteoporosi e dell’ipertensione;
l’acqua ferruginosa, o contenente ferro, utile per i vegetariani e per i soggetti con un fabbisogno elevato di ferro: lattanti, adolescenti, sportivi e donne in gravidanza.
I nitrati che possono a volte raggiungere le falde acquifere sono pericolosi solo se superano determinate concentrazioni. Normalmente devono mantenersi sotto i 45 mg/l ma nelle acque minerali destinate ai neonati non devono superare i 10 mg/l.
Quindi l’etichetta ci fa conoscere le caratteristiche dell’acqua contenuta nella bottiglia, ci parla anche del suo gusto, e ci dice se è la più indicata per noi o no”.
Il commento dell’imprenditore
“Nelle etichette spesso sono segnalati troppi elementi, e questo può confondere le idee al consumatore. Ci si sofferma su alcuni elementi, che non sono realmente importanti, mentre le informazioni più rilevanti sono in caratteri piccoli in fondo all’etichetta – afferma Alberto Bertone, AD e Presidente di Acqua Sant’Anna–. Spesso il consumatore acquista di fretta, leggendo poco e facendosi attrarre dalle immagini o da numeri ben evidenziati sulla confezione. Per semplificare la lettura dell’etichetta, Sant’Anna dà la possibilità al consumatore di partecipare a un ‘corso’ abbreviato sulle caratteristiche delle acque minerali in commercio, sempre online http://www.santanna.it/it/pubblicita_comp/corso_abbreviato.html ). Qui è spiegato, ad esempio, che la presenza nell’acqua di nitrati è frutto di una modificazione dell’ambiente indotta dall’uomo: eccessiva concimazione del suolo con fertilizzanti chimici, forte concentrazione di capi di bestiame in piccoli appezzamenti, dispersione nel sottosuolo degli scarichi civili o industriali. In breve: inquinamento in prossimità della sorgente. Si parla del sodio, fondamentale per il buon equilibrio del metabolismo idrico dell’organismo che, se assunto in eccesso, trattiene acqua all’interno dei tessuti e blocca il corretto scambio di liquidi tra la cellula e l’esterno, provocando ritenzione idrica. O, ancora, del residuo fisso, parametro fondamentale per determinare la leggerezza di un’acqua minerale, che consiste nella quantità di sostanze inorganiche presenti ed è normalmente espresso in milligrammi per litro. Il residuo fisso di Sant’Anna è pari a 22,3 milligrammi: ecco perché è molto leggera.
Sopratutto – conclude Bertone – per le acque indicate per l’alimentazione dei neonati sarebbe necessario aumentare i controlli. A leggere le varie etichette sembrerebbe che tutte le acque siano adatte anche per i più piccoli, cosa che in effetti non è vera”.
Premi e riconoscimenti di Acqua Sant’Anna
• Pubblicazione nel rapporto Eurispes Eccellenza 2007 tra i 100 casi dell’Italia che funziona
• Premio Capital Sviluppo del Business 2006/2007
• Brands Award al marchio Acqua Sant’Anna (2006 – 2007 – 2008)
• Sant’Anna nelle prime posizioni della classifica ICM dei marchi più dinamici (2007 e 2008)
• Premio Tecnologia & Passione 2007 per l’innovazione
• Premio Ernst & Young – L’Imprenditore dell’Anno (2007)
• Premio Odisseo – Unione Industriali Torino (2008)
• Pubblicazione nel libro “Grand’Italia” de Il Sole 24 Ore (2008)
• Superbrands Award da Cool Brands Council – Categoria CARING: MOTIVAZIONE Sant’Anna viene incontro ai miei bisogni Research International 2008
• Premio Sodalitas Social Award 2009 Sant’Anna Biobottle – Categoria Innovazione di Prodotto Responsabile.
• Premio Marketing Oggi Award 2009 Sant’Anna Biobottle- Categoria Marketing Mix\Miglior Packaging
• 2010: Palma d’Argento dell’Associazione Assisi Pax International – Motivazione: per la sua intensa laboriosità ed efficienza di imprenditore affermato e non solo in Italia, per il dinamismo, la perseveranza e la facilità di comunicazione e per le strategie altamente innovative.
