Felpa azzurra con un grande fiore al centro, gonna a righe con fiori gialli, calze arancioni, in testa un cerchietto arancione con palline e infine una borsa blu e fucsia. Si presenta così Ágatha Ruiz de la Prada, la stilista spagnola colorata dentro e fuori. Il fucsia è il colore che la identifica e il nero non è mai presente nelle sue collezioni.
“Sono nemica del nero. Mi fa paura e non capisco come possa andare tanto di moda a Milano – afferma –. La passione per i colori nasce da quando ero bambina. Ma i colori non bastano, tempo fa ero a Panama per una mostra e un giornalista mi ha chiesto se per me fosse più importante il colore o la forma. Nel mondo mi conoscono per il colore, ma reputo più rilevante la forma. E quella dei miei vestiti è rivoluzionaria”.
Non le piacciono pelle, pelliccia e tessuti artificiali. Predilige la seta e poi il cotone. “Quando ho incominciato usavo molto la seta, e con tessuti di altissimo livello, anche perché mi facevano un prezzo speciale. Ho avuto la fortuna di lavorare come stagista con Ratti, uno dei migliori fabbricanti di seta nel mondo”, ricorda De la Prada, e aggiunge: “Oggi è impossibile lavorare con tessuti di grande qualità a causa dei costi elevati”.
“Quelli che non vogliono imitare qualcosa, non producono nulla” è una frase del grande pittore e scultore Salvator Dalì, cui la stilista si ispira. Ágatha Ruiz de la Prada, per disegnare le sue collezioni, guarda al movimento surrealista e vi aggiunge i colori più vivaci della Pop Art. “Trovo che la Pop Art sia il periodo più ottimista della storia della pittura, mi piace molto l’astrattismo, l’arte del ventesimo secolo mi incanta”.
Alcuni abiti della designer sono vere sculture, opere d’arte. È il caso dell’abito Piano e del vestito Gabbia, presenti nella collezione AW 2009/2010, omaggio a Salvador Dalì nell’anno della celebrazione dei vent’anni trascorsi dalla sua morte. “Avrei voluto fare la pittrice – confessa ÁgathaRuiz de la Prada –, ma dopo artisti del calibro di Dalì, Mirò e Picasso, sarebbe stato difficile emergere. Fare la stilista è più facile e trovo riscontro alle mie creazioni in modo immediato”.
Ha mai dipinto a mano capi della sua collezione?
Molti, molti, molti, mille. Di recente hanno sfilato in passerella tutti vestiti dipinti a mano. Ho trascorso la mia vita a dipingere sui tessuti: su seta, cotone…
Quale capo dovrebbe avere ogni donna nel suo armadio? E quale non può mancare nel guardaroba maschile?
Penso che l’uomo ha bisogno di più colore. Perché deve indossare sempre capi neri? È orribile no? E poi, le persone, uomini e donne, devono vestirsi con indumenti comodi. Le scarpe sono importantissime, e anche le calze colorate, io do molta importanza alle gambe.
I capi delle sue collezioni sono sempre molto estrosi. Quali peculiarità caratteriali deve avere chi indossa i suoi abiti?
La donna de la Prada deve essere coraggiosa. Molto coraggiosa.
Tra le molte collezioni che ha realizzato ce n’è una alla quale è particolarmente legata?
La prima. La prima è come il primo amore, è una cosa che nella vita non dimentichi. La canzone della prima sfilata l’ho sentita tutta sulla pelle. La prima volta è favolosa. Te la ricordi per sempre. È stata spettacolare anche la prima volta che ho sfilato a Parigi, dalla strada vedevo la Tour Eiffel. Un’emozione impressionante. Poi una delle ultime sfilate: per i 30 anni della mia carriera ho voluto ripercorre i 30 anni del brand. Una retrospettiva, ho lavorato sul dipinto a mano, sulle stampe…
Fiori giganteschi, cuori, macro bolle, labbra rosse, nuvole bianche e mani che avvolgono la silhouette di chi indossa il capo sono solo alcune delle stampe. Sembra di essere in una favola, come fa a coltivare la sua creatività senza ripetersi mai nel corso degli anni?
Ho una bella squadra, con molta gente giovane che mi aiuta.
Apple, Audi, Barbie, Swatch, Camper, Lacoste, Unicef, Nestle, Kleenex, sono solo alcuni dei brand con cui ha lavorato. Come sceglie con chi collaborare? Con quale brand ha vissuto l’esperienza più stravagante?
Facilmente dico di sì, ma ci sono cose a cui dico di no: pelle, pellicce, tabacco.
Un’esperienza insolita: ricordo una ditta italiana che mi ha ordinato una collezione di porte blindate. È stato difficile, ma sono stata felice del risultato: sono state vendute in tutto il mondo, e poi ho realizzato un’altra collezione di porte, per un altro fabbricante.
Di recente sono nati i profumi e i balsamo labbra da lei firmati. Come nasce l’idea? Tra i progetti futuri vi sarà la possibilità di ampliare la linea?
Io penso che l’ossessione di ogni designer sia creare un profumo. Era il mio sogno e ne ho realizzati più di 18. Sono stata fortunata, perché ho collaborato con professionisti competenti ed esperti. Il mio produttore di profumi è bravissimo: è il terzo o il quarto nel mondo. Per la moda il profumo era importantissimo, ma ora tutto è fondamentale: le collezioni per la casa, per i bambini…
A vent’anni dalla sua prima sfilata, com’è nata la passione per la moda?
Volevo fare la pittrice però, a 14/15 anni, nel momento in cui una ragazza desidera particolarmente essere bella, ho pensato che la moda dà una felicità immediata, mentre quello dell’arte è un cammino molto solitario, molto difficile, molto duro. Conoscevo abbastanza bene il mondo dell’arte, ed essere una grande artista dopo Picasso era difficile. Essere una grande stilista era più facile.
Quali studi ha intrapreso?
Io sono abbastanza autodidatta. Ho iniziato a 20 anni alla Escuela de Artes y Tècnicas de la Moda di Barcellona, che però non mi piaceva, ci sono rimasta un anno. Non ero una brava studentessa, se lo fossi stata ora sarei un architetto.
Lei ha tenuto diversi incontri presso le Università nel mondo. Cosa consiglia ai giovani che si avvicinano al settore della moda?
Consiglio di avere molta pazienza, perché il bello di questa professione è la professione in sé, molti vogliono raggiungere il successo subito. L’importante è amare il proprio lavoro, giorno dopo giorno, ed essere felici giorno dopo giorno.
Qual è per lei il concetto di lusso?
Mi reputo una designer molto democratica, per me il lusso è la cultura, la musica, l’intelligenza, gli amici, il cibo. Se tu esci felice e ben vestito, è fatta.
Dal 2006 ÁgathaRuiz de la Prada è attiva per Unicef nella campagna Frimousse de Crèateurs e crea bambole di pezza che vengono battute all’asta per finanziare molteplici progetti.
La designer si ispira al mondo dei più piccoli e inventa per loro una linea su misura che ne cattura l’ottimismo e la spensieratezza.
La stilista vive nel suo mondo colorato: “Vesto sempre con i miei abiti perché sono lo specchio di quello che io sono”.
Clementina Speranza