da ilpuntosalute | 15 Mag, 2015 | Arte e Design
Nuovi arredi ecosostenibili nascono dalla fusione di creatività, fantasia e contemporaneità dell’azienda veneziana Staygreen, in collaborazione con robertopamio+partners. Le Anime di Carta è una linea di arredamento che testimonia la possibilità di reinventare e proporre oggetti moderni con materiali attenti all’ambiente. Divani, letti, sedie, poltrone e lampade dalle forme uniche e pulite adatte a ogni ambiente.
Tessuti biologici, carta riciclata, collanti naturali e segatura di recupero sono i materiali utilizzati per la realizzazione degli arredi ecosostenibili. La collezione di eco-arredi ha lo scopo di valorizzare il cartone come materiale dalle ottime proprietà tecniche. Durante la produzione viene data grande importanza alla gestione dei consumi, al monitoraggio delle emissioni e alla riduzione degli scarti.
Per la prima volta, Staygreen propone articoli nella versione Colour, arredi impreziositi dal colore applicato anche alle parti in cartone. Il colore è l’elemento innovativo che viene introdotto e dona un tocco glamour, con l’utilizzo di vernici a base d’acqua senza alcun componente chimico, ma composte esclusivamente da coloranti vegetali. I prodotti Staygreen, originariamente pensati in color avana, sono adesso disponibili anche in otto diverse nuances: oro, argento, bronzo, nero, bianco, arancio, grigio e tortora. Grazie a un isolante trasparente solvent-free ad alta penetrazione, i prodotti Staygreen sono resistenti all’acqua e all’usura.
Dalla fusione di tecnologia ed ecologia nasce Wendy, la recente poltrona multisensoriale firmata Staygreen. La seduta è creata con fogli di cartone a doppia onda e colle naturali. La poltrona è dotata di un sistema brevettato di diffusione di note olfattive sviluppato da Oikos Fragrances, denominato Solid Fragrance Release. La tecnologia permette di utilizzare essenze, profumi e note odorose allo stato solido. Le fragranze vengono diffuse naturalmente tramite ventilazione. La poltrona è in grado di diffondere note olfattive in modo non invasivo e controllato, con finalità di tipo estetico, emozionale e di qualità dell’aria degli spazi. Oikos Fragrances ha studiato una linea di sei diverse note olfattive dedicata a Wendy, ciascuna con caratteristiche diverse, in grado di adattarsi a differenti utilizzi, dall’ambiente pubblico a quello privato, dal contesto più informale a quello più sofisticato, con possibilità massima di personalizzazione di una location.
Le tecnologie sia di materiali sia per la diffusione delle fragranze sono integrate tra loro per fornire un prodotto d’arredamento che può essere inserito sia in spazi residenziali privati, sia in contesti legati al mondo dell’ospitalità e ufficio.
Staygreen fornisce arredi ecosostenibili e moderni, con lo scopo di comunicare l’essenza della materia e suggerire un nuovo modo di vivere il design, più consapevole, attento al futuro e tutto fabbricato in Italia.
Simone Lucci
Staygreen è un’azienda veneziana produttrice di arredi di design ecosostenibili. Sedute, poltrone, divani, letti, tavoli e lampade sono realizzate in carta riciclata, segatura di recupero, collanti naturali, tessuti biologici con il design unico di Roberto Pamio &Partners e una ricerca rigorosa delle materie prime. Tutti i prodotti Staygreen sono pezzi unici, realizzati a mano in Italia con materie prime selezionate ed ecosostenibili come il cartone proveniente dalla filiera del riciclo della carta da macero e dal recupero di imballaggi, e come la segatura, riciclo di sfido di lavorazione.
Oikos Fragrances è una società che opera da oltre vent’anni nella progettazione e sviluppo di tecnologie per la diffusione di Note Olfattive applicate a Qualità Ambientale, Profumazione d’Ambiente, Comunicazione e Marketing Olfattivo. I diffusori di Note Olfattive di Oikos Fragrances utilizzano la tecnologia proprietaria e brevettata Solid Fragrance Release garantendo vantaggi rispetto ai sistemi tradizionali in termini di: controllo della diffusione (attivazione e disattivazione istantanea); qualità (rilascio completamente naturale senza utilizzare solventi); percezione (costante per tutta la durata della ricarica profumata); spazi (all’interno dello spazio considerato la percezione è costante).
da ilpuntosalute | 12 Mag, 2015 | Nutrizione
Le zuppe fredde Giada e Rossetto sono le nuove proposte della primavera–estate di Depuravita. Prodotti detox con proprietà reidratanti, antiossidanti, antibatteriche e anti–invecchiamento, che arricchiscono il menù souping del brand. Accanto alle zuppe calde Velvet e Squash, il brand affianca: Giada e Rossetto, zuppe crude da gustare fresche. Le quattro zuppe calde e fredde dai colori vivaci si alternano a due succhi Germoglio con effetto alcalinizzante.
GIADA è perfetta da bere durante una pausa mattutina. Mango e papaya sono i frutti esotici adatti al cambio di stagione che colorano Giada arricchendola di vitamina A, C, antiossidanti, sali minerali ed enzimi digestivi che agevolano la digestione. Tra gli ingredienti si trovano anche il finocchio e i semi di Chia, ricchi di calcio, ferro, potassio, acidi grassi ed essenziali omega 3. I semi di Chia riducono il livello degli zuccheri nel sangue. L’acqua di cocco, contenuta all’interno della zuppa, idrata e aumenta la digeribilità degli altri frutti.
ROSSETTO è pensata da gustare come merenda, ricca di frutti di bosco come: fragole, more, lamponi e ribes. Gli ingredienti sono ricchi di vitamine A, B, C, sali minerali e flavonoidi con proprietà diuretiche, anti-infiammatorie e capillaro-protettrici. La varietà di frutti è completata da pompelmo e acqua di cocco, dalle proprietà idratanti e alcalinizzanti.
VELVET ricarica l’organismo di proteine, derivate da lenticchie rosse decorticate, per garantire un alto tasso di digeribilità evitando fermentazioni. Ricche di flavonoidi e niacina dalle proprietà antiossidanti, le lenticchie sono benefiche per la tutela del sistema immunitario e per il rallentamento dell’invecchiamento cellulare.
SQUASH fornisce all’organismo elementi antiossidanti e carotene grazie alla zucca, ricca di vitamine del gruppo B e C, niacina, acido folico, minerali come il potassio e tante fibre. La mela arricchisce la ricetta con proprietà rinfrescanti, diuretiche e depurative. Il prodotto è un prezioso alleato per fegato e intestino. La cipolla dona un gusto saporito fornendo vitamine B e C, ma anche cromo e zolfo.
I prodotti Depuaravita sono attenti al benessere del corpo e dello spirito, riequilibrano l’organismo senza rinunciare al piacere di gustare alimenti sfiziosi e nutrienti.
Simone Lucci
Depuravita è una linea di succhi pensati per detossinare l’organismo e caricarlo di nuova vita. La filosofia di Depuravita è di creare succhi ricchi di vitamine, sali minerali, antiossidanti e altre componenti utili al benessere di corpo e mente, con una particolare attenzione a come vengono associati fra loro i diversi tipi di frutta e verdura. I succhi liberano l’organismo dalle tossine e forniscono tutti gli elementi nutritivi di cui ha bisogno. I prodotti sono studiati da una nutrizionista olistica, Veronica Pacella. Nessun conservante, additivo chimico o dolcificante è aggiunto. 100% frutta e verdura. Per la produzione dei succhi viene utilizzata la tecnica della spremitura a freddo che mantiene intatte tutte le proprietà nutritive.
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da ilpuntosalute | 12 Mag, 2015 | Moda
Filobio, l’azienda dedicata al baby fashion, ha conseguito la certificazione da parte dell’Associazione Tessile e Salute. I capi soddisfano tutti i requisiti di Tessile e Salute e partecipano al progetto finanziato dal Ministero della Salute, al fine di tutelare la salute e garantire al consumatore la sicurezza e la trasparenza del prodotto tessile-abbigliamento. Filobio è la prima azienda di abbigliamento per neonati e bambini fino ai due anni a ottenere questo riconoscimento.
Il risultato è frutto di un’attenta verifica da parte degli organi tecnici dell’Ente certificatore di tutti i processi di produzione coinvolti per la realizzazione delle collezioni Filobio. I tessuti sono controllati e le fasi di produzione analizzate e monitorate. I materiali tessili sono sottoposti a test di cessione in laboratorio per verificare la loro reale salubrità e a-tossicità.
L’obiettivo di Filobio è puntare sulla priorità della salute della pelle e, quindi, della salute dei bambini che indossano i capi certificati. Tutto parte dall’idea originale, di utilizzare il cotone biologico e altri filati naturali, quali canapa, lana, seta, cachemire, per la salvaguardia e la preservazione dell’ambiente e per la salute dei piccoli.
Ogni articolo è ottenuto da fibre naturali e sottoposto a una verifica sopra le parti, per la garanzia del risultato. Di quale risultato si parla? La salute.
Simone Lucci
Fondata nel 2006 da Anna Cantarelli, alla quale si è unita Paola Alluvione nel 2010, Filobio è un’azienda italiana con lo scopo di proporre capi di abbigliamento per bambini da 0 a 24 mesi. Design e capacità del tessile italiano si coniugano con il rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Le collezioni, in puro cotone biologico, sono disegnate e sviluppate in Italia e realizzate in India da una filiera certificata per gli Standard del Tessile Biologico (GOTS- Global Organic Textile Standarda) e per il Fair Trade (FLO cert. e SA 8000). Per garantire il livello di qualità dei capi, il lavoro è seguito direttamente e personalmente sul luogo di produzione. Filobio collabora esclusivamente con aziende orientate verso un obiettivo di trasparenza ed eco-sostenibilità.
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da ilpuntosalute | 11 Mag, 2015 | Informazioni mediche
La domanda di assistenza infermieristica sul territorio è in continua crescita, nonostante persistano disoccupazione e sottoccupazione degli infermieri: un paradosso causato anche dal blocco delle assunzioni nel settore pubblico.
“C’è un numero considerevole di cittadini che ha bisogno di assistenza e si impegna economicamente per ottenerla, rivolgendosi in quota parte agli infermieri – spiega Annalisa Silvestro, Presidente della Federazione IPASVI –. Ma c’è anche chi utilizza un fai-da-te pericoloso, che va fino alla ricerca di soluzioni su internet, cosa che porta spesso a ricorrere poi al Pronto Soccorso. E c’è una parte di cittadini che si rivolge a personale non professionale e impreparato (badanti, familiari, conoscenti). Persone disposte ad aiutare ma senza competenze che possono far aumentare il rischio di manovre sbagliate e di impatti avversi per l’assistito”.
Dall’indagine Censis emerge che per l’82% degli intervistati la scelta di affidarsi a soggetti diversi dagli infermieri per alcune prestazioni è legata a questioni economiche (il 51% ritiene che pagare in modo continuativo un infermiere costi troppo e il 31,1% afferma che le badanti costano meno).
Ma il dato più macroscopico riguarda le carenze di assistenza sul territorio. Il 17,6% dei cittadini ha dichiarato di doversi arrangiare con altri perché gli infermieri non possono coprire orari lunghi nelle abitazioni, e il 10,1% che non ci sono abbastanza infermieri che vanno a domicilio: è qui, quindi, che il Servizio Sanitario Nazionale non c’è più”.
Nel dettaglio sono 8.700.000 gli italiani che nel 2014 hanno usufruito di prestazioni di assistenza infermieristica erogata privatamente e hanno speso per questa, di tasca propria, 2,7 miliardi di euro. Di questi, 6.900.000 assistiti hanno chiesto prestazioni una tantum, mentre 2.300.000 hanno avuto bisogno di prestazioni continuative. Ad aver bisogno di un’assistenza che il Servizio Sanitario Nazionale non ha garantito sul territorio sono stati il 44,4% dei non autosufficienti (1.400.000 persone), il 30,7% dei malati cronici (2.800.000) e il 25,7% degli ultrasettantenni (2.300.000).
I dati sono quelli della ricerca del Censis “Infermieri e nuova sanità: opportunità occupazionali e di upgrading. Le prestazioni infermieristiche nella domanda di assistenza sul territorio”, elaborata per la Federazione dei Collegi IPASVI in occasione del XVII Congresso nazionale, che si è tenuto a Roma e che ha riunito gli infermieri d’Italia per dibattere sul ruolo di questa figura professionale nella nuova Sanità e per sancire un nuovo Patto per l’assistenza con i cittadini.
Oltre 4.200.000 italiani nei dodici mesi precedenti l’intervista del Censis si sono rivolti a figure non infermieristiche (badanti, familiari, conoscenti, etc.) per avere prestazioni di tipo sanitario. Queste le ragioni: fiducia nella persona cui si fa ricorso (42%), costo eccessivo di un infermiere (33,7%), convinzione che per alcune prestazioni in realtà l’infermiere non sia indispensabile (31,5%). La maggioranza si dichiara tutto sommato soddisfatta delle prestazioni avute, e giudica gli eventuali danni subiti “residuali”.
Per il 50,9% degli italiani esistono prestazioni semplici (iniezioni o medicazioni), per cui l’infermiere non è indispensabile. Il dato è più elevato tra gli anziani (55,4%), che sono consumatori più intensi di prestazioni infermieristiche.
Tra coloro a cui si è fatto ricorso, le badanti sono una figura emblematica: nelle case in cui lavorano, gestiscono le terapie farmacologiche (88,8%), fanno iniezioni (32,3%), si occupano di eventuali bendaggi e medicazioni (30,4%), intervengono in caso di esigenze sanitarie che di solito richiedono il ricorso a infermieri (20,5%) e gestiscono l’uso del catetere (6,2%). Il 51,5% delle persone che impiegano una badante ritengono che la propria badante sia capace di svolgere prestazioni infermieristiche e il 30,6% la considera in grado di intervenire in caso di emergenze sanitarie.
Bisogna però considerare, come si è detto prima, che la mancanza di formazione di questo tipo di personale potrebbe arrecare danno agli assistiti, e che vi sono casi in cui l’intervento di personale infermieristico è essenziale. Il 51% degli italiani che ricorre alla badante per prestazioni sanitarie lo fa, in effetti, perché pagare un infermiere in modo continuativo sarebbe troppo costoso.
“L’assistenza è un’arte e se deve essere realizzata come un’arte, richiede una devozione totale e una dura preparazione”, Florence Nightingale, infermiera britannica nata a Firenze, nel 1820, e considerata la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna.
da ilpuntosalute | 5 Mag, 2015 | Informazioni mediche
Le lacrime sono un elemento fondamentale per la salute dell’occhio: è proprio lo strato di lacrime, il film lacrimale, a rivestire e proteggere la superficie oculare e la superficie interna delle palpebre. Durante il giorno un adulto produce mediamente 1-2 microlitri di lacrime al minuto. La costante produzione di lacrime è necessaria perché almeno un terzo del liquido prodotto evapora, e l’ammiccamento, che si ripete per almeno cinque volte al minuto, ha il compito di ripristinare il film lacrimale.