• Premio Ernst & Young – L’Imprenditore dell’Anno (2010) Categoria Food & Beverage
• Premio Impresa Ambiente 2011 – Menzione Speciale Categoria Miglior Prodotto a Sant’Anna BioBottle
• Premio Codacons 2011 – Amico del Consumatore
• Premio Natura a Sant’Anna Bio Bottle – categoria bevande per l’infanzia
• Premio Prodotto dell’Anno 2013 a SanThé Sant’Anna
da ilpuntosalute | 13 Nov, 2012 | Nutrizione
È facile che la donna, dopo i 30 anni, presenti un quadro ormonale disomogeneo e un aumento di peso nei punti critici. Zuccari ha ascoltato le sue clienti con attenzione, per conoscerne desideri, necessità e stili di vita, e ha formulato re-code® Platinum, un nuovo integratore alimentare. Il pacchetto drenante “anti-gonfiore” si attiva su gambe e addome e il risultato è visibile in pochi giorni: la presenza di 2 potenti anti-età come collagene e papaya bio-fermentata, produce un’azione elasticizzante e anti-ossidante e mantiene la pelle giovane e il corpo tonico. Infine, l’esclusivo brevetto 3nergy rimodella la silhouette armonizzando il quadro ormonale attraverso tre elementi: i fitoestrogeni, i fermenti lattici tindalizzati e la florizina.
I fitoestrogeni sono ormoni vegetali, presenti in piccole quantità in piante come: carote, finocchio, liquirizia, patate, mele, salvia, legumi, cereali, soia etc. Gli isoflavoni, fitoestrogeni con la struttura simile a quella degli ormoni femminili, e per questo sono i più adatti a riportare l’equilibrio ormonale.
I fermenti lattici predispongono l’intestino ad accogliere meglio gli isoflavoni. La quantità di fermenti lattici prodotta autonomamente, infatti, non sempre è sufficiente per una corretta assimilazione dei fitoestrogeni.
La florizina è una molecola presente nella buccia della mela. Ha il compito è potenziare l’assorbimento dei fitoestrogeni a livello intestinale, grazie alla sua natura “intelligente” che le permette di “ritagliare” i fitoestrogeni rendendoli adatti ai loro recettori.
Il rivoluzionario trattamento è disponibile in farmacia, parafarmacia ed erboristeria. È prodotto da Zuccari, un’azienda che opera a livello europeo nel settore della salute e della cosmesi naturale, fondata a Trento nel 1994 dal lungimirante Stefano Sala.
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 12 Nov, 2012 | Nutrizione
L’alimentazione contemporanea appare ricca, ma spesso dietro il suo aspetto vivace si nasconde un carattere più povero. Colture intensive, manipolazione genetica e lavorazioni industriali hanno reso la nostra dieta quotidiana inadeguata alle esigenze dell’organismo. Anche le più semplici lavorazioni industriali depauperano gli alimenti: la pastorizzazione, ad esempio, abbatte la carica batterica ma priva il prodotto della sua naturale attività, mentre la raffinazione separa gli elementi nutritivi dal resto dell’alimento.
Lo scopo di queste lavorazioni è di saziare in tempi contenuti il maggior numero di consumatori, saziare però non significa nutrire. Frutta e verdura di ogni tipo si trovano tutto l’anno, anche fuori stagione, ma il loro valore nutrizionale è misero perché non crescono secondo i ritmi della natura e non hanno il tempo di assorbire le sostanze nutritive dal terreno, che a sua volta è sempre più sfruttato e impoverito. Questi prodotti, refrigerati e trasportati in tutto il mondo, resi appetibili attraverso trattamenti aggressivi, vengono poi consumati troppo acerbi o troppo maturi.
