Il 13 dicembre la Chiesa festeggia santa Lucia. Una ricorrenza che a Trapani è particolarmente sentita e che continua a mantenere vive alcune tradizioni. Si narra che in quella data, nel 1646, nel porto di Palermo approdò una nave carica di grano che pose fine a una grave carestia. Per poterlo consumare immediatamente, il grano non venne macinato, ma bollito.
In ricordo di quell’evento, per Santa Lucia, i siciliani tradizionalmente non consumano cibo a base di farina, ma cuccìa e arancine di riso. Il termine “cuccìa” sembra derivi da “còcciu”: cosa piccola, chicco. L’usanza vuole che questo dolce sia distribuito a familiari, amici e vicini di casa, e le briciole vengano lasciate sui tetti per gli uccellini.
La cuccìa è a base di grano bollito e ricotta di pecora o crema di latte, bianca o al cioccolato. Viene guarnita con zuccata, cannella e pezzetti di cioccolato. Nel trapanese, al frumento bollito viene aggiunto il cosiddetto “vino cotto”: un Mosto di uve caramellizzato, il più antico dolcificante della storia, chiamato anche Sapa o Saba. “Il mosto cotto è un dolcificante naturale che si ottiene dalla lenta cottura del succo d’uva non fermentato e non contiene alcool. Diventa una glassa che si può mettere su pane, frittelle, gelato, frutta secca e fresca. Il mosto cotto si ottiene dalle uve Grillo, Catarratto, Inzolia e da quelle previste dal disciplinare di produzione”, spiega Ercole Alagna, proprietario della cantina Baglio Baiata Alagna.
L’azienda siciliana in questione produce anche il vino della Santa Messa, cioè quello utilizzato per celebrare l’Eucarestia. Vinificato in bianco e rosso, è diffuso nei luoghi dove la pratica religiosa è molto forte. “Con una gradazione alcolica di 16° e di tipo liquoroso, questo vino è rigorosamente ex genimine vitis (Vino Genuino) nel rispetto delle prescrizioni del diritto canonico, ed è prodotto sotto il controllo del vicario foraneo con l’autorizzazione vescovile – precisa Alagna –. L’autorizzazione è sigillata attraverso un particolare procedimento tecnico da parte di esponenti della Santa Sede, che vengono in azienda e chiudono le vasche prima dell’imbottigliamento”. I vini da messa sono pochi, e le cantine nazionali che li producono, dotate dell’autorizzazione delle curie vescovili del territorio, sono diventate fornitrici storiche. Il vino eucaristico deve attenersi ad alcuni parametri dettati dal Codice di Diritto Canonico “vinum debet esse naturale ex genimine vitis et non corruptu” (il vino deve derivare naturalmente dal frutto della vite e non essere corrotto). È necessario dunque che sia realizzato con ‘uva pura’, non contaminata in alcun modo, e la sua genuinità è garantita con dei controlli su campioni da parte di un vicario foraneo, cui segue il sigillo della Curia. Il retro etichetta del vino Santa Messa dell’azienda di Alagna riporta: ‘Preparato, imbottigliato e sigillato secondo i dettami del canone 924§3 del Codice del Diritto Canonico: sotto il controllo del Direttore dell’Ufficio Liturgico della Diocesi di Mazara del Vallo. Il vino per uso sacramentale è frutto della vite (cfr. Lc 22,18), naturale e genuino senza aggiunta di sostanze estranee’.
Il cromatismo del vino non viene menzionato dal diritto canonico. Tuttavia, sugli altari, si è assistito a un cambiamento: il rosso di un tempo, simbolo del sangue di Cristo, è stato gradualmente sostituito dal bianco per motivi pratici: le eventuali macchie sulle tovaglie di lino dell’altare, se rosse, sarebbero troppo evidenti.
“La curia consiglia la vendita di questo vino a chiese, comunità, privati, enoteche. La vendita ai supermercati non è vietata, ma non è auspicata, per evitare abbinamenti inopportuni o ‘volgari’ sugli scaffali”, precisa Ercole Alagna.
Nata nel 1943, con Antonio, padre dell’attuale proprietario, e il solo nome di Alagna, l’azienda è una costruzione agricola antica realizzata sotto forma di balium circolare con all’interno una cappella. “Si erge tra stupende colline, a circa 10 km dal centro di Marsala, dove si trova il territorio più idoneo per questi tipi di vitigni, e si chiama Baglio Baiata, detto anche Baglio Spanò”, precisa Ercole Alagna.
I vigneti sono coltivati su una superficie di 60 ettari di terreno distribuiti nei comuni di Marsala, Salemi, Mazara e Trapani. Crescono qui i vitigni necessari per la creazione di: Zibibbo, Nero d’Avola, Grillo, Catarratto, Inzolia e Damaschino. Tutte uve locali che hanno bisogno del particolare microclima della provincia di Trapani e sono lavorate utilizzando un mix di tecniche tradizionali e moderne, con sistemi di raccolta sia meccanici sia antichi. L’intera produzione minimizza l’impatto ambientale e preserva il patrimonio naturalistico della zona.
La cantina Baglio Baiata Alagna, che si trova a Marsala, è stata creata all’interno di cave di tufo, e possiede, quindi, pozzetti interrati e gallerie sotterranee che facilitano l’invecchiamento del vino e lo proteggono dalle alte temperature tipiche del territorio.
La cantina è specializzata nell’ideazione di vini dolci, di prodotti invecchiati, e di articoli di nicchia, venduti in Italia, Cina, Australia, Brasile e Polonia. Diversi sono i premi ottenuti. “Medaglie d’argento, medaglie di bronzo, e da quest’anno le 5 stelle sono i riconoscimenti che arricchiscono il nostro medagliere – afferma Ercole Alagna –. Abbiamo partecipato a concorsi nazionali e internazionali, siamo stati in Polonia e in Germania”.
Qual è l’ultimo premio vinto? “Le 5 stelle. Il massimo premio enologico internazionale, ricevuto al Vinitaly per il nostro Moscato”.
Tramandate da padre in figlio, la passione e le conoscenze vitivinicole di Baglio Baiata Alagna danno vita a vini divini, pluripremiati e di qualità.
Simone Lucci