“Le lacrime sono fondamentali per la salute dell’occhio – precisa il Professor Stefano Bonini, Direttore della Cattedra di Oftalmologia del Campus Bio-Medico di Roma –. Distribuendosi sulla superficie oculare grazie all’ammiccamento delle palpebre, consentono infatti di mantenere lubrificato l’occhio. È sempre grazie al film lacrimale che l’occhio viene protetto da eventuali sostanze estranee e che la cornea riceve le necessarie sostanze nutritive. Per questi motivi occorre prestare sempre maggior attenzione alla comparsa dei sintomi tipici della patologia dell’occhio secco, affinché lo specialista possa intervenire tempestivamente e nel modo più appropriato, ripristinando la stabilità della pellicola lacrimale che deve sempre avere una componente acquosa, una grassa e una mucosa. Proprio per questo sono attualmente in sviluppo nuovi trattamenti che nel futuro potranno consentire di rispondere meglio ai bisogni non ancora completamente soddisfatti di molti pazienti”.
Nuove ricerche infatti si stanno sviluppando in ambito oftalmologico. “Si sta lavorando per individuare nuovi trattamenti. In particolare la Lubricina, un lubrificante naturalmente presente nell’organismo – riferisce Eugenio Aringhieri, CEO Gruppo Dompé –. Un ulteriore segnale di come la ricerca possa aprire percorsi terapeutici finora inesplorati”.
La sindrome dell’occhio secco può manifestarsi con sintomi e intensità molto diversi; i più comuni comprendono: bruciore, arrossamenti, sensazione di corpo estraneo nell’occhio, fastidio alla luce, difficoltà nell’apertura della palpebra al risveglio e, nei casi più severi, dolore e vista appannata.
Tra i fattori di rischio più frequenti:
- nel sesso femminile alcuni ormoni concorrono alla produzione di lacrime; una variazione nei livelli ormonali può quindi portare a una riduzione della produzione di lacrime naturali. Per questo motivo, la comparsa della sindrome dell’occhio secco è più frequente nella donna, specialmente nelle fasi in cui si sviluppano profonde modificazioni del profilo ormonale: durante la gravidanza, la menopausa o, ancora, in postmenopausa, periodo in cui di frequente sono somministrate delle terapie estrogeniche;
- età avanzata: gli anziani sono più esposti alla patologia, in quanto con il tempo può verificarsi una progressiva atrofizzazione delle ghiandole lacrimali, con una conseguente minor produzione di lacrime;
- farmaci e terapie: alcuni trattamenti come la radioterapia e diversi medicinali possono influire sulla comparsa del disturbo. Per questo occorre prestare particolare attenzione alla salute oculare in caso di trattamento con ormoni, medicinali immunosoppressori (ad esempio per patologie autoimmuni), antidepressivi e colliri;
- condizioni ambientali: l’esposizione protratta in ambienti con aria condizionata, lo smog, il fumo di sigaretta e i climi particolarmente asciutti, soleggiati o ventosi possono indurre secchezza oculare;
- frequente utilizzo di videoterminali, smartphone e tablet: la permanenza prolungata di fronte a pc, smartphone e tablet può aumentare il rischio di comparsa della sindrome dell’occhio secco a causa della costante attenzione visiva rivolta al monitor, associata alla diminuzione della frequenza dell’ammiccamento;
- uso frequente e prolungato di lenti a contatto, che possono contribuire all’evaporazione delle lacrime causando secchezza e irritazione oculare;
- chirurgia refrattiva: si ipotizza che la riduzione della sensibilità corneale sia alla base della riduzione dell’ammiccamento e della secrezione lacrimale in pazienti che si sono sottoposti a un intervento di correzione di vizi di refrazione quali, ad esempio, la miopia.
La sindrome dell’occhio secco, infine, può comparire come manifestazione oculare di alcune malattie autoimmuni, quali ad esempio la sindrome di Sjogren, il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerodermia, la psoriasi.
da ilpuntosalute | 24 Apr, 2015 | Benessere, Sport
Bottega Verde si tinge di azzurro e accompagna due giovani campioni sotto la doccia. Due orgogli del Settebello, la Nazionale Maschile di Pallanuoto, sono fan dei prodotti per la cura della persona di Bottega Verde e hanno scelto di coccolarsi con la nuova Linea Uomo: si tratta di Andrea Fondelli e Niccolò Figari, pallanuotisti della ProRecco.
Andrea Fondelli, classe 1994, miglior giocatore del mondo nel 2013, è stato scelto dal CONI e da UnipolSai per rappresentare la pallanuoto nel team Young Italy alle Olimpiadi di Rio 2016.
Niccolò Figari, classe 1988, difensore con la spiccata propensione ai gol, vanta il Collare d’Oro al merito sportivo, la più alta onorificenza conferita dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
Sacrificio, passione e costante ricerca della qualità sembrano i punti fermi di Andrea e Niccolò, che non lasciano al caso nemmeno la scelta dei prodotti beauty: la fragranza Man Style di Bottega Verde, col suo mix di note coinvolgenti, dai toni freschi degli agrumi a quelli caldi delle spezie e della mirra, rispecchia al meglio la grande personalità dei due atleti.
Andrea Fondelli ha scelto Shampodoccia Relax-Action della Linea Uomo + Sport che, con ingredienti tonificanti e rinfrescanti come la menta, contrasta il rischio di disidratazione di pelle e capelli a cui è esposto a causa della prolungata permanenza nell’acqua carica di cloro.
Giusto compromesso tra praticità e rilassamento istantaneo, lo Shampodoccia Relax-Action è la soluzione ideale per detergere e tonificare la pelle tra un allenamento e una partita con la Nazionale, con la quale agli scorsi Europei di Budapest i due sportivi hanno ottenuto la medaglia di bronzo.
Per iniziare la giornata con una buona carica mattutina, i due campioni scelgono Uomo Fresh Power Gel da Barba emolliente all’Aloe, che permette una rasatura facile e veloce e lascia sulla pelle una piacevole sensazione di fresco. L’Aloe, infatti, esercita un’azione lenitiva, idratante, emolliente, dermoprotettiva e calmante sui tessuti infiammati.
Dopo giornate trascorse in acqua, i due campioni del Settebello hanno bisogno di prodotti pratici e delicati, utilizzabili anche più volte al giorno, per presentarsi al meglio in occasione degli impegni sociali che li attendono fuori dalla piscina. I campioni infatti, sono impegnati anche a livello sociale: Andrea Fondelli, ad esempio, è testimonial di importanti associazioni impegnate nel promuovere prevenzione e ricerca contro gravi malattie del midollo e dell’apparato genitale maschile.
Niccolò e Andrea rappresentano un esempio di sport “pulito” e salutare Made in Italy, un modello che siamo orgogliosi di poter esportare in tutto il mondo.
da ilpuntosalute | 21 Apr, 2015 | Informazioni mediche
“Nell’80% dei casi il tumore del polmone è correlato al fumo di sigaretta: un fumatore che consuma 20 sigarette al giorno per vent’anni ha un rischio del 2.000% di ammalarsi, mentre il fumo passivo aumenta questo rischio del 20-30% – dichiara il professor Andrea Ardizzoni, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma –. Il carcinoma polmonare è una malattia tipica dell’età avanzata: la diagnosi avviene di solito attorno ai 65-70 anni, ma, a causa dell’invecchiamento della popolazione, l’età si sta spostando oltre. Grazie alla legge Sirchia abbiamo assistito a una flessione annua (- 2% annuo) dei tumori polmonari negli uomini, si riscontra però un aumento della patologia tra le donne. Un fenomeno emergente è la comparsa di tumori polmonari tra le persone che non hanno mai fumato”.
Da alcuni anni lo studio dell’assetto genico del cancro ha modificato radicalmente la classificazione dei tumori polmonari. È ormai superata la tradizionale distinzione tra carcinoma polmonare “a piccole cellule” e “a grandi cellule”: all’interno del carcinoma polmonare “non a piccole cellule” (NSCLC) vengono distinti tumori anaplastici, squamosi e non squamosi, questi ultimi chiamati adenocarcinomi. Tale distinzione è imprescindibile per identificare l’opzione terapeutica corretta, scelta sulla base delle informazioni istologiche e genetico-molecolari del singolo tumore.
La scoperta dei diversi tipi di tumore polmonare “non a piccole cellule” ha permesso di compiere, nell’ultimo decennio, enormi progressi sul fronte dello sviluppo di nuove terapie che agiscono in modo mirato su specifiche mutazioni geniche. La molecola più recente è crizotinib, terapia mirata per il recettore ALK.
I benefici di questa molecola, sia nel prolungare la sopravvivenza libera da malattia, sia nel migliorare la sintomatologia e la qualità di vita, sono talmente importanti che lo studio di fase I è stato considerato sufficiente per l’approvazione e la registrazione del farmaco da parte dell’FDA. In Europa il farmaco è stato autorizzato dall’EMA a fine ottobre 2012 e, al momento, in Italia è disponibile attraverso i meccanismi previsti dalla legge 648.
La medicina personalizzata e la conoscenza dei meccanismi molecolari alterati aprono nuove prospettive di cura, consentendo di trattare per la prima volta anche tumori finora privi di una terapia specifica, come quelli ALK-positivi, e migliorando la qualità di vita dei pazienti.
Ecco alcune precisazioni del professor Andrea Ardizzoni.
Il tumore del polmone è la neoplasia con il maggior tasso di incidenza e di mortalità nel mondo. Quali sono i numeri della diffusione di questo big killer nel nostro Paese?
Il carcinoma polmonare si posiziona tra i principali big killer al mondo, con picchi di incidenza più elevati nei Paesi industrializzati e in alcuni Paesi emergenti quali Cina, India e Sud America. In Italia si ipotizzano per il 2014 (dati AIOM-AIRTUM) almeno 39 mila nuove diagnosi, che incideranno per 1/4 sulla popolazione femminile e per 3/4 su quella maschile. Nel complesso, le nuove diagnosi di carcinoma polmonare rappresentano l’11% di tutti i nuovi casi di tumore. Si stima che il rischio di sviluppare un tumore del polmone nel corso della vita riguardi un uomo su 9 e una donna su 36, indipendentemente dai fattori di rischio.
Quali sono i fattori di rischio e le fasce di popolazione più colpite?
Il principale imputato nel favorire la comparsa di un carcinoma polmonare è il fumo di tabacco:
l’80-90% dei tumori polmonari è strettamente correlato a questa abitudine e la migliore prevenzione è evitare di iniziare a fumare. Altri fattori di rischio sono rappresentati da sostanze tossiche ambientali quali asbesto, nichel e in misura minore cromo, e da inquinanti atmosferici, in particolare polveri sottili.
Un fenomeno emergente è la comparsa di tumori polmonari tra le persone che non hanno mai fumato. Le stime confermano una maggiore incidenza al Nord, specie nella popolazione femminile, per quanto riguarda l’Italia, e un’incidenza in netto aumento nel Paesi dell’Est europeo (Romania, Bulgaria, Turchia, Russia, Polonia), in India, in Cina, in Giappone, e in America del Sud, dove l’abitudine al fumo di sigaretta è radicata e la legislazione meno rigorosa.
In Oncologia si sta affermando il concetto di medicina personalizzata: cosa si intende e quali sono i vantaggi?
L’idea di personalizzare le cure e l’assistenza si è diffusa a tutte le branche della medicina, non solo in Oncologia. Il principio su cui si fonda la cosiddetta medicina personalizzata è quello di tendere a una cura sempre più “ritagliata” sul paziente, al quale va riconosciuta centralità all’interno del percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale. Il concetto di medicina personalizzata nasce dal presupposto secondo il quale ogni individuo è diverso, e una stessa malattia si manifesta, evolve e risponde ai trattamenti in maniera del tutto individuale. Una volta acquisita e letta questa sorta di “carta di identità” del paziente e della patologia, attraverso la conoscenza delle diversità individuali, delle caratteristiche del tumore e di come esso possa rispondere ai vari trattamenti, dei molteplici fattori che possono indurre la patologia e pronosticarne l’evoluzione, si sceglie la terapia che presenti il miglior rapporto rischio/beneficio per quello specifico paziente, con significativi miglioramenti in termini di efficacia e qualità di vita.
Alla luce dello sviluppo della medicina personalizzata come evolvono l’approccio e le tecniche diagnostiche nel NSCLC?
In passato il tumore polmonare veniva classificato in modo molto pragmatico in microcitoma (tumore polmonare a piccole cellule, aggressivo, non operabile e sensibile alla radioterapia e alla chemioterapia) e non microcitoma (tumore polmonare a grandi cellule/adenocarcinoma, meno aggressivo, operabile se possibile, ma meno responsivo alle terapie mediche). Una classificazione grossolana basata esclusivamente sul quadro istologico. Attualmente le informazioni che riusciamo a ottenere sono molto più numerose e di conseguenza anche la classificazione è più articolata. All’interno del carcinoma polmonare inquadrato come NSCLC abbiamo individuato un’ulteriore sottoclassificazione: tumori squamosi e non-squamosi, questi ultimi comprensivi degli adenocarcinomi e dei carcinomi a grandi cellule. Tale distinzione è imprescindibile ai fini della scelta terapeutica, che ormai viene declinata sulla base delle informazioni istologiche e, soprattutto, genetico-molecolari del tumore.
L’oncologo deve poter contare, oltre che sull’esame microscopico, su una diagnosi fondata sulle caratteristiche molecolari della neoplasia. Il patologo interviene con sofisticate indagini di diagnostica genetica e molecolare all’interno del DNA della cellula tumorale per individuare e riconoscere specifiche alterazioni dei geni. Attualmente sappiamo che essi possono andare incontro a rotture che, se non vengono autoriparate, danno il via a una moltiplicazione cellulare incontrollata. La possibilità di scoprire specifiche alterazioni geniche ha contribuito alla messa a punto di terapie mirate a specifici bersagli genici o molecolari. È questa l’evoluzione più importante alla quale stiamo assistendo anche nel campo dei tumori polmonari NSCLC.
Per alcune forme di tumore l’avvento di terapie mirate ha rappresentato una svolta in termini di sopravvivenza e di qualità di vita. Quali sono i risultati e le prospettive di questo approccio nel trattamento del tumore del polmone?
Trattare alcuni tumori polmonari in maniera innovativa è già possibile. In particolare possiamo intervenire nella pratica clinica su due alterazioni geniche. La prima è la mutazione o delezione del gene EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor) che codifica per un recettore cellulare (una specie di serratura sulla superficie della cellula tumorale) al quale si lega un importante fattore di crescita cellulare (una sorta di chiave che apre la serratura). Quando è presente questa alterazione molecolare disponiamo di uno specifico farmaco che entra nella cellula e blocca la proliferazione cellulare indotta dal legame del fattore di crescita con il suo recettore (la chiave non riesce più a girare nella serratura). In termini assoluti solo un tumore polmonare su dieci presenta questa mutazione, ma il 40-50% dei tumori NSCLC che si manifestano nei soggetti non fumatori è caratterizzato dall’alterazione EGFR.
Per questa alterazione sono già disponibili due terapie mirate, piccole molecole, gefitinib ed erlotinib e una terza è in arrivo, afatinib, approvata dagli enti regolatori europei. I risultati sono piuttosto incoraggianti dal momento che nell’80-90% dei casi il tumore regredisce, e a volte scompare del tutto, con miglioramento della sintomatologia e anche della qualità di vita, dato che questi farmaci si assumono per via orale, hanno scarsa tossicità e consentono al paziente di evitare la chemioterapia.