I trattamenti anti-parassitari, inoltre, rendono le piante sempre più forti e resistenti all’attacco di batteri e parassiti i quali, a loro volta, si fortificano e richiedono l’utilizzo di prodotti sempre più aggressivi e nocivi.
L’ultima tendenza del benessere? Gli Alimenti Funzionali. Hanno già conquistato gli Stati Uniti e i Paesi più avanzati dell’Europa dove sono conosciuti come Functional Food e rappresentano una risposta efficace per il consumatore che voglia alimentarsi con qualità.
Si tratta di alimenti già ricchi in origine di particolari attivi, lavorati attentamente per preservarne l’apporto benefico e talvolta completati con l’aggiunta di vitamine, che risultano gustosi, salutari e di facilissima assunzione in qualunque luogo e momento della giornata. In Italia la Functional Food Division di Zuccari, azienda trentina guidata da Stefano Sala, si avvale delle attente analisi del mercato e delle abitudini dei consumatori e lancia, in farmacia ed erboristeria, i primi Functional Food.
Si chiamano Super Arancia® e Super Ananas®, sono integratori alimentari racchiusi per comodità in stick-pack si sciolgono in 100 ml d’acqua e possono essere consumati ogni mattina a colazione, proprio come una spremuta di frutta fresca, della quale hanno tutto il sapore. Con un solo semplice gesto si appaga il gusto e si introduce un nutrimento che pur valutando la stessa carica vitaminica del frutto fresco è disponibile in ogni mese dell’anno senza alcuna diminuzione della qualità. La piacevolezza di un succo di frutta, senza zuccheri aggiunti, ma sucralosio, il dolcificante a zero calorie, e senza la pastorizzazione che distrugge i principi attivi tremolabili. Niente OGM, niente glutine né altri allergeni, basso il contenuto di carboidrati.
Le arance, si sa, sono ricche di vitamina C, ogni stick-pack di Super Arancia® contiene:
500mg di vitamina C, pari al contenuto medio 6 arance, ovvero il 625% della RDA; l’esclusivo mix TR3chinacea® con 3 varietà di Echinacea (Echinacea Angustifolia, Echinacea Pallida Britton e Purpurea Moench); 22,5mg di zinco, pari al 225% della RDA, essenziale per riportare in equilibrio il sistema immunitario e affrontare le quattro stagioni con le difese necessarie.
Il frutto fresco dell’ananas ha riconosciute proprietà digestive e snellenti: aiuta a combattere ritenzione e accumuli sottocutanei localizzati, contrasta gonfiore e pesantezza. L’ananas fresco, però, viene di rado introdotto nella dieta quotidiana perché poco pratico e di difficile reperibilità.
Ogni stick-pack di Super Ananas® contiene un’elevata quantità di Bromelina bio-attiva (l’enzima naturalmente presente nel frutto fresco) ed è pari a un quarto di ananas.
La RDA (Recommended Daily Allowance), cioè la dose giornaliera consigliata, indica la quantità di vitamine e sali minerali che una persona dovrebbe assumere per soddisfare il proprio fabbisogno minimo giornaliero. Va sottolineato che la RDA è diversa a seconda dell’età e del genere (maschile o femminile), e varia a seconda delle condizioni climatiche, delle differenti abitudini alimentari e di altri fattori ancora. La RDA che si trova sulle confezioni dei vari prodotti si riferisce a una donna adulta in buono stato di salute, moderatamente attiva e che consuma 2000 kcal al giorno.
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 20 Lug, 2012 | Nutrizione
Curcumina, Resveratrolo, Licopene e Neucleotidi sono ingredienti funzionali e altamente biodisponibili racchiusi in un integratore alimentare con 2 target chiave: l’inflammaging e l’immunosenescenza.
Si chiama NatygenDna™ e nasce dalla ricerca di molecole altamente attive nel prolungare e migliorare il benessere dell’organismo, contrastando l’invecchiamento cellulare e prevenendo i fattori di rischio delle patologie correlate all’avanzare dell’età.
