Coniugare food e sport è possibile? Naturalmente sì, e ad affermarlo è Nucis Italia, associazione che riunisce le maggiori aziende produttrici di frutta secca e da diversi anni divulga le valenze salutistiche e le proprietà benefiche della frutta secca ed essiccata nell’alimentazione degli sportivi, a prescindere dalla disciplina praticata. “La frutta secca è ricca di vitamine e sali minerali, indispensabili per il corretto funzionamento del nostro organismo, e non contiene esclusivamente grassi, proteine e carboidrati – precisa Alessandra Bordoni, nutrizionista e docente del Dipartimento di Scienze e Tecnologie alimentari dell’Università di Bologna –. La frutta secca fornisce nutrienti che altri cibi non contengono, pertanto risulta un valido spuntino tra i pasti principali e un corretto ingrediente da inserire nelle ricette”.
A sostenere lo stretto connubio tra frutta secca e attività sportiva, tre atleti che hanno scritto le pagine di altrettante discipline sportive: Arianna Errigo per la scherma, Maurizia Cacciatori per la pallavolo, Antonio Cabrini per il calcio. Tre stelle dello sport nazionale con gusti, diete e abitudini alimentari personali.
Nata a Monza nel 1988, Arianna Errigo si avvicina al mondo della scherma da piccolissima. Nel 2003, entra a far parte dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Ginnastica Comense 1872, dove viene seguita dal maestro Giovanni Bortolaso. La sua scherma d’attacco è estrosa, impulsiva, con assalti in tempi brevi e rapidi, un gioco che ben rispecchia il suo carattere solare e carismatico. Caratteristiche messe in mostra anche durante le Olimpiadi di Rio 2016. Tra le storiche vittorie la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici del 2012.
Com’è il tuo rapporto con la frutta secca?
Ho un bellissimo rapporto con la frutta secca, soprattutto durante l’allenamento e in gara. Ogni volta che finisco un match la prima cosa che faccio è integrare con sali minerali, banana e noci. Durante la gara non mangio tanto per non appesantirmi.
Lo sport ti porta spesso in giro per l’Italia e per il mondo. Com’è l’alimentazione di Arianna Errigo?
Da atleta giri il mondo, quindi hai la possibilità e la fortuna di assaggiare varie pietanze. Prima della gara mangio in ristoranti italiani, ma terminata la competizione esploro anche la cucina tipica. Nel quotidiano seguo un’alimentazione corretta. Sono i dettagli a fare la differenza e l’alimentazione è uno di questi.
Qual è il tuo menù ideale?
Non saprei dire. Mi piace tutto, sono una buona forchetta. Adoro mangiare e cucinare in particolar modo i primi, la pasta e il riso li preferisco a tutto. Talvolta, mi tolgo qualche sfizio, ovviamente nei limiti.
Quando trascorri una giornata in pedana per fronteggiare una competizione olimpica o europea, quanto peso perdi? Possiamo parlare di chili?
Tanto, perché lo stress è alto, la giornata è lunga e i match sono faticosi, però non si parla di chili. L’aspetto importante dopo la gara è il corretto recupero.
La scherma è uno sport che richiede tantissima energia sia fisica che mentale. Per tua esperienza, è più facile avere un momento di calo dal punto di vista fisico o dal punto di vista della concentrazione?
Le gare sono molto lunghe, pertanto la concentrazione è fondamentale, anche se mantenerla per tutta la giornata non è semplice a causa della tensione. Nel mio staff è presento uno psicologo che mi aiuta a fronteggiare al meglio un match.
Nella tua carriera possiamo parlare di grandi sacrifici?
Sì, però ripagati, eccome!
Toscana doc e nata a Carrara nel 1973, Maurizia Cacciatori è stata leader della Nazionale di Pallavolo, oggi si divide tra i suoi due figli e la famiglia, ma senza allontanarsi troppo dai campi di pallavolo. Da giocatrice è stata un caposaldo e punto di riferimento della Nazionale italiana, vincendo tutto quello che si poteva, soprattutto a fine anni ‛90 con la sua Volley Bergamo: quattro scudetti, due Champions League, tre Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane.
Com’è il tuo rapporto con la frutta secca?
Io ho un ottimo rapporto con la frutta secca, la mangio spesso a colazione e ho passato questa mia tradizione culinaria ai miei bimbi, che ne sono golosissimi.
Lo sport ti ha portata spesso in giro per l’