L’espressione “Natura Morta” fu introdotta in Italia allo scadere del 1800, per tradurre dall’olandese: “Still-Leven” (natura in quiete), termine che già dal 1650 indicava la rappresentazione pittorica di soggetti inanimati.

La messa in posa di oggetti, il più delle volte umili e quotidiani, è caratterizzata da notevoli valenze simboliche. Il frutto, il fiore, l’arredo ben definito, assumono un significato moraleggiante. Il ciclo delle stagioni, la fragilità, la caducità, l’annientamento sono le tematiche che i pittori affrontano tramite una descrizione “minuziosa e appassionata”. Le composizioni floreali e gli insetti, oltre a manifestare un interesse naturalistico, costituiscono il contenuto simbolico dell’opera: proprio perché di breve durata, esprimono la fugacità e la transitorietà della vita umana.

Col passare degli anni prevalsero, poi, toni decorativi e sfarzosi: gli artisti sperimentarono nuove concezioni compositive e spaziali in sintonia con lo spirito barocco.

La nuova mostra della PA.NOVA Gallery, a Milano, vuole festeggiare il culto della Natura Morta e mettere in luce come i diversi artisti del 21esimo secolo l’abbiano rinvigorita e le abbiano dato un nuovo senso filosofico.

La mostra «NATURE.MORTE» è, prima di tutto, una conversazione e una riflessione della natura, sia viva che morta, in scultura, fotografia, pittura e video installazioni. Sarà inaugurata il18 aprile alle ore 18.00 e resterà in corso fino al primo giugno.

Da un lato vediamo la rappresentazione della natura nella sua magnificenza e nella sua bellezza sulle tele impressionistiche di Eva Letizia, nelle sculture ironiche di Gabriel Ortega, nei disegni realistici di Daniele Pitittu, nelle foto illustrazioni pop art di Lucia Dibi, nelle raffinate installazioni in carta e legno di Kylie Ogrady… e dall’altro? Dall’altro lato ci sono le anime perse, le case abbandonate e le facce distorte delle fotografie di Yulia Kompaniyets, e poi le opere di Diego Morra, Daniele Golia e Pavel Chmelev, la società 2.0, ovvero l’influenza dei social media e i comportamenti che ne derivano, sulle canvas di Andrea Rossi, l’installazione di Davide Genna, la fotografia surreale dell’artista persiano Babak Monazzami spiegata, non con parole ma attraverso le immagini che compongono un video. “… In quest’opera sta dimostrando il danno quotidiano degli esseri umani all’ambiente; l’essenza della donna è quella della madre terra, prigioniera in lacrime per la perdita dei suoi figli uccisi da esseri umani privi di morale …”, di questo suo lavoro Madre terra in prigione, scrive così della sua foto il Xoow Magazine, in Spagna.

Clementina Speranza