La seconda alterazione riguarda un gene denominato ALK (identificato per la prima volta nei linfomi anaplastici), presente in una piccola percentuale (5%) di NSCLC. Questa alterazione molecolare si manifesta prevalentemente nei giovani, nei non fumatori o nei fumatori moderati. A causa di un riarrangiamento, il gene ALK modifica la sua posizione all’interno del cromosoma con conseguente produzione di una proteina alterata che stimola la trasformazione cellulare e la crescita incontrollata. Al momento, per i pazienti pretrattati affetti da NSCLC ALK+ è indicato il farmaco crizotinib.
Il tumore del polmone è molto intelligente ed è in grado di trovare meccanismi di escape anche a terapie precise sviluppando nel tempo una resistenza pure nei confronti di farmaci molto mirati a target molecolare. È sufficiente che una sola cellula resistente sopravviva al trattamento perché possa moltiplicarsi e dare origine a un carcinoma completamente diverso, costringendo il patologo e l’oncologo a una nuova caratterizzazione della neoplasia, come se si trattasse di una prima diagnosi. Pertanto bisognerà eseguire nuovamente una biopsia, con lo studio delle caratteristiche istologiche e genetico-molecolari, per poter ridefinire la strategia terapeutica più adatta.
Nell’ambito del tumore del polmone quali sono i marker molecolari per i quali ci si può aspettare in futuro terapie mirate?
È ovvio che la ricerca non si ferma. Ci sono altre alterazioni che cominciano ad affacciarsi e per le quali arriveranno nuovi farmaci mirati. Un esempio è l’alterazione ROS1, diversa da ALK, ma pur sempre dovuta a un riarrangiamento di un gene che, a quanto sembra dai primi risultati di studi clinici, risponde bene a crizotinib. Questa mutazione è piuttosto infrequente, si rintraccia infatti in appena l’1% dei tumori polmonari NSCLC.
Un’altra è costituita dalla mutazione del gene BRAF, per la quale abbiamo già un farmaco potenzialmente efficace in commercio per il trattamento di alcuni tumori della pelle. Anche in questo caso si tratta di una mutazione rara, presente nell’1-2% dei tumori NSCLC. Ancora, in una percentuale molto bassa (<1%) di NSCLC è presente la mutazione del gene HER2 che rende questi carcinomi sensibili a un anticorpo monoclonale, trastuzumab. Infine, con una frequenza piuttosto consistente, circa il 30%, riscontriamo l’alterazione del gene KRAS dovuta a una vera e propria rottura indotta dai componenti del fumo di sigaretta. Per questi pazienti, circa 1/3 di quelli con tumore NSCLC, non è ancora disponibile una terapia specifica in quanto le poche sperimentate non hanno dato i risultati sperati. In totale per il 50% dei tumori polmonari al momento non si è riusciti ancora ad identificare un’alterazione genica dominante, tale da rappresentare la causa principale della patologia. Per questi pazienti disponiamo delle terapie tradizionali, chemio e radio, che seppur in modesta misura negli anni sono in qualche modo migliorate in quanto a efficacia e tollerabilità.
IL TUMORE AL POLMONE
Il tumore del polmone rappresenta la principale causa di morte per tumore nel mondo industrializzato, con oltre un milione di decessi in entrambi i sessi, ed è in costante crescita in Paesi emergenti quali Cina, India, Brasile dove l’abitudine al fumo è consolidata.
Questa neoplasia è spesso sottodiagnosticata a causa di una sintomatologia subdola, o in molti casi assente, ed è circondata ancora oggi da paure e tabu per la sua grande diffusione, per la mancanza di terapie in grado di assicurare la guarigione e anche per lo stigma che colpisce i fumatori che si ammalano.
Epidemiologia
Negli Stati Uniti, 200 mila sono le nuove diagnosi ogni anno, in Europa sono 350 mila, mentre in Italia per il 2014 si attendono circa 39 mila nuovi casi, con un’incidenza pari all’11% di tutti i tumori e con circa 35 mila decessi (dati AIOM-AIRTUM).
La percentuale di sopravvivenza dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore polmonare e avere effettuato un trattamento è inferiore rispetto a quella di altri tumori perché raramente questo cancro viene individuato in uno stadio iniziale. A 5 anni sopravvive un paziente su 10. L’età in cui il tumore del polmone di solito si manifesta è tra i 55 e i 75 anni. Negli ultimi anni si riscontra una maggiore incidenza di questo tumore tra le persone di 40-50 anni, tra i non fumatori e gli ex fumatori e, soprattutto, tra le donne, fumatrici e non fumatrici.
Fattori di rischio
L’esposizione al fumo di tabacco, incluso il fumo passivo, protratta negli anni è la causa nell’80-90% dei casi di tumore del polmone. Il fumo, in conseguenza delle sostanze chimiche che si sprigionano dalla combustione del tabacco, danneggia in maniera irreversibile le cellule e i vasi sanguigni del tessuto bronchiale e polmonare nonché quelli di molti altri organi (bocca, laringe, faringe, trachea, esofago, occhio, vescica, rene, collo uterino, pancreas). Non iniziare a fumare o smettere precocemente è la sola arma preventiva disponibile.
Altri fattori di rischio riguardano l’esposizione ad agenti cancerogeni ambientali quali amianto (asbesto), radon, nichel, arsenico, e in misura ridotta cromo; pesante l’azione degli inquinanti atmosferici, in particolare le polveri sottili.
Oltre alle cause “esterne”, che aumentano il rischio di ammalarsi di tumore polmonare, esiste una predisposizione personale, ossia vi sono persone che possono ammalarsi più facilmente rispetto ad altre. Queste persone non sono purtroppo individuabili a priori, poiché la predisposizione ad ammalarsi dipende da alterazioni del codice genetico (o DNA) che non sono ancora state interamente identificate.
Sintomi
Uno dei motivi per cui il tumore del polmone non viene riconosciuto per tempo riguarda il modo e i tempi in cui si manifesta. Segni e disturbi non sempre compaiono, e a volte i sintomi si presentano quando la malattia è ormai conclamata e in stato avanzato di diffusione. Solo il 15% dei tumori polmonari è diagnosticato nella fase iniziale.
La sintomatologia è subdola, aspecifica, tanto da far pensare ad altre patologie minori come un’influenza, una bronchite, una banale raucedine da freddo molto frequente tra i fumatori.
Possono essere considerati segnali di allarme:
- tosse, può variare da qualche colpo nelle 24 ore, a una forma persistente. Può essere secca o produttiva con catarro;
- emoftoe, catarro con striature di sangue rosso vivo;
- dolore al petto che può irradiarsi alla spalla e al braccio e muta di intensità cambiando di posizione;
- dispnea, mancanza di fiato;
- infezioni respiratorie ricorrenti quali bronchiti, broncopolmoniti, polmoniti.
Altri segnali d’allarme da non sottovalutare sono: cambiamento della voce, perdita di appetito, perdita di peso, spossatezza senza motivo apparente. Quando il tumore inizia a diffondersi possono manifestarsi sintomi quali mal di testa, dolori ossei e articolari, febbricola, ingiallimento della sclera dell’occhio e della cute, che vanno sotto il nome di sindrome paraneoplastica.
Classificazione e sottotipi di tumore polmonare
Il tumore del polmone prende origine dalle cellule che rivestono tutte le vie aeree superiori e inferiori. La prima cellula che diventa neoplastica è una cellula bronchiale. La classificazione del tumore polmonare si basa prima di tutto sulle caratteristiche microscopiche delle cellule, il cosiddetto quadro istologico che permette di distinguere:
- carcinoma del polmone a piccole cellule, SCLC (small cell lung cancer), chiamato comunemente microcitoma o carcinoma a cellule a chicco di avena, che rappresenta il 15% di tutte le forme neoplastiche del polmone, tanto aggressivo che nel 75% dei casi alla diagnosi è già metastatizzato;
- carcinoma del polmone non a piccole cellule, NSCLC (non small cell lung cancer), la forma più comune che rappresenta il 75-80% di tutti i tumori polmonari. Si sviluppa e diffonde più lentamente e si differenzia in tre sottotipi:
- carcinoma a cellule squamose, rappresenta circa il 30% di tutti i casi di tumore polmonare, predilige i grandi bronchi, colpisce gli uomini e i soggetti anziani di entrambi i sessi. Può restare localizzato nella sede d’origine impiegando molto tempo prima di dare metastasi;
- adenocarcinoma, costituisce il 40% circa di tutte le neoplasie polmonari, si sviluppa nelle zone periferiche del polmone coinvolgendo la pleura, il foglietto di rivestimento della parete toracica e dei polmoni. È più frequente tra le donne e i non fumatori. È in costante aumento ed è il più frequente. Cresce ed evolve in metastasi rapidamente, con interessamento di linfonodi locali e a distanza;
- carcinoma a grandi cellule o anaplastico (poco differenziato), ha una frequenza di circa il 2%, con origine nelle zone periferiche. Al momento della diagnosi ha un volume discreto, per questo presenta un andamento peggiore rispetto agli altri due.
La quota restante è composta da altre morfologie non specificate.
Stadiazione di malattia
La valutazione della diffusione di un tumore polmonare si avvale per prima cosa della estensione della malattia. Il carcinoma a piccole cellule o microcitoma si distingue in: malattia limitata (torace mediastino linfonodi regionali) e malattia estesa (metastasi a distanza). Il carcinoma non a piccole cellule basa la stadiazione sul sistema TNM dove T sta per dimensione e rapporti con organi vicini, N sta per numero di linfonodi coinvolti, M per metastasi.
- Stadio I: il tumore non è diffuso, è piuttosto piccolo e resecabile.
- Stadio II: il tumore è diffuso a linfonodi e tessuti vicini. È operabile.
- Stadio III: il tumore è diffuso al torace, ai linfonodi mediastinici o del collo. Non è operabile.
- Stadio IV: presenti metastasi in diverse parti del corpo.
Prevenzione primaria
Non ci sono screening validati per il carcinoma polmonare. L’unica forma di prevenzione sicura è non iniziare a fumare o smettere prima possibile se si è fumatori. Molto discussa l’opportunità di effettuare la TAC nei soggetti fumatori; sono in corso studi su numeri molto grandi.
Diagnosi
Il tumore del polmone può crescere per molti anni senza provocare alcun sintomo; questo significa che nella maggior parte dei casi la diagnosi non viene eseguita in fase iniziale di malattia. Al momento non esistono ancora test di screening validati (sicuramente confermati) su larga scala, come quelli già in atto per le forme di tumore che colpiscono seno, utero e colon.
Di solito si arriva all’accertamento diagnostico attraverso controlli occasionali o perché il tumore, già esteso, inizia a manifestare sintomi.
Il primo esame è la radiografia toracica. Il percorso diagnostico prevede poi l’analisi dell’espettorato, la broncoscopia, la TAC con mezzo di contrasto, eventualmente una PET con mezzo di contrasto marcato con radioisotopo, una scintigrafia ossea e, se l’oncologo e il radiologo lo ritengono opportuno, una RMN cerebrale.
Identificare il tipo e il sottotipo di tumore è indispensabile per guidare il medico nella scelta tra le possibili opzioni terapeutiche.
da ilpuntosalute | 20 Apr, 2015 | Nutrizione
Per affrontare le calde giornate estive e per reidratarsi dopo un’attività fisica, Depuravita fornisce alla clientela una nuova bevanda idratante e depurativa: AQUA COCCOVERA, un incontro di acqua di cocco e aloe vera.
L’acqua di cocco è presente all’interno del cocco verde e la sua composizione salina è simile a quella delle nostre cellule, rendendola una bevanda isotonica e rimineralizzante, preziosa per l’organismo. L’acqua di cocco è utile alla reidratazione e ricchissima di elettroliti, sali minerali come potassio, calcio e magnesio e amminoacidi essenziali. Agisce positivamente sull’intestino e ha proprietà anti-invecchiamento, antibatteriche e antiossidanti. Inoltre, nella medicina ayurvedica è utilizzata come bevanda disintossicante.
L’aloe vera è composta da foglie carnose da cui si estrae il succo: una miniera di oltre 70 elementi nutrienti fra cui sali minerali, vitamine, amminoacidi, enzimi e altre sostanze di origine vegetale. L’aloe vera viene utilizzata a scopo lenitivo, antinfiammatorio, immunostimolante, antitumorale e depurativo, con azione particolarmente benefica sull’apparato gastrointestinale.
Il menù Depuravita Coccovera offre tre bottiglie, da bere preferibilmente lontano dai pasti almeno una volta al giorno per 3 giorni. Questa nuova linea aqua è indicata per il recupero a seguito di attività sportive. La bevanda è da consumare indicativamente entro 5 giorni dall’acquisto.
Depuravita, inoltre, sale a bordo dell’Ape Car per portare freschezza e ristoro a tutti. Le strade di Milano si colorano di tutte le vivaci sfumature dei succhi detox. Lo scopo dell’iniziativa è diffondere una dieta detox a base di succhi naturali per porre maggiore attenzione alla salute dei cittadini.
Aqua Coccovera permette di prendersi cura del proprio organismo e come afferma Jim Rohn, abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere.
Simone Lucci
Depuravita è una linea di succhi pensati per detossinare l’organismo e caricarlo di nuova vita. La filosofia di Depuravita è di creare succhi ricchi di vitamine, sali minerali, antiossidanti e altre componenti utili al benessere di corpo e mente, con una particolare attenzione a come vengono associati fra loro i diversi tipi di frutta e verdura. I succhi liberano l’organismo dalle tossine e forniscono tutti gli elementi nutritivi di cui ha bisogno. I prodotti sono studiati dalla nutrizionista olistica Veronica Pacella. Nessun conservante, additivo chimico o dolcificante è aggiunto. 100% frutta e verdura. Per la produzione dei succhi viene utilizzata la tecnica della spremitura a freddo che mantiene intatte tutte le proprietà nutritive.
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SANI E DEPURATI CON BEVANDE DA FIABA
da ilpuntosalute | 14 Apr, 2015 | Vino
L’anidride solforosa (solfiti, SO2), da sempre ritenuta un additivo insostituibile in enologia per le sue proprietà antiossidanti, viene utilizzata, in quantità più o meno elevate, per il controllo dei processi fermentativi del vino e per la sua chiarificazione e stabilizzazione.
La presenza nel vino di anidride solforosa costituisce però un problema per il suo potenziale altamente allergenico nei confronti di una parte dei consumatori: circa cinque su mille. E può provocare, anche in persone non allergiche, effetti sgradevoli come gonfiore addominale, mal di testa, infiammazione degli occhi, orticaria, infiammazione gastrointestinale.
Nel vino i solfiti sono presenti da anni, in piccole quantità per non nuocere alla salute.
I solfiti sono addizionati, in virtù delle loro proprietà antiossidanti e antimicrobiche, anche a numerosi altri alimenti: crostacei freschi o surgelati, biscotti, farine, ortaggi sott’aceto e sott’olio, funghi lavorati o secchi, frutta secca, marmellate, zucchero, birra, snack a base di cereali, e patate, sbucciate, disidratate, o in forma di gnocchi.
