Natale è un momento magico. Le tavole si arricchiscono di gustosi manicaretti tradizionali, di carne, di pesce, oppure vegetariani. Un ruolo ghiotto è svolto dal dolce, che conclude i pranzi e le cene durante le festività, e accompagna i brindisi. Forme, colori e gusti differenti in base alla regione di provenienza: il panettone a Milano, il pandoro a Verona, il torrone a Cremona, il panforte a Siena, il panspeziale a Bologna e il Dolce Firenze, una prelibatezza tipica del capoluogo toscano.
Prodotto per la prima volta alla fine degli anni ’80, Dolce Firenze nasce da un’idea di Gabriella Lombardini, titolare insieme al marito Leandro Alessi della cantina Cennatoio a Panzano nel Chianti Classico.
Di ritorno da un viaggio in Austria, Gabriella Lombardini riflette sul legame simbiotico tra Vienna e la Sachertorte, e nota che non esiste un alter ego dolciario a Firenze, che la rappresentasse in modo così inequivocabile. Da quel momento sono iniziate riflessioni e ricerche, fino a quando non si è giunti a un’altra donna forte, originale e amante della cultura gastronomica: Caterina dè Medici. Una delle ricette amate dalla sposa di Enrico II Orleans è, infatti, il Berlingozzo, il dolce di Carnevale il cui nome deriva da Berlingaccio che indica il Giovedì Grasso, l’ultimo giorno dedicato ai piaceri della tavola prima della Quaresima in cui è concesso, come direbbero i fiorentini, berlingare (divertirsi).
Dalla texture morbida ed elastica, il dolce era diffuso già nel 1400 e, secondo quanto riportato dalle cronache del tempo, era consumato come antipasto. Ed è proprio a questo manicaretto carnevalesco che si ispira il Dolce Firenze, inizialmente donato come omaggio ai clienti della cantina Cennatoio, e oggi commercializzato all’interno dell’Opificio Fiorentino, un locale di recente apertura gestito da Emiliano Alessi, figlio dei coniugi Alessi.
“Burro, zucchero, farina di frumento, uova fresche, latte parzialmente scremato, burro di cacao, sale marino integrale di Cervia, pasta di arancia, scorze d’arancia e lievito madre sono alcuni ingredienti che rendono il dolce versatile, soffice e grintoso – precisa Emiliano Alessi –. Gli alimenti contenuti rispecchiano totalmente la ricetta originale affidata in passato a uno stabilimento piemontese che utilizzava un lievito madre di 65 anni e di proprietà di amici della nostra famiglia”.
Le origini toscane del dolce sono rievocate, anche, dal caratteristico packaging. “La confezione è un omaggio appassionato a Firenze, in quanto riprende le caratteristiche dell’antico stemma fiorentino: un giglio rosso su sfondo bianco. Al contrario della blasonatura attuale, anticamente i colori erano invertiti, si narra, infatti, che nel 1251 i Guelfi per dare un segnale di cambiamento e di continuità scelsero il colore rosso per il giglio”, puntualizza Emiliano Alessi.
Il dolce fiorentino è adatto ad accompagnare i brindisi durante le feste. Con quali vini? “Come abbinamento più tradizionale il Vinsanto Occhio di Pernice di Cennatoio, mentre per un accostamento originale consiglio uno Champagne Demi-Sec, nel caso specifico Champagne José Ardinat Cart d’Or Demi-Sec (100% Pinot Meunier)”, suggerisce Claudia Bondi, affascinante e raffinata sommelier.
Simone Lucci