NatygenDna™ agisce nel “cuore della longevità”, protegge il SNA e attiva le difese cellulari, per ottimizzare lo stato di salute e raggiungere un invecchiamento di successo. Fonda le sue radici nella nutrigenomica, la scienza che studia l’interazione tra nutrizione e il DNA, ovvero come il cibo influenza i nostri geni. La nutrigenomica consente di individuare quali alimenti siano in grado di stimolare i geni della longevità in modo che le cellule siano indotte a riparare i danni subiti e possano proteggersi in modo più efficiente dagli attacchi esterni. La sola alimentazione spesso non è sufficiente a garantire l’adeguato apporto di sostanze concentrate e biodisponibili utili a combattere lo stress ossidativi e ripristinare l’equilibrio tra antiossidanti endogeni e radicali liberi.
LA CURCUMINA, il pigmento che dona il colore giallo al curry, è inserito in NatygenDna™in forma attivata e altamente biodisponibile. La curcumina attiva i meccanismi per la sopravvivenza cellulare, stimolando la produzione dei nostri sistemi di difesa contro i radicali liberi, e protegge i neuroni.
La curcumina riesce inoltre a spegnere l’interruttore dell’infiammazione; è è dunque in grado di proteggere l’inero organismo e in particolare modo le articolazionidall’infammaging, l’invecchiamento precoce dovuto a una condizione di infiammazione cronica.
Clementina Speranza
da ilpuntosalute | 24 Nov, 2011 | Nutrizione
L’Unione Europea ha concesso l’autorizzazione definitiva alla commercializzazione di MISURA Stevia®, il dolcificante naturale che è privo di calorie, è 300 volte più dolce dello zucchero, non viene assimilato dall’organismo, non dà apporto nutritivo e viene eliminato naturalmente.
MISURA Stevia® deriva da estratti puri della stevia, pianta originaria del Sud America che è utilizzata da secoli dagli indiani Guaranì del Paraguay, viene diffusamente consumata da oltre 30 anni anche in Giappone, dove è conosciuta per la sua dolcezza, ed è già presente in Francia grazie a una speciale deroga della UE fin da inizio 2010.
L’estrazione di questa sostanza naturale avviene attraverso un processo di infusione delle foglie essiccate, simile all’infusione del tè. La sostanza viene poi purificata (97% di purezza), disidratata e infine ridotta in polvere.
“I dolcificanti naturali di nuova generazione costituiscono un’interessante alternativa allo zucchero perché hanno un potere calorico inferiore – afferma Giuseppe Fatati, Presidente della Fondazione ADI –. I prodotti a base di stevia, o meglio dello stevioside contenuto negli estratti delle foglie, sono di origine naturale proprio come lo zucchero, ma danno un apporto calorico nullo a fronte di un potere dolcificante pari a 300 volte quello del saccarosio. Sono favorevole alle innovazioni che contribuiscono a far vivere meglio e in maniera più salubre. I tempi relativamente lunghi con cui EFSA e Unione Europea hanno dato il via libera alla stevia sono peraltro garanzia di una ricerca accurata, confermano la sicurezza della stevia e ampliano la gamma e le possibilità di scelta di prodotti di questo tipo offerti ai consumatori”.
Una vera “rivoluzione dolce” in un mercato, quello dei dolcificanti, caratterizzato da una staticità ormai decennale. Il dolcificante è prodotto da Merisant e distribuito in Italia da D&C. Merisant da Pure Circle, azienda leader al mondo nella produzione di stevia, si occupa di tutta la filiera dalla coltivazione delle piante fino al prodotto finito, garantendo in questo modo altissima qualità.
Hugues Pitre, Vice-Presidente e Amministratore Delegato EMEA di Merisant, ha dichiarato: “In Francia abbiamo già raggiunto una quota di mercato superiore al 65%, Merisant è particolarmente orgogliosa di portare MISURA Stevia® sul mercato italiano, grazie all’accordo con D&C, azienda bolognese già responsabile della distribuzione dei prodotti dolcificanti a marchio MISURA”.
Clementina Speranza