I solfiti sono originati dai processi naturali di fermentazione in concentrazioni comprese fra 6 e 40 milligrammi per litro. In Italia l’anidride solforosa è l’unico antisettico permesso in enologia, e la legge fissa dei limiti massimi, che nei vini destinati al consumo diretto sono di:
200 mg/L per i vini bianchi secchi,
250 mg/L per i vini bianchi e rosé dolci,
300 mg/L per i vini dolci passiti (in particolare nei Sauternes francesi il limite massimo è di 400 mg/L),
150 mg/L per i vini rossi secchi,
250 mg/L per i vini rossi dolci,
185 mg/L per gli spumanti di qualità.
Per il loro potere allergizzante, da alcuni anni, nel mercato americano prima e in quello europeo dopo, nei casi in cui è superata la soglia di 10 milligrammi per litro, è obbligatorio indicare sull’etichetta delle bottiglie di vino la dizione “Contiene solfiti”, “Contiene anidride solforosa”, “Contains sulfites”. Indicazione che vale ovviamente anche per i vini provenienti dall’estero.
Negli ultimi anni i produttori hanno limitato l’utilizzo dell’anidride solforosa sia nella vinificazione che nella stabilizzazione dei vini, e c’è pure chi ha incominciato a produrre vini senza solforosa aggiunta per presentare il vino come prodotto del tutto naturale, riportando in etichetta l’indicazione “Senza solfiti aggiunti” oppure “Contiene solfiti naturali”. Cresce infatti, giorno dopo giorno, la richiesta di alimenti “naturali”, ottenuti con il minimo uso e contenuto di prodotti chimici. Si va sempre più alla ricerca di cibi sani, che non abbiano controindicazioni per la salute e per il benessere della persona.
SPUMANTE METODO CLASSICO, MADE IN SICILY E SENZA SOLFITI
Fervide bollicine spumeggianti. Bollicine frizzanti e stuzzicanti che scivolano in gola. Bollicine briose che racchiudono il sole di Sicilia. Una sinergia tra pubblico e privato, avvalendosi di poche risorse economiche, ha dato vita a uno Spumante metodo classico solfiti free che porterà benefici alla filiera vitivinicola e, soprattutto, ai consumatori allergici alla solforosa.
Per la prova di micro-vinificazione è stata utilizzata uva di varietà Grillo, allevata a contro spalliera e fornita gratuitamente dai soci della Cantina Colomba Bianca.
La raccolta è stata fatta manualmente e i grappoli sono stati posti in cassette, in modo da arrivare in cantina il più possibile integri. “Particolare cura è stata dedicata all’igiene della cantina e delle attrezzature utilizzate – spiega Gaspare Signorelli, Enologo Funzionario Direttivo Unità Operativa Specializzata Marsala, Centro Innovazione Filiera Vitivinicola –. Nella tecnica è previsto il lavaggio dell’uva, prima di dare inizio alla vinificazione. Tale procedimento ha numerosi vantaggi: la riduzione dei quantitativi di zolfo presenti nel grappolo, dovuti ai trattamenti, e la riduzione dei lieviti naturali responsabili della generazione di solfiti ‘naturali’.
L’uva, dopo la pesatura, è stata diraspata e pigiata; alla massa ottenuta è stato aggiunto l’enzima e si è proceduto alla decantazione a freddo. Dopo 24 ore si è spillato il mosto pulito e si è aggiunto il lievito selezionato, opportunamente idratato e acclimatato, su tutta la massa, e successivamente sono stati immessi i nutrienti per i lieviti. La temperatura di fermentazione è stata mantenuta entro i 20°C”. Ottenuto il vino base spumante si è passati al tiraggio, che consiste nell’aggiunta di lieviti e 24gr/L di zucchero, per rendere il prodotto frizzante”. Dopo circa 3 – 4 mesi le bottiglie, grazie all’utilizzo di lievito in biglia, sono state agitate e rovesciate in modo da favorire al lievito e all’eventuale residuo feccioso di localizzarsi in prossimità del tappo. Dopo almeno nove mesi dal tiraggio, come prevede la normativa, è stata effettuata la sboccatura, che consiste nel ghiacciare il contenuto dell’estremità del collo della bottiglia facendolo fuoruscire. Si è provveduto poi a sostituire il liquido mancante prelevandolo da un’altra bottiglia e si è proceduto alla chiusura definitiva della bottiglia con tappo in sughero, gabbietta ed etichettatura.
“Ottenuto lo spumante è necessario effettuare nuovamente le analisi della solforosa totale per essere sicuri che il prodotto finito sia al di sotto della soglia di 10 mg/l – precisa Gaspare Signorelli –. E in questo caso le analisi ci hanno confermato che l’obiettivo è stato raggiunto: 1,5 mg/l di solforosa totale”.
Un lavoro di squadra fra Tecnici Agronomi ed Enologi che hanno creato un protocollo di vinificazione, hanno utilizzato le biotecnologie e hanno escluso dal protocollo convenzionale l’utilizzo di additivi chimici quali anidride solforosa, acido ascorbico, lisozima, caseinato di potassio, albumina e gelatina. Additivi permessi dalla legge anche per vini che si fregiano delle denominazioni DOC e DOCG.
E adesso un brindisi: alla Sicilia, alla salute, e senza mal di testa.
Clementina Speranza
Gruppo di lavoro:
Assessorato |
IRVOS |
Cantina Colomba Bianca |
Giuseppe Spartà |
Giuseppe Russo |
Filippo Paladino |
Vito Falco |
Salvatore Sparla |
Carlo ferracane |
Diego Genna |
Giuseppe Genna |
Mattia Filippi |
Antonio Parrinello |
Dina Giglio |
Antonio Pulizzi |
Giuseppe Bilello |
|
Nicola Mangiapane |
Gaspare Signorelli |
|
Fabio Barraco |
|
|
Giorgia Vento |
La cantina Colomba Bianca fondata nel 1970, con sede in provincia di Trapani, nella parte sud-occidentale della Sicilia, è gestita da una cooperativa di viticoltori. È tra le più grandi cantine siciliane: 2.167 soci che coltivano circa 8.100 Ha. di vigneti tra le province di Trapani, Palermo e Agrigento; 5 sedi distribuite su tutto il territorio; 33.244 Km di filari, che ospitano 29 varietà di uve autoctone e internazionali.
da ilpuntosalute | 9 Apr, 2015 | Informazioni mediche
Mal di schiena, dolori muscolari, artriti e artrosi sono alcune delle sintomatologie più frequenti che colpiscono oltre 20 milioni di italiani: un adulto su due. Un dolore localizzato per cui è spontaneo pensare a una soluzione che riesca ad agire proprio dove c’è il dolore.
“Il dolore, cronico o occasionale, rappresenta il principale motivo di consulto del medico di medicina generale, spiega Claudio Cricelli, Presidente SIMG, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie. Nel trattamento delle forme più comuni di dolore si cerca di evitare al massimo il ricorso ai trattamenti sistemici ove esista una valida alternativa come i cerotti antalgici antiinfiammatori. Questi farmaci sono da preferire al trattamento per bocca: sono di semplice impiego, ben tollerati, ben controllati e comodi. Gli anti-infiammatori non steroidei (FANS), come il diclofenac, sono farmaci ampiamente utilizzati nella pratica clinica e vengono prescritti in diverse patologie per il trattamento del dolore data la loro comprovata efficacia. I cerotti medicati a base di diclofenac sono in grado di risolvere tante situazioni in cui il dolore localizzato è trattabile con successo da questa opzione”.
I farmaci per uso locale (topico), in particolare i cerotti medicati antidolore, con oltre 5 milioni di confezioni vendute nel 2014 in Italia, risultano essere la prima scelta di chi deve risolvere un problema di dolore localizzato. Scelta confermata anche da diverse linee guida internazionali che sostengono l’impiego di questi presidi, prima del ricorso ai farmaci per uso orale o agli oppioidi, come ad esempio:
Eular-European League Against Rheumathism e ACR-American College of Rheumatology), Nice (National Institute for Health and Clinical Excellence)
“La ricerca di una soluzione al dolore, spiega Maria Vittoria Muzio, farmacista e Consigliere Federfarma Milano, è il motivo più frequente di ricorso al consiglio in farmacia. Per il farmacista è fondamentale poter disporre di una vasta gamma di medicinali senza obbligo di prescrizione, che consenta di scegliere tra diversi principi attivi e tra diverse vie di somministrazione quella più adatta non soltanto al disturbo, ma anche alle caratteristiche della persona che, sempre più spesso, è trattata per altre patologie e, quindi, è particolarmente esposta al problema delle interazioni farmacologiche. In questo senso, la disponibilità di medicinali di grande efficacia come i FANS in una forma farmaceutica poco invasiva come il cerotto medicato dà la possibilità di affrontare con indubbia efficacia e sicurezza i disturbi articolari e muscolari che ogni giorno affliggono migliaia di persone con grande praticità e facilità di applicazione”.
Il cerotto medicato contenente diclofenac epolamina (DIEP) assicura un’efficace azione antinfiammatoria e analgesica localizzata, con un lento e continuo rilascio del principio attivo nell’arco delle 12 ore. È possibile applicare fino a 2 cerotti al giorno per un periodo fino a 14 giorni. Il diclofenac è un farmaco dall’effetto antinfiammatorio, analgesico e antipiretico che rientra nella categoria degli antinfiammatori non steroidei (FANS) ed è una molecola largamente conosciuta e prescritta per le condizioni di dolore acuto e cronico. Questo farmaco è disponibile in diverse formulazioni iniettabili, orali e topiche. Diclofenac epolamina somministrato sotto forma di cerotto, grazie all’alta solubilità della molecola, assicura un’effettiva penetrazione nell’epidermide e un’azione a livello muscolare e della pelle. La molecola epolamina è un veicolo, senza attività farmacologica, utilizzato per aumentare la solubilità e quindi raggiungere gli strati più profondi del tessuto.
“La maggioranza dei pazienti che si rivolge a uno specialista ortopedico lamenta dolore in qualche parte del corpo. Dolore che può essere acuto e insorto in seguito ad un trauma, oppure cronico, che dura da tempo.
Nel primo caso il trauma cosiddetto minore può causare un’infiammazione di elementi del nostro sistema muscolo-scheletrico nei diversi distretti – spiega Paolo Cherubino, Past President SIOT, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia -. L’esempio più comune è l’infiammazione causata da un trauma tipo la distorsione, la cosiddetta storta ,riferita spesso alla caviglia, al ginocchio, ecc. Ma anche sollecitazioni muscolari in distrazione causano dolore spesso violento e di breve durata, da porre in diagnosi differenziale con la rottura del muscolo. Tra le forme croniche, la lombalgia e la tendinopatia della cuffia dei rotatori hanno un posto preminente come frequenza e come necessità di risolvere il problema il più rapidamente possibile. In questi e altri casi simili l’applicazione topica di un FANS è estremamente gradita perché non comporta la somministrazione per via orale o intramuscolare del farmaco, evitando così i ben noti effetti collaterali di tali vie di introduzione. I pazienti poi possono rinnovare da soli la medicazione, senza bisogno di ricorrere a un’infermiera o all’amico per l’iniezione intramuscolare e sono estremamente più sereni per ciò che riguarda gli effetti sull’apparato gastroenterico”.
da ilpuntosalute | 9 Apr, 2015 | Benessere
Eleganza, raffinatezza, unicità per uno dei giorni più importanti nella vita di una donna sono gli elementi che una neosposa ricerca affinchè, il giorno delle nozze, risulti indimenticabile.
L’abito non basta, il trucco giusto fa la differenza.
Limoni e La Gardenia hanno ideato un Wedding Beauty Program, un nuovo progetto dedicato a tutte le spose. É possibile aderire inoltrando una e-mail a oggimisposo@llg.eu per ricevere informazioni e prenotare la propria prova make up gratuita all’interno di uno dei punti vendita aderenti al progetto.
L’incontro, della durata di un’ora è composto da prova trucco, consigli preziosi di una delle make up artist e una consulenza relativa alla fragranza più adatta da “indossare” il giorno del fatidico sì.
Il servizio ha un costo promozionale di € 150, e comprende anche dieci voucher per le amiche e tutte le donne vicino alla futura sposa che il giorno della cerimonia desiderano regalarsi una seduta make up in una delle Profumerie Limoni e La Gardenia.
Altre informazioni sull’iniziativa alle pagine: limoni.it e lagardenia.com
Antonella Strozzi
da ilpuntosalute | 8 Apr, 2015 | Nutrizione
Una tazzina di porcellana per mantenere il calore e la fragranza, 7 gr di miscela per racchiudere molteplici sensazioni che stimolano i cinque sensi.
Dalla vista della schiuma cremosa, ai profumi pronti a inebriare l’anima e lo spirito, il rumore dell’acqua che bolle e ancora la sensazione sul palato che si svela morbida grazie agli oli che compongono il caffè per arrivare al gusto: dolce, acido e amaro si amalgamano per creare un unico sapore.
Prima di essere una consuetudine irrinunciabile per molti di noi, il caffè è una fonte di reddito per migliaia di piccoli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo. Si pensi che, nel mondo, il caffè, con una produzione di circa 6 milioni di tonnellate, è il prodotto più trattato dopo il petrolio.
Fairtrade Italia, consorzio che gestisce il marchio di Certificazione del commercio equo FAIRTRADE, per il secondo anno consecutivo, invita dal 10 al 19 Aprile a scegliere, al bar, un espresso proveniente da filiere che assicurano il rispetto dei lavoratori e dell’ambiente. La campagna è attiva su tutto il territorio nazionale.
Tra le torrefazioni che quest’anno aderiscono all’iniziativa Caffè Agust, Caffè Gioia, Caffè Goppion, Caffè Haiti Roma, Caffitaly, Equocaffè, Le piantagioni del caffè, Mokafè, Punto Equo, QIQ Italy,Torrefazione Caffè Gourmet,Torrefazione Caffè Schreyögg,Torrefazione Monforte eTorrefazione Paranà.
Gli esercizi aderenti all’iniziativa e altre informazioni sono cusoltabili su:
www.fairtradeitalia.it/caffefairtrade
Antonella Strozzi
da ilpuntosalute | 3 Apr, 2015 | Bio, Nutrizione
Miele di bosco, miele d’acacia, miele dell’Appennino, miele di agrumi, miele d’eucalipto, miele di tiglio, miele di sulla, miele di coriandolo sono solo alcuni dei deliziosi prodotti realizzati dal Mielizia. Il miele fornisce all’organismo calorie disponibili e non dannose per l’organismo. Il prodotto può essere consumato in tranquillità da persone sane e meno, ma soprattutto dagli atleti. Nell’alimentazione di chi pratica sport ad alti livelli, il miele è particolarmente indicato subito prima di uno sforzo fisico e immediatamente dopo, per recuperare le energie impiegate. L’alimento è consigliato anche a persone che svolgono attività “mentali”, in quanto è benefico per il cervello e il sistema nervoso, essendo in grado di “controllare” e aiutare l’efficienza mentale. Risotto agli asparagi condito con miele di castagno e semi di papavero, spaghetti noci e miele d’agrumi, agnello al miele d’acacia, arista al miele d’agrumi, spiedini di mazzancolle al lime, miele di timo e semi di papavero sono alcuni manicaretti che si possono cucinare con il “nettare degli dei”. Mielizia, brand di CONAPI, propone il miele di acacia, di sulla e di eucalipto in un contenitore totalmente biologico e biodegradabile.
CONAPI (Consorzio Nazionale Apicoltori), con sede a Monterenzio in provincia di Bologna, rappresenta numerosi produttori uniti dalla passione per le api, per i prodotti e per la natura. La produzione media annua supera le 2.500 tonnellate di miele, cui va aggiunta una linea di altri prodotti apistici e di confetture.
Uno storico brand di CONAPI è Mielizia. Mielizia è l’unione di due parole: miele e delizia. Gli apicoltori di Mielizia sono coltivatori di biodiversità e lavorano insieme alle api, creando le condizioni affinché gli insetti possano produrre mieli, pollini e prodotti apistici buoni e puliti. Dai nettari, le api producono mieli profumatissimi, una vera delizia per i sensi. È così che nascono i prodotti Mielizia.
Il brand Mielizia integra la sua linea di prodotti con tre nuove proposte innovative e rispettose dell’ambiente. La particolarità degli articoli commercializzati è il contenitore in cui il miele viene commercializzato. Mielizia propone sugli scaffali dei migliori supermercati e ipermercati, 3 nuovi mieli monoflora: acacia, eucalipto e sulla. Il miele è contenuto in una rivoluzionaria confezione di carta e PLA, acido polilattico che deriva dalla canna da zucchero, con il vantaggio di essere 100% compostabile. L’acquirente può contribuire al benessere dell’ambiente: sia sostenendo il mondo delle api attraverso l’uso di un prodotto realizzato nel rispetto della natura, sia evitando di produrre rifiuti terminato il prodotto. La confezione può essere inserita nell’organico dove si “scioglie” in circa cento giorni senza lasciare alcuna traccia, mescolandosi alla terra e arricchendola di sostanza.
Il miele è proposto in una confezione da 100 g, molto diversa dalle “classiche” confezioni in cui viene proposto prodotto, è pensata per un utilizzo settimanale che garantisce la possibilità di avere un prodotto sempre fresco, fino all’ultimo grammo e con una porzionatura perfetta per la realizzazione di moltissime ricette, come dimostrano dalle proposte dello chef Pietro Leemann.
Oltre a offrire prodotti salutare e genuini, Mielizia propone articoli attenti all’ambiente ed ecosotenibili.
Simone Lucci
Ecco alcune ricette proposte dallo chef stellato Pietro Leeman.
UN MIELE AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO
Catalana di ricotta di capra con scorze di arancia candite con Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori” e sorbetto di bucce di mela e pera con Miele di Acacia Mielizia “Noi Apicoltori” (gluten free)
Ingredienti per 10 persone
Per il sorbetto
200 g di bucce di pera chiara
200 g di bucce di mela gialla
500 g di acqua
80 g di succo di limone
100 g di Miele di Acacia Mielizia “Noi Apicoltori”
10 g di cannella in polvere
Per la catalana
300 g di ricotta di mucca
100 g di caprino
400 g di latte
5 g di anice verde
100 g di Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori”
50 g di maizena
80 g di zucchero di canna
80 g di scorze di arancia candite
Il Lato Dolce del Buono” è un risotto con gambi di carciofo, pesto di foglie, bucce di sedano verde e Miele di Sulla Mielizia “Noi Apicoltori”, senza latticini e gluten free. Per 10 persone, è sufficiente sbollentare 200 g di bucce e foglie di sedano verde per due minuti in 2,5 l di acqua salata con 20 g di sale per poi toglierle con una schiumarola e lasciarle raffreddare. Frullare poi i 200 g di foglie di sedano verde con 150 g di olio di oliva, salando e passando al setaccio fine, unendo poi 5 g di scorza di limone, aggiustare di sale e aggiungere pepe. Unire all’acqua di cottura delle foglie di sedano, 200 g di foglie di carciofo e cuocere lentamente per 20 minuti per poi filtrare il tutto. Tagliare 50 g di zenzero in piccoli cubetti, pelare e tagliare a cubetti di circa 0,5 cm 25 g di gambi di carciofo. Come da prassi, poi, mettere il riso Carnaroli in una pentola unta di olio dove tosterà leggermente, aggiungere i gambi di carciofo e portare a cottura aggiungendo, poco alla volta, il brodo che avremo ottenuto. A cottura ultimata, mantecare con 100 g di Miele di Sulla “Noi Apicoltori” Mielizia, lo zenzero, i 200 g di purea di sedano rapa (che si ottiene facilmente sbollentando e frullando il sedano rapa) e 80 g di succo di limone. Servire su piatti ben caldi e macchiare con il pesto di sedano verde.
TO BEE OR NOT TO BEE
3 paté – uno di patate peruviane e pelatura di rape, uno di ceci e bucce di carota e uno di borlotti, bucce e semi di zucca – realizzati con Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori” e serviti con insalata di germogli, crudità e Polline Mielizia e accompagnati da blinis di grano saraceno
Ingredienti per 10 persone
200 g di ceci
400 g di patate peruviane
200 g di fagioli borlotti
40 g di crema di sesamo
40 g di burro di arachidi
5 g di scorza di arancia grattugiata
20 g di succo di limone
200 g di bucce di carota
200 g di bucce di rapa
200 g di bucce di zucca
40 g di semi di zucca
5 g di olio di peperoncino
100 g di olio extravergine di oliva
50 g di aneto
100 g di Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori”
10 g di prezzemolo
5 g di timo
200 g di carote, sedano verde e rape tagliate a strisce sottili
100 g di germogli d’alfa alfa e di crescione
20 g di Polline
40 g di erba cipollina
fiori di aneto per la guarnizione
Sale e Pepe
Per i blinis
300 g di acqua
10 g di olio extravergine di oliva
1 bustina di lievito in polvere o Cremor Tartaro
200 g di farina di grano saraceno fine
20 g di farina di castagne
50 g di farina di riso
5 g di sale
“To Bee or Not To Bee” è una ricetta formata da tre paté – di ceci e bucce di carota; di borlotti e semi di zucca; di patate peruviane e pelatura di rape – realizzati con Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori” e proposti con insalata di crudità, germogli e polline e accompagnati da blinis di grano saraceno. Per un quantitativo per 10 persone, si procede lavando molto bene le bucce (200 g di bucce di carote, 200 g di bucce di zucca e 200 g di bucce di rapa) e cuocendole separatamente per 30 minuti in una pentola coperta con un goccio di olio, un bicchiere di acqua e un pizzico di sale. Quando avranno assorbito tutto il liquido, vanno frullate una dopo l’altra e passate al setaccio fine.
1° paté: Mettere a bagno 200 g di ceci per un’intera notte, cuocerli in pentola a pressione per 18 minuti e, infine, sgocciolarli, frullarli e passarli al setaccio. Scaldare leggermente 50 g di olio extravergine di oliva con 5 g di timo e versare il preparato sui ceci, unendo 40 g di crema di sesamo, la purea ottenuta dalle bucce di carote, 30 g di Miele di Eucalipto “Noi Apicoltori” Mielizia e un pizzico di sale.
2° paté: Mettere a bagno 200 g di fagioli borlotti per un’intera notte, cuocerli a pressione per 12 minuti e poi sgocciolarli, frullarli e passarli al setaccio. A questi, aggiungere 40 g di burro di arachidi e le bucce di zucca frullate con l’aggiunta di 30 g di Miele di Eucalipto, oltre a 5 g di scorza di arancia grattugiata e 20 g di succo di limone. In seguito, tostare 40 g di semi di zucca che andranno messi sopra al paté finito.
3° paté: Cuocere 40 g di patate peruviane pelate al vapore per 20 minuti, aggiungere le bucce di rapa frullate, passare il tutto al setaccio e far raffreddare velocemente per poi condire con 60 g di olio extravergine di oliva, 40 g di erba cipollina tagliata fine, 10 g di prezzemolo tritato e 30 g di Miele di Eucalipto, oltre a 5 g di olio di peperoncino e sale.
Per i blinis: unire 200 g di farina di grano saraceno fine, 50 g di farina di riso e 20 g di farina di castagne e aggiungere una bustina di lievito in polvere, 300 g di acqua mescolando il tutto per bene. Versare un paio di cucchiaiate del composto in una pentola ben calda e unta per ottenere dei blinis che andranno cotti 2 minuti per lato.
Sui piatti, disporre una cucchiaiata di ognuno dei tre paté, accompagnarli con i blinis e con un’insalatina di crudità (200 g di carote, sedano verde e rape tagliate a striscioline sottili) e 100 g di germogli d’alfa alfa e di crescione condita con un pizzico di sale, un goccio di olio di oliva e il polline.
IL LATO DOLCE DEL BUONO
Risotto con gambi di carciofo, pesto di foglie, bucce di sedano verde e Miele di Sulla Mielizia “Noi Apicoltori” (senza latticini e gluten free)
Ingredienti per 10 persone
600 g di riso Carnaroli
25 gambi di carciofo grandi
200 g di foglie di carciofo
200 g di bucce e foglie di sedano verde
200 g di purea di sedano rapa
50 g di zenzero fresco
100 g di Miele di Sulla Mielizia “Noi Apicoltori”
80 g di succo di limone
200 g di olio extravergine di oliva
5 g di scorza di limone tritata fine
Sale e Pepe
“Un Miele al Giorno toglie il Medico di Torno” è una catalana di ricotta di capra con scorze di arancia candite e Miele di Eucalipto Mielizia “Noi Apicoltori” e sorbetto di bucce di mela e pera con Miele di Acacia Mielizia “Noi Apicoltori”, assolutamente gluten free. La preparazione per 10 persone è molto semplice: per il sorbetto, cuocere 200 g di bucce di pera chiara e 200 g di bucce di mela gialla in 500 g di acqua con ad 80 g di succo di limone per 30 minuti a fuoco moderato; frullare il tutto e passarlo al setaccio. Unire 100 g di Miele di Acacia “Noi Apicoltori” Mielizia, 10 g di cannella e mettere in sorbettiera*.
Per la catalana, passare 300 g di ricotta di mucca e 100 g di caprino al setaccio; nel frattempo, portare ad ebollizione 400 g di latte e legarlo con 50 g di maizena disciolta in un goccio di acqua. Unire 5 g di anice verde tritato, la ricotta e il caprino e 100 g di Miele di Eucalipto “Noi Apicoltori” Mielizia. Mescolare bene e mettere in 10 stampi da catalana monoporzione. Quando i dolci saranno completamente freddi, spolverarli con 80 g di zucchero di canna e caramellarli con un cannello. Servirli adagiandovi sopra una pallina di sorbetto e le scorze di arancia candite.
da ilpuntosalute | 3 Apr, 2015 | Bio, Nutrizione
L’uovo di Pasqua ha origini molto antiche e si collega a riti legati alla primavera, stagione di fecondità e rinnovamento della natura. Durante i secoli, si sono aggiunte tradizioni e leggende legate a questo prodotto. L’uovo rappresenta la Pasqua nel mondo intero. Esistono diverse varietà di uova: dipinte, intagliate, di cioccolata, di terracotta e di carta pesta. Le uova vere, colorate o dorate hanno un’origine radicata nel passato, mentre le uova di cartone o di cioccolato sono di origine recente e se sono prodotte con una buona materia prima e nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, ancora meglio. In commercio sono presenti uova biologiche e solidali al cioccolato al latte e al cioccolato fondente, con il marchio di certificazione del commercio equo ed etico.
FAIRTRADE è un Marchio di Certificazione del commercio equo. Il sistema di certificazione Fairtrade garantisce il pagamento di un prezzo equo e stabile alle organizzazioni di produttori dei Paesi in via di sviluppo e assicura un margine di guadagno aggiuntivo da investire in progetti di sviluppo a favore delle comunità, come la costruzione di scuole, ospedali, corsi di formazione e borse di studio per i figli dei lavoratori. Inoltre, garantisce il rispetto dell’ambiente, della biodiversità e promuove pratiche di agricoltura sostenibile.
Fairtrade è attenta alle materie prime utilizzate per la produzione di uova di cioccolato. Sono commercializzate uova al cioccolato al latte e al cioccolato fondente realizzate con cacao e zucchero Fairtrade. Gli ingredienti provengono da organizzazioni della Repubblica Dominicana, Perù, Costa Rica, Swaziland, Paraguay e India.
C’è Ponchito è un gustoso ovetto di cioccolato al latte bio distribuito da Baum. L’articolo è realizzato con cacao e zucchero di canna del commercio equo certificato di Repubblica Dominicana e Paraguay. Le sorprese all’interno dell’uovo sono create da artigiani di Paesi in via di sviluppo e di cooperative sociali italiane.
E per gli amanti dei prodotti biologici, Antica Norba propone di cioccolato al latte o extrafondente Fairtrade. I prodotti sono distribuiti da Baule Volante. Grazie all’acquisto di uova di cioccolato al latte Fairtrade si può sostenere il progetto di solidarietà Sole, una Onlus piemontese. L’associazione raccoglie fondi per progetti in Africa. I guadagni delle vendite dello scorso anno sono stati utilizzati per realizzare un sistema di raccolta per l’acqua piovana e due cisterne da cinquemila litri in Mozambico.
Fairtrade fornisce molteplici dolci proposte realizzate con cacao e zucchero per augurare a tutti una serena Pasqua all’insegna della solidarietà e del biologico.
Simone Lucci
Fairtrade International è un’organizzazione non profit che lavora con agricoltori e lavoratori per migliorare le loro vite attraverso un commercio più equo. Fairtrade International sviluppa gli standard internazionali Fairtrade, supporta i lavoratori e coordina il sistema internazionale Fairtrade. Per maggiori informazioni: www.fairtrade.net
Fairtrade Italia rappresenta Fairtrade International e il Marchio di Certificazione FAIRTRADE nel nostro paese dal 1994. Lavora in partnership con le aziende concedendo loro in sub-licenza il Marchio FAIRTRADE come garanzia di controllo delle filiere dei prodotti provenienti dai Paesi in via di sviluppo, nel rispetto dei criteri di terzietà che l’ente di certificazione assicura. Inoltre facilita l’approvvigionamento di materie prime certificate e il consolidamento delle filiere in base alle richieste specifiche dei propri partner. Attualmente in Italia i prodotti Fairtrade sono in commercio in più di 5.000 punti vendita e il valore del venduto è di 76 milioni di euro. Per maggiori informazioni: www.fairtradeitalia.it
da ilpuntosalute | 3 Apr, 2015 | No profit
Vista mozzafiato dalle vetrate del trentanovesimo piano del palazzo della regione Lombardia fanno da cornice alla conferenza stampa realizzata per annunciare le nomination della seconda edizione di INFANT CHARITY AWARD (ICA) 2015.
ICA è il premio che viene assegnato ad associazioni no profit per quanto riguarda la cura dell’infante. Supporto psicologico, ricerca scientifica, affiancamento ai familiari dei piccoli pazienti sono alcuni dei premi che verranno assegnati nella serata di gala che si terrà a Palazzo Parigi a Milano il 16 Aprile 2015.
Otto le categorie che compongono l’evento: Associazioni Mediche, Associazioni per la ricerca, Sviluppo alla cultura e sostegno all’infanzia, Assistenza perinatale in casi di malattie genetiche gravi, Associazioni di aiuto alle strutture ospedalieree alla ricostruzione, Associazioni adozioni a distanza e sostegno paesi del terzo mondo, supporto psicologico bambini ospedalizzati, Associazioni per le adozioni.
Le ventiquattro onlus a concorrere sono: Operation Smile, Emergenza Sorrisi, Bambini Cardiopatici nel mondo, Ela, Noi per voi, Insieme ad Andrea si può, Le Coccinello Onlus, SOS Villaggio dei Bambini, Fondazione Pupi, Associazione Ciao Lapo, Associazione La Quercia Millenaria, Associazione Laurora, Associazione Peter Pan, Fondazione Ronald Mc Donald, Comitato Maria Letizia Verga, Action Aid, Terres deh Hommes, Fondazione Rava – NPH Italia Onlus, Associazione Teodora, Associazione VIP Italia Onlus, Dottor Sorriso, CIAI, AIBI, International Adoption.
Oltre ad annunciare I vincitori, verranno consegnati dei premi speciali a molteplici personaggi dello spettacolo, della moda e dello sport. Enzo De Caro, Menaye Donkor Muntari e Javier Zanetti sono solo alcuni nomi annunciati in conferenza stampa.
Tutti i proventi della serata andranno a sostegno dell’Associazione il Cuore di Giampi per l’acquisto di macchinari medicali e a Famiglie SMA per aiutare i genitori della piccola Elena di soli 3 anni affetta da Atrofia Muscolare Spinale.
“Ho sempre appoggiato e dato sostegno alle associazioni no profit in favore della ricerca e dei bambini – rivela Cristina De Pin, madrina e presentatrice dell’evento –.Quale migliore occasione di contribuire alla riuscita di questa manifestazione, incentrata esclusivamente sul mondo dell’infanzia, e che porta a far conoscere il grande lavoro di tutte quelle associazioni che nel loro piccolo riescono a dare un enorme contributo sia umano sia in opere assistenziali a chi veramente ne ha bisogno”. La show girl e attrice seguirà la serata accompagnata da alcuni testimonial come Adil Rami. “Sono felice e onorato di essere testimonial di questa importante iniziativa benefica – dichiara il difensore dell’AC Milan –. Credo sia doveroso sostenere e aiutare le associazioni che operano a favore dell’infanzia, perché la salute e la felicità dei bambini devono rappresentare una priorità per tutti noi”. Altre figure di spicco saranno Ana Laura Ribas, la cantante ABA che si esibirà per ICA (Infant Charity Award) e ancora Andrea Pucci di Colorado Cafè, Federico Gardenghi il DJ più giovane del mondo, il quarto campione di Masterchef Italia Stefano Callegaro e molti altri.
Anticipazioni curiose trapelano dallo Chef Luigi Taglienti sul menù della manifestazione. Piatti attenti alla salute saranno il filo conduttore della cena come il risotto alla Curcuma, nota spezia antitumorale per passare a un secondo a base di Capesante e per finire alcuni dessert della classica tradizione italiana.
Tra i partner tecnici che hanno reso possibile la realizzazione dell’evento troviamo per il secondo anno consecutivo Birikini, Ottaviani, Regione Lombardia, De palma, La Carrie bag, Vergani e molti altri.
Antonella Strozzi
da ilpuntosalute | 3 Apr, 2015 | Informazioni mediche
Le malattie reumatiche rappresentano la prima causa di invalidità temporanea e la seconda di invalidità permanente: il 27% delle pensioni di invalidità è attribuibile a queste patologie. Ogni paziente non adeguatamente trattato perde in media 12 ore di lavoro settimanale, 216 euro per la ridotta efficienza e quattro pazienti su dieci sono costretti a cambiare o a rinunciare al lavoro. “Le malattie reumatiche sono in assoluto le più diffuse, ne soffre circa il 10% della popolazione generale, basti dire che su dieci pazienti presenti in un ambulatorio medico, almeno quattro lamentano un problema reumatologico – afferma il dottor Ignazio Olivieri, Direttore U.O.C. di Reumatologia dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza, Presidente eletto della Società Italiana di Reumatologia (SIR) –. Sono patologie croniche, caratterizzate da dolore, rigidità, disabilità di vario grado fino all’invalidità”.
Per la prima volta in Italia, grazie a una rilevazione promossa da A.M.R.E.R. (Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna) è stato verificato in modo univoco il peso numerico di queste malattie, misurato in base ai codici esenzione di 7 patologie reumatiche tra le più gravi e invalidanti. A ognuna delle sette patologie è attribuito uno specifico codice delle esenzioni ticket per le prestazioni indicate dai Livelli Essenziali di Assistenza (per prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e altre prestazioni specialistiche):
Artrite Reumatoide (codice 006),
Psoriasi (codice 045),
Lupus Eritematoso Sistemico (codice 028),
Malattia di Sjogren (codice 030),
Morbo di Paget (codice 037),
Sclerosi Sistemica Progressiva (codice 047),
Spondilite Anchilosante (codice 054).
La rilevazione condotta da A.M.R.E.R. disegna la mappa dei pazienti con malattie reumatiche nel nostro Paese in base all’età, al genere e al territorio di residenza. La maglia rosa per organizzazione dei servizi, presenza di centri specialistici e competenza dello specialista reumatologo spetta a Friuli Venezia Giulia (0,79% di esenti ticket), Veneto (0,78%), Lombardia (0,72%), seguite da Toscana (0,70%), Emilia Romagna, Puglia; meno virtuose, Lazio, Umbria, Marche, Basilicata, Val d’Aosta, Campania che vede bocciata Napoli (0,31%).
“Il numero totale di esenzioni attive per le sette patologie censite è di 371.586, che è come dire tutti i residenti del Comune di Bologna o di Firenze. Un numero davvero significativo se si pensa che corrisponde a persone con una patologia cronica fortemente invalidante che non guarisce, ma che purtroppo continua a evolvere – spiega Daniele Conti, Responsabile Area progetti A.M.R.E.R. onlus –. Il report, inoltre, ha fatto emergere un trend costante di aumento delle esenzioni per patologie reumatiche: possiamo stimare che in futuro avremo oltre 40 mila esenzioni ticket in più all’anno in Italia”. Un’analisi dei dati complessivi fa emergere che il 41,6% (154.610 esenzioni ticket) delle esenzioni rilasciate è per Artrite Reumatoide (AR), seconda significativa patologia è la Psoriasi nelle sue varie forme con il 31,8% (118.245 esenzioni ticket), patologie di minore prevalenza numerica ma altrettanto severe come la Sclerosi Sistemica Progressiva e il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), rappresentano globalmente il 12,8%.
A.M.R.E.R. è l’Associazione dei Malati Reumatici dell’Emilia Romagna. Si tratta di una realtà di supporto ai pazienti, presente dal 1979: nasce ed è tutt’ora un’Associazione di volontari con sede a Bologna, nel tempo ha acquisito il titolo di ONLUS, e conta oggi oltre 3.600 soci in Italia.
Guerrina Filippi, Presidente AMRER Onlus, ci parla dell’indagine A.M.R.E.R.
A.M.R.E.R. si è fatta promotrice e ha realizzato a livello nazionale la prima indagine sulle esenzioni per patologie reumatiche. Com’è nata l’iniziativa e qual è la sua valenza? Quale valore aggiunto porterà al SSN sul piano sanitario ed economico con riguardo alle patologie reumatiche?
Rappresentare il dato numerico delle malattie reumatiche è stata la prima esigenza che A.M.R.E.R. si è posta quando ci siamo trovati a confrontarci con l’Amministrazione Pubblica. Per fare proposte e richieste era necessario avere a disposizione uno scenario chiaro della situazione che palesasse il bisogno, i confini e il peso di cui A.M.R.E.R. si faceva portavoce. Da questa consapevolezza è iniziato un percorso direi quasi obbligato che nel 2006 ci ha portati a reperire dati esistenti tali da dimostrare la rilevanza numerica di queste patologie in ambito regionale.
Oggi questa indagine è l’evoluzione del lavoro avviato in Regione Emilia Romagna e trasferito a livello nazionale, ed ha il grande merito di far conoscere in maniera più adeguata il “pubblico” dei pazienti e i loro bisogni anche in termini di esigenze legate all’età, al sesso, all’attività lavorativa e alla presa in carico. I dati non rappresentano l’incidenza di malattia, ma il numero di esenzioni attive rilasciate da 150 aziende sanitarie, è probabile in tal senso che il dato complessivo ottenuto sia in realtà sottostimato, tuttavia una cosa è certa: il numero di pazienti esenti per patologia reumatica rilevato è quello sotto al quale non si scende, ossia rappresenta il numero minimo.
Sicuramente questo censimento di A.M.R.E.R. porterà valore aggiunto al Servizio Sanitario Nazionale: intanto una riorganizzazione socio-sanitaria strategica basata sul concetto di costruzione di Reti per la programmazione dei servizi di accesso alle cure, per adattare maggiormente il sistema delle cure ai bisogni dei pazienti, per migliorare l’utilizzo delle risorse complessivamente disponibili, consentendo alla fine un risparmio sia per le aziende sanitarie sia per il Servizio Sanitario Nazionale.
L’indagine di A.M.R.E.R. vuole dare risposte ai bisogni dei pazienti attraverso il riconoscimento della figura del reumatologo e una progressiva organizzazione di PDTA specifici che consentano alla fine un risparmio di risorse per le aziende sanitarie. Quale potrebbe essere in tal senso il ruolo svolto da Associazioni dei pazienti come la vostra nel partecipare alla realizzazione di reti assistenziali e/o percorsi diagnostico-terapeutici sul territorio e in Centri di riferimento specialistici?
La reumatologia sta vivendo a livello italiano un periodo piuttosto complesso legato alla contrazione delle risorse. In tale contesto diventa sempre più difficile trasmettere ai decisori l’articolato e indispensabile lavoro svolto dalla figura del reumatologo in termini di attività/malattie/ bisogni dei pazienti legati alla cronicità di queste patologie. Il rischio concreto potrebbe essere quello di vedere scomparire molte realtà assistenziali proprio perché non si conosce e né si riesce a rappresentare il bacino di bisogno che intercettano.
Il ruolo svolto da Associazioni dei pazienti come la nostra è determinante per contribuire a rafforzare l’attenzione sulle malattie reumatiche autoimmuni sia perché in aumento e rilevanti sotto il profilo socio-sanitario ed economico sia perché estremamente complesse e a motivo di questa complessità bisognose di approcci multidisciplinari specialistici. Siamo convinti che grazie all’associazionismo sia possibile promuovere un utilizzo più razionale e pertinente dei servizi da parte dell’amministrazione e dell’utenza stessa, migliorando la qualità dell’offerta, contenendo la spesa e ottimizzando i tempi di gestione dell’assistenza sanitaria. Attraverso una progressiva acquisizione di professionalità e autorevolezza le Associazioni devono entrare nei processi di produzione salute, consci del proprio ruolo di rappresentanti dei pazienti, non sostituendosi all’erogatore, come spesso accade, ma contribuendo ad accrescere la conoscenza dei bisogni dei pazienti tra gli amministratori pubblici e i politici. Solo con un’azione sinergica si potrà migliorare la qualità di vita delle persone malate nonché quella dei loro familiari.
La vostra Associazione e le altre dedicate ai pazienti reumatici, potrebbero avere un ruolo a livello nazionale nel promuovere il riconoscimento di linee guida per la gestione a tutto tondo del paziente reumatico?
A.M.R.E.R. ha maturato nel tempo un’esperienza che rappresenta, anche sotto il profilo professionale dei suoi volontari, una crescita importante. Questo grazie ad un proficuo lavoro di collaborazione e sinergia con gli amministratori pubblici. Siamo arrivati a comprenderne molti processi, molti limiti e tante potenzialità. Si sono raggiunti obiettivi significativi come linee guida, progetti di ricerca, formazione e PDTA.
È ora importante amplificare e trasferire le buone pratiche e il bagaglio esperienziale acquisito per metterlo in “rete” e proseguire con il processo di condivisione delle conoscenze, delle competenze, dei percorsi efficienti e delle progettualità per conseguire la crescita a livello nazionale. La complessità crescente delle attività e dei bisogni quando proiettiamo le singole esperienze a livello nazionale, ci vede già impegnati in un processo di progressivo coordinamento per superare i personalismi limitanti. Lavoriamo in questa direzione e rivolgiamo un invito ad unirsi alle nostre attività, alle tante realtà associative reumatologiche che sono attive sul territorio nazionale, per offrire un servizio di supporto e confronto all’amministratore pubblico nazionale in modo da migliorare concretamente la qualità della vita del paziente.
da ilpuntosalute | 25 Mar, 2015 | Nutrizione
Per un’alimentazione più sana e attenta alle esigenze nutrizionali dei consumatori, un gruppo di neolaureati della sede cesenate dell’Università di Bologna, con il sostegno di Cesenalab e il finanziamento della cooperativa Alimos, hanno creato: Edo.
Edo è un’App gratuita per smartphone che aiuta i consumatori a conoscere meglio e a scegliere più consapevolmente i prodotti alimentari. L’App è il frutto del lavoro di una tecnologa alimentare, Enza Gargiulo, e di tre informatici: Diego Lanzoni, Luciano Venezia, Marco Giampaoli. Utilizzare Edo è molto semplice, occorre avviarla e scansionare il codice a barre sull’etichetta. Individuato il prodotto, sullo schermo dello smartphone compare una scheda che illustra gli ingredienti e i valori nutrizionali.
Qual è lo scopo dell’app Edo?
Edo si pone l’obiettivo di risolvere una problematica ben precisa, cioè che non tutti sanno davvero cosa mangiano. Le etichette dei prodotti alimentari sono complesse e difficili da decifrare, ci sono falsi miti da sfatare e allo stesso tempo c’è la necessità di fare educazione alimentare in modo originale e al passo coi tempi. Edo è, infatti, il primo strumento alla portata di tutti in grado di guidare il consumatore in una scelta alimentare sana e consapevole.
In che modo Edo aiuta i consumatori a scegliere meglio i prodotti? Come l’applicazione aiuta a stabilire se un prodotto è sano?
Il lavoro consiste nel sintetizzare tutti i dati relativi a un prodotto, trasformandoli in informazioni semplici e di immediata comprensione, anche per chi si avvicina per la prima volta a queste tematiche. Sarà possibile conoscere nel dettaglio tutte le caratteristiche dell’alimento e valutare se è adatto alle proprie esigenze o se occorre limitarne il consumo. Il tutto è facilitato dal fatto che l’app suggerisce alternative più salutari al prodotto analizzato, così da guidare il consumatore in una scelta più attenta.
Che sintesi finale del prodotto fornisce l’applicazione?
L’elemento principale fornito dall’app è un punteggio da zero a dieci che indica quanto è sano il prodotto per lo specifico utente che sta utilizzando l’applicazione. Questo è un dato semplice e inequivocabile, che diventa quindi un punto di riferimento in grado di fornire un’idea immediata sulla salubrità del prodotto. Per chi vuole approfondire e capire il perché di quel punteggio, vengono elencate tutte le caratteristiche positive e negative, raccontate con un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo scientifico.
L’app fornisce un punteggio da zero a dieci. A cosa si riferisce questo punteggio?
Il punteggio è un indice che ci dice quanto è sano il prodotto: quanto più è alto il valore, tanto più è sano l’alimento. Questo numero è personalizzato sulla base dei parametri richiesti all’avvio dell’app, quindi al momento: sesso e data di nascita. In questo modo si riesce a definire i fabbisogni nutrizionali di ogni utente (partendo dal lavoro di enti come la SINU) e capire quanto ogni prodotto incide su di essi.
Quali caratteristiche dei prodotti analizza l’applicazione?
L’algoritmo sviluppato tiene conto di tutti i dati presenti in etichetta, principalmente ingredienti e valori nutrizionali. Per quanto riguarda i primi, si monitorano costantemente tutti i recenti studi scientifici per comprendere quanto è sano ogni ingrediente o additivo e includerlo nell’app. Per i valori nutrizionali, come accennato in precedenza, si tiene conto di quanto incidono sui fabbisogni giornalieri: ad esempio un prodotto che copre con una sola porzione gran parte della quantità di sodio da introdurre in un giorno, sarà valutato negativamente in quanto probabilmente non sarà l’unica fonte di sodio assunta nella dieta giornaliera.
L’app analizza tutti i prodotti alimentari in commercio?
Al momento il database comprende più di diecimila referenze ed è in continua crescita, anche grazie all’aiuto degli utenti che possono inviare foto dei prodotti mancanti per poi essere avvisati con una notifica quando il prodotto è stato analizzato. L’obiettivo è coprire gran parte dei prodotti alimentari attualmente in commercio entro la fine dell’anno.
In che modo l’applicazione è attenta alle esigenze dei celiaci?
Al momento, l’app segnala la dicitura “senza glutine” oppure se è certificato da AIC (marchio spiga barrata). Nei prossimi sviluppi dell’app si amplierà questa funzione, analizzando gli ingredienti e segnalando la compatibilità anche per i prodotti che non presentano nessuna dicitura esplicita.
Come l’applicazione è attenta alle persone intolleranti al lattosio?
In maniera simile a quanto avviene per i celiaci, l’applicazione evidenzia quando un prodotto non contiene lattosio (se dichiarato in etichetta). Anche in questo caso, si lavora a una versione avanzata in cui si restituisce lo stesso risultato dopo aver analizzato gli ingredienti e la loro compatibilità con chi soffre di questa intolleranza.
L’applicazione funziona anche sui prodotti acquistati all’estero?
Al momento l’app si limita ad analizzare i prodotti commercializzati in Italia, ma in futuro non si esclude la possibilità di fornire il servizio anche all’estero dal momento che i principi alla base di Edo sono validi ovunque.
L’applicazione sarà ulteriormente sviluppata e aggiornata? Quali sono i possibili sviluppi?
L’app è aggiornata costantemente, sia in termini di prodotti che di funzionalità. Inoltre, si sta lavorando una versione successiva dell’app in cui si tiene conto di una profilazione più avanzata dell’utente, che può specificare eventuali patologie (allergie, intolleranze…) o stili di vita, come ad esempio: vegetariano o vegano. L’app e l’algoritmo di valutazione si parametrizzeranno sulla base di queste informazioni e forniranno risultati “su misura” e quindi più accurati.
È possibile personalizzare le analisi in base alle proprie esigenze alimentari? In quale modo?
Come anticipato, con la versione avanzata l’utente potrà personalizzare la sua esperienza, indicando tutte le sue esigenze. Oltre a segnalare patologie o stili di vita può decidere se eliminare dalla sua dieta prodotti che contengono determinati ingredienti o additivi, oltre a regolare il consumo dei principali nutrienti (ad esempio può decidere di assumere più zuccheri e meno grassi). Di fatto ha in mano le chiavi dell’algoritmo di valutazione in modo da adattarlo nel modo che ritiene più opportuno.
L’obiettivo di Edo è quello di diventare un punto di riferimento per quanto riguarda l’educazione alimentare. Al momento ci si limita alla valutazione di prodotti industriali confezionati e dotati di etichetta, ma in futuro c’è la possibilità di coprire tutto l’universo food, quindi anche cibo fresco o gestione di piani dietetici. Il meglio deve ancora venire.
Simone Lucci
da ilpuntosalute | 23 Mar, 2015 | Informazioni mediche
I virus dell’Epatite rappresentano una delle principali cause delle infezioni acute e croniche del fegato, costituendo un grave rischio per la salute globale. Nonostante l’estrema diffusione, ancora oggi la maggior parte delle persone affette non ne è a conoscenza, esponendosi così al rischio di incorrere in gravi malattie del fegato (come la cirrosi o forme tumorali), oltre a diventare, inconsapevolmente, artefici della sua diffusione.
L’OMS stima che 180 milioni di persone, circa il 2% della popolazione mondiale, siano cronicamente infettate con il virus dell’Epatite C e a rischio di sviluppare cirrosi epatica e/o cancro del fegato. Inoltre, ogni anno, 3-4 milioni di individui vengono infettati dal virus e tra le 300 e le 500 mila persone muoiono a causa di malattie epatiche correlate all’infezione.
In Europa il numero delle persone infette da HCV si aggira fra i 7,3 e gli 8,8 milioni. L’ultimo Rapporto dei Centri Europei per il Controllo delle malattie (Ecdc) – luglio 2014 – ha evidenziato un allarmante incremento dell’Epatite C in Europa, con un numero di casi doppio rispetto alla B.
L’Italia è il Paese europeo con la maggiore prevalenza di HCV. Gli esperti stimano che è infetto quasi il 3% della popolazione, circa 1,6 – 1,7 milioni di persone (la metà dei quali non sa di esserlo), di cui 330 mila hanno sviluppato una cirrosi epatica.
Ma cos’è precisamente l’epatite C? L’Epatite C è un’infiammazione del fegato causata da un virus della famiglia Flaviviridae appartenente al genere hepacavirus (HCV) che attacca l’organo, attraverso l’attivazione del sistema immunitario dell’ospite, provocando danni strutturali e funzionali anche molto gravi. L’infezione causa la morte delle cellule epatiche (necrosi epatica), che vengono sostituite da un nuovo tessuto cicatriziale che, a lungo andare, occupa tutta o quasi la componente sana del fegato, da cui deriva una grave compromissione delle sue attività, evolvendo come ultimo stadio alla cirrosi epatica.
La fase acuta dell’infezione del virus dell’Epatite C decorre quasi sempre in modo asintomatico, tanto che la patologia è definita un silent killer. L’infezione da HCV cronicizza nel 70-85% dei soggetti. Ciò significa che anche un’incidenza relativamente modesta dell’infezione contribuisce ad alimentare efficientemente il numero dei portatori cronici del virus.
Il virus HCV possiede un’estrema variabilità genomica che ha portato alla distinzione di 6 diversi genotipi entro i quali si identificano molteplici sottotipi.
ll virus dell’Epatite C è “a trasmissione ematica”, il che significa che le persone vengono infettate attraverso il contatto diretto con sangue infetto.
I principali fattori di rischio sono: trasfusioni di sangue ed emoderivati infetti, precedente o attuale uso di droghe per via endovenosa, rapporti sessuali a rischio, trattamenti estetici come piercing e tatuaggi eseguiti con strumenti non adeguatamente sterilizzati, contagio perinatale (in circa il 5% dei bambini nati da madri HCV-RNA positive), co-infezione epatiti croniche/HIV.
Attualmente la diagnosi di epatite C si basa sull’impiego di due esami del sangue: la ricerca degli anticorpi specifici contro l’HCV e l’individuazione delle particelle virali HCV-RNA (test qualitativo HCV-RNA sensibile dal 10° al 14° giorno dopo l’infezione). È inoltre possibile valutare in modo indiretto lo stato di infiammazione del fegato determinando i livelli delle transaminasi epatiche.
Il parametro essenziale, per definire lo stadio e la conseguente evoluzione della malattia, è rappresentato dalla entità di fibrosi e pertanto solo la biopsia e il successivo esame istologico permettono una stadiazione esatta della malattia e del danno epatico. L’unico svantaggio è che le biopsie epatiche possono essere eseguite in modo limitato (a parte casi particolari ogni 3-4 anni). Una volta accertata la presenza del virus e del danno epatico si possono eseguire ulteriori indagini volte ad individuare il genotipo dell’HCV e la carica virale grazie all’HCV-RNA quantitativo, benché essi sono poco utilizzabili in quanto né i livelli di viremia, né il genotipo virale hanno dimostrato convincenti correlazioni con l’evoluzione delle patologie.
Tuttavia gli esami del sangue condotti di routine non includono il test per l’HCV, pertanto la verifica sierologica deve essere richiesta esplicitamente dal medico curante. Per questo motivo la maggior parte delle persone affette da Epatite C asintomatica non sanno di avere la malattia.
Si è discusso di tutto questo a Roma al convegno “HCView, una finestra sulle politiche per l’epatite C” patrocinato dal Ministero della Salute.
Oggi esiste la possibilità concreta di eradicare il virus grazie alla disponibilità di una nuova classe di farmaci, gli antivirali diretti (DAA). “Stiamo assistendo a una rivoluzione epocale nell’area epatite C che si deve all’introduzione di farmaci antivirali innovativi in grado di migliorare il controllo dell’epatite C e di incrementare i tassi di cura dei pazienti passando dal 50% al 90% di guarigioni, cui si aggiunge un profilo di tollerabilita ottimale non confrontabile con le terapie precedenti grazie anche all’assenza dell’interferone nel regime terapeutico, responsabile dei pesanti effetti collaterali – dichiara Antonio Gasbarrini, Professore ordinario di Gastroenterologia, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma -. In prospettiva, sarà possibile ridisegnare i contorni della gestione di questa grave malattia, però ad oggi assistiamo ancora a ritardi nell’implementazione di quegli strumenti programmatici che strutturano l’accesso alle terapie e garantiscono al paziente la corretta gestione. Si tratta di un discorso ampio che va dalle le risorse per accogliere i nuovi trattamenti, fino all’inserimento nei prontuari regionali e alla formazione del personale sanitario, nonché al vaglio di Linee Guida Nazionali”.
da ilpuntosalute | 19 Mar, 2015 | Bio
Si può dire addio ai classici detergenti aggressivi e dannosi per l’ambiente, ora è possibile detergere la casa rispettando la natura. Per pulire le pentole incrostate, smacchiare le posate e cancellare i cattivi odori bastano la scorza di un limone, mezza patata o un’arancia. Gli scarti di frutta e verdura, infatti, possono rivelarsi preziosi alleati per far brillare la propria casa.
Cortilia, il primo mercato agricolo online, da sempre attento al riciclo e alla sostenibilità, ha pensato a 5 pratici consigli per sbrigare le pulizie domestiche, utilizzando solo bucce e avanzi vegetali. Per un risultato a prova di sporco, 100% naturale e low cost.
La PATATA al posto del sapone. La patata è un ottimo sgrassatore contro le macchie di unto, è sufficiente strofinarne metà tubero sui capi da lavare per ottenere lo stesso risultato pulente di un sapone efficace. La patata è un ottimo alleato per eliminare aloni e macchie da vetri, specchi e finestre. Una volta passato il tubero, basta ripassare le superfici con un panno morbido per eliminare lo sporco più evidente e ottenere un risultato splendente.
La SCORZA DI ARANCE E DI MANDARINI inebria di profumo la casa. Non c’è nulla di più sgradevole che accogliere ospiti e amici in una casa che odora di chiuso. Se spalancare porte e finestre non dovesse essere sufficiente, gli agrumi possono trasformarsi in efficaci deodoranti naturali. Per ottenere un potente assorbi-odori, basta far seccare le bucce di un arancia o di un mandarino su di un calorifero, mischiandole poi in una ciotola con fondi (e chicchi) di caffè.
La BUCCIA DI UNA BANANA è un lucido naturale. Pulire le scarpe non è più una “mission impossibile”, basta strofinare con la parte interna della buccia di una banana le proprie calzature, per vederle risplendere come non mai. La buccia, infatti, è ricca di oli e potassio che, oltre a restituire brillantezza, contribuiscono a preservare scarpe e stivali da usura e agenti atmosferici. Dopo aver passato la buccia di banana, è importante ricordarsi di ripassare tutti gli oggetti con un panno morbido, possibilmente di camoscio.
CON IL LIMONE le pentole ritornano al vecchio splendore. Per ridare lucentezza alle vecchie stoviglie basta utilizzare la scorza e il succo di un limone. Grazie al suo potere sgrassante e al suo gradevole aroma, il limone è un ottimo detergente per togliere i cattivi odori e l’antiestetica patina nera che, con il passare del tempo, si forma sul fondo di pentole e tegami. Il trucco sta tutto nell’aggiungere ad acqua e sale grosso, il succo e la scorza di un limone e lasciar riposare per almeno un’ora sulla superficie annerita. Una volta risciacquato, l’effetto brillante è assicurato. E il limone è imbattibile anche per combattere le tracce di calcare che si accumulano su rubinetti e lavandini, o per cancellare l’odore di uovo dalle stoviglie.
UNA MELA al giorno toglie … l’odore di torno. Per evitare che la cucina si impregni dell’odore di fritto, prima della cottura, è sufficiente mettere nell’olio una fetta di mela, ricordandosi di toglierla quando inizierà a dorarsi. In questo modo, l’aroma della mela attenuerà l’odore di frittura. E se in casa non dovessero esserci mele, si possono utilizzare in alternativa un sedano o un limone.
Simone Lucci
Marco Porcaro, 43 anni, è CEO di Cortilia, piattaforma internet per la vendita diretta e per la distribuzione di prodotti agricoli locali da lui fondata unendo le sue due grandi passioni: la tecnologia e il buon cibo.
Cortilia (www.cortilia.it), realtà italiana nata nel 2011, è il primo mercato agricolo online a mettere in contatto consumatori e agricoltori locali per fare la spesa come in campagna. In un semplice click, Cortilia consegna direttamente a domicilio prodotti freschi, frutta e verdura di stagione, acquistati direttamente dall’agricoltore e coltivati in modo sostenibile, dalle aziende agricole più vicine agli utenti. Cortilia vuole rispondere alle esigenze di tutte quelle persone attente ai sapori autentici, alla qualità a tavola e agli acquisti consapevoli, interessate a ricevere nella propria cucina tutto il meglio dei prodotti locali del territorio. Cortilia rappresenta un modello originale di valorizzazione della filiera alimentare locale al servizio degli agricoltori del territorio, aggregati in piccoli mercati virtuali in base alla vicinanza, alla varietà dei prodotti offerti e all’ottimizzazione logistica. Uno dei tanti punti di forza del servizio è il “just in time”: i prodotti sono raccolti e consegnati direttamente a domicilio, in modo da garantire la qualità e la freschezza tipici della filiera corta.
da ilpuntosalute | 16 Mar, 2015 | Nutrizione
Mezze maniche gratinate, paella, insalata di carciofi arrostiti nella cenere, crema di zucca bruciata con amaretti e gorgonzola, pizza con frutti rossi e cioccolato bianco, strudel, Tarte Tatin alla crema sono solo alcune tra le ricette presenti nei libri pubblicati dall’azienda Weber, tra cui La Bibbia Barbecue Weber. Tutte portate che possono essere cucinate sulle griglie Weber – Stephen, dell’azienda americana produttrice di barbecue e accessori multiuso per la cottura alla brace.
Che siano a carbone, a gas o elettrici i barbecue Weber offrono una cottura sana e cibi saporiti senza l’aggiunta di grassi. Le griglie sono ideali per la cottura di: primi piatti, carni aromatizzate o marinate, pesci, crostacei, frutti di mare e verdure. Il sistema di cottura a coperchio chiuso consente di controllare la dispersione omogenea del calore e la temperatura di cottura, in modo tale da conservare le proprietà nutritive, i profumi e i sapori di ogni alimento. Gli articoli Weber sono predisposti sia per il sistema di cottura diretta, che consente di grigliare la carne conservando i suoi succhi naturali e ottenere piatti teneri e saporiti come se cucinati in padella, sia per il sistema di cottura indiretta adatta per cibi di grosse dimensioni e piatti delicati in modo tale da riprodurre la cottura al forno.
I test effettuati sui barbecue Weber dimostrano che non vi è alcuna differenza tra i tre metodi di cottura. Per chi ama la tradizionale immagine del barbecue, che prevede l’uso del carbone e la gestione delle braci, è dedicata la gamma a carbonella. Agli utilizzatori abituali del barbecue che prediligono un sistema semplice e veloce per grigliate frequenti è pensata la gamma a gas, mentre per coloro che dispongono di piccoli spazi aperti è stata creata la versione elettrica.
I barbecue Weber sono sviluppati in collaborazione con grandi chef tra cui Paolo Parisi, chef e allevatore toscano. “Collaboro con Weber da sette anni – spiega il cuoco pisano –. L’azienda produce griglie pratiche e intelligenti, adattabili a una grande varietà di cucina. Sono prodotti accessibili da chiunque, grazie al rapporto qualità/prezzo, e rappresentano un’ottima idea regalo”. Lo chef sottolinea, anche, il pregio del design delle griglie. “I barbecue Weber grazie al loro design potrebbero essere esposti al Moma”, afferma sorridendo. Linee fluide, materiali preziosi e colori sgargianti donano un design innovativo e distintivo a ogni prodotto Weber, con lo scopo di esportare barbecue semplici da utilizzare e che garantiscono una cottura ottimale. Ogni griglia è sottoposta a rigidi controlli di qualità: dalla scelta delle materie prime per la fase di fabbricazione, alla fase di montaggio, dai test di sicurezza dei sistemi di cottura, alla verifica del contenuto e al tipo di imballaggio per la spedizione. Accertamenti che assicurano la robustezza e la longevità dei barbecue per venticinque anni.
Il brand Weber – Stephen ha portato agli amanti della cottura su brace la riscoperta del piacere della vita nell’aria aperta, di un’alimentazione sana e di valori condivisi con amici e familiari.
L’impresa è stata fondata da George Stephen, a Chicago. Nel 1952 è nato Il primo barbecue con il coperchio, in quanto l’imprenditore era stanco utilizzare il braciere aperto, che lasciava il cibo sempre esposto al vento, alla cenere e alle fiammate improvvise. Questo prodotto ha rivoluzionato il metodo di cottura alla brace. Oggi, sono presenti numerose filiali della Weber – Stephen in tutta Europa. La sede italiana è sorta nel 2008, in provincia di Vicenza.
Simone Lucci
Ecco alcune proposte culinarie di Grill Academy, ricette della scuola di cucina di Weber. La ricetta della Tarte Tatin è tratta dal libro: Lo Chef Del Barbecue.
CREMA DI ZUCCA BRUCIATA CON AMARETTI E GORGONZOLA
Tempo di preparazione: 1 ora
Tempo di cottura: 45 minuti
Metodo di cottura: Ember roasting
Difficoltà: media
Tipo: Appetizer, finger food
Costo: Economico
Ingredienti (Numero di persone: 4)
1kg di zucca mantovana
80g di gorgonzola stagionato
40 di amaretti
qb sale e pepe bianco
qb di olio extravergine di oliva
1/4 limone, il succo e la scorza.
Preparazione
- Accendere un cesto di bricchetti nella ciminiera di accensione Weber.
- Porre la zucca in cottura, direttamente a contatto dei bricchetti accesi, senza usare la griglia e senza mai rivoltarla.
- Cuocere la zucca per circa 40 minuti, fino a quando la polpa risulterà molto soffice.
- Rimuovere con cura le parti carbonizzate che erano a contatto con le braci e raccogliere la polpa pulita con un cucchiaio.
- Frullare la polpa di zucca in un mixer con dell’olio extravergine di oliva, il succo e la scorza grattugiata di un quarto di limone. Assaggiare e aggiustare di sale e pepe.
- Una volta che crema di zucca si sarà intiepidita, versarla all’interno di piccoli bicchierini di vetro da finger food. Sbriciolare un amaretto sulla superficie e terminare con una briciola di gorgonzola stagionato.
- Servite immediatamente.
INSALATA DI CARCIOFI ARROSTITI NELLA CENERE CON GREMOLADA E BRICIOLE CROCCANTI DI PANE AL CHIPOTLE
Tempo di preparazione: 60 minuti
Tempo di cottura: circa 40 minuti
Metodo di cottura: Ember roasting
Difficoltà: molto facile
Costo: molto Economico
Ingredienti (numero di persone: 4)
8 carciofi
100g di pane di grano duro
1 mazzo di prezzemolo freschissimo
1 spicchio d’aglio
1 limone, la scorza
1 peperoncino chipotle secco o in adobo.
Qb di sale e pepe bianco
qb di olio extravergine
Preparazione
- Accendere un cesto di carbone nella ciminiera d’accensione. Quando pronto, spargerlo per tutto il braciere.
- Tagliare le punte ai carciofi ma senza rimuovere le foglie esterne più coriacee; faranno da scudo al calore.
- Versare dell’olio dentro i carciofi.
- Arrostire i carciofi ponendoli direttamente sola le braci ardenti.
- Chiudere il coperchio e lasciare in cottura per almeno 30 minuti.
- A parte tritare il prezzemolo con l’aglio e la scorza di limone. Mettere in una ciotola con dell’olio extravergine di oliva.
- Frullare il pane in un robot da cucina con il chipotle e 4 cucchiai di olio fino a raggiungere una consistenza grossolana.
- Tostare il pane in padella fino a quando non diventa di un bel colore rosso ramato. Mettere da parte a raffreddare.
- Quando le foglie interne del carciofo si staccano facilmente significa che sono cotti. Rimuoverli dal fuoco e lasciare raffreddare per qualche minuto.
- Rimuovere con cura le parti carbonizzate e tagliare in due la parte rimanente.
- Impiattare i fagioli e disporre sopra prima la gremolada e poi le briciole di pane al peperoncino affumicato.
- L’insalata può essere preparata in anticipo ma deve essere intiepidita prima di essere servita.
MEZZE MANICHE NEL COCCIO CON CAVOLFIORE, PINOLI E UVETTA AL RHUM GRATINATE AL PARMIGIANO 30 MESI.
Tempo di preparazione: 50 minuti
Tempo di cottura: 12 + 5 minuti
Metodo di cottura: Indiretta
Difficoltà: Facile
Tipo: Primo piatto
Costo: Economico
Ingredienti (Numero di persone: 4)
300g di mezze maniche
500g di cavolfiore verde romano
qb sale e pepe
20g di pinoli
20g di uva sultanina
5cl di rhum bianco
1cl di aceto di vino bianco.
10cl di olio extravergine d’oliva
Petali di parmigiano reggiano stagionato 30 mesi
Tegamini in terracotta monoporzione
Preparazione
- Preriscaldare il grill alla massima temperatura per circa 10 minuti. Mettere a bagno l’uvetta nel rhum, tostare i pinoli a secco in padella.
- Cuocere i ciuffi di cavolfiore in abbondante acqua salata fino a quando i gambi iniziano a diventare teneri.
- Buttare le mezze maniche nel tegame con il cavolfiore in cottura e cuocere insieme pasta e cavolfiore. Scolare pasta e cavolfiore usando lo scolapasta e lasciando la pasta al dente.
- In un recipiente condire la pasta e cavolfiore con i pinoli, l’uvetta, un generoso giro di olio extravergine e un cucchiaino di aceto di vino bianco. Mescolare uniformemente facendo attenzione a non rompere la pasta.
- Porre la pasta condita nei tegamini in terracotta, precedentemente unti con dell’olio extravergine.
- Aggiungere i petali di parmigiano 30 mesi sulla superficie.
- Gratinare sul grill a calore elevato fino a quando il formaggio non sarà completamente sciolto e inizieranno a vedersi alcuni punti più scuri. A quel punto, il coccio avrà una saporita crosta croccante e alcuni spot della pasta a contatto con il coccio assumeranno una consistenza croccante grazie all’alta temperatura.
TARTE TATIN ALLA CREMA
Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo di cottura: 30-45 minuti
Ingredienti (numero di persone: 4)
7 mele (varietà Gala)
Zucchero di canna
Burro
1 pizzico di sale
1 rotolo di pasta sfoglia
Per la crema
4 cucchiai di panna da cucina densa
2 cucchiaini di zucchero semolato
2 gocce di acqua di fiori d’arancio o 1 pizzico di cannella in polvere
Preparazione
- Preparate un fuoco a due zone con bricchetti, per una cottura a fuoco medio (0 pag. 14-15).
- Sbucciate le mele, togliete il torsolo e tagliatele in quattro. Disponetele in uno stampo. Spolveratele con zucchero di canna, aggiungete le noci di burro e un pizzico di sale.
- Fate cuocere per 10-15 minuti sulla griglia a fuoco diretto a 210 °C.
- Togliete lo stampo dal barbecue con i guanti isolanti. Coprite le mele con la pasta e proseguite la cottura per circa 20-30 minuti a 180-200 °C su fuoco indiretto, fino a quando la pasta è dorata.
- Nel frattempo, preparate la crema. Mescolate tutti gli ingredienti in una ciotola. Sbattete vigorosamente con la frusta per montare la panna. Tenete da parte al fresco.
- Sformate la Tarte Tatin rovesciandola e servitela calda con la sua deliziosa crema.
STRUDEL DI MELE E PASTA PHILLO ALLA GRIGLIA CON VANIGLIA, LIME E CEDRO CANDITO
Tempo di preparazione: 20 minuti
Tempo di cottura: 15 minuti
Metodo di cottura: Diretta + Padella Weber
Difficoltà: Facile
Tipo: Dessert
Costo: Economico
Ingredienti (Numero di persone: 4)
1 confezione di pasta phillo
300g di mele Granny Smith
Qb sale e pepe bianco
30g di pinoli
30g di uva sultanina
5cl di rhum bianco
1 bacca di vaniglia
1 cucchiaino di cannella in polvere
30g di cedro candito
50g di burro
30g zucchero di canna grezzo
Preparazione
- Preriscaldare il grill con i bruciatori al minimo
- Fondere il burro al microonde
- Sovrapporre 5 strati di pasta pillo, spennellando il burro fuso tra uno strato e l’altro.
- Con un coppapasta tagliare gli strati sovrapposti di pasta phillo e ricavare dei dischetti da 5 o 6 cm di diametro, appoggiare su della carta forno, coprire con pellicola e lasciare in frigo fino al momento dell’uso.
- Sbucciare e tagliare le mele a cubetti, saltare nella padella weber, poggiata direttamente sulla griglia, insieme ad una noce di burro, lo zucchero di canna, la scorza di lime, i pinoli, l’uvetta precedentemente tenuta a bagno nel rhum e i semi raschiati dal baccello di vaniglia. Aggiungere un pizzico, letteralmente un pizzico, di sale e una grattata di pepe bianco. Lasciare cuocere fino a quando le mele cominciano a perdere un po’ di liquidi e si forma uno sciroppo brillante sul fondo della padella. A quel punto, togliere dal fuoco e aggiungere il cedro candito e la cannella. Tenete in caldo.
- Spennellare i dischi di pasta pillo con il burro fuso, grigliare da entrambi i lati a calore moderato fino a quando non si gonfiano leggermente diventando croccanti. Accertatevi che siano ben visibili le righe di cauterizzazione della griglia.
- Grigliate tutti i dischi considerando che avrete bisogno di tre dischetti croccanti di pasta phillo per ogni porzione.
- Impiattare il dessert alternando un disco di pasta phillo grigliata ad un cucchiaio di mele spadellate. Sinceratevi che sia tutto ben caldo.
- Finite con una spolverata di zucchero a velo e decorate il piatto con cedro, pinoli, uvetta o un mix fra i tre.
- Servitelo ben caldo.
PAELLA SU BARBECUE WEBER
Preparare la paella sul grill è di grande impatto scenografico. La Paella è uno dei classici della cucina spagnola, riso misto a carne, pesce e verdure dalle tantissime varianti regionali.
Che cos’è
La paella non è paella senza il “socarrat”, lo strato bruciacchiato che si attacca sul fondo del tegame e che dona il caratteristico sentore di affumicato.
I puristi della paella andranno alla disperata ricerca del socarrat quindi vale davvero la pena farglielo trovare. Lo scopo è lasciare attaccare il riso ma senza bruciarlo e per farlo è questione di “naso”; bisognerà riuscire ad annusare il profumo del riso tostato e interrompere la cottura prima di bruciarlo. Ricorda, la paella non è “vera” paella senza il socarrat.
Come si prepara
Avremo bisogno del classico tegame da paella, molto largo e dai bordi bassi. In alternativa, una pesante wok in ghisa farà al caso nostro. Si inizia con il soffritto: uno spicchio d’aglio, un po’ di cipolla, pancetta e dischi di chorizo (una salsiccia piccante). Si lascia appassire per qualche secondo e poi si tuffano i bocconcini di pollo. Un minuto di cottura ancora e sarà il turno degli gli anelli e dei tentacoli dei calamari (o seppie in alternativa). Altro minuto e si aggiunge il riso. Si lascia a cucoere fino a quando inizierà a scoppiettare; a quel punto sfumerai con mezzo bicchiere di vino bianco. Quando l’alcool sarà evaporato, aggiungi un paio di mestoli di brodo, lo zafferano e la paprika e lascia cuocere per 10 minuti rimestando solo di tanto in tanto. Dopo i primi 10 minuti di cottura tocca ai piselli e ai frutti di mare insieme ad un paio di mestoli di brodo. Ancora una leggera rimestata e si lascia cuocere ancora per 6 o 7 minuti prima di aggiungere i gamberi. A questo punto, viene il bello: bisognerà lasciare “attaccare” il riso sul fondo per produrre il socarrat e toglierlo dal fuoco non appena si può annusare il profumo del riso tostato.
A cottura ultimata, copri il tegame con l’alluminio e lascia la paella a riposare indisturbata per circa 10 minuti, prima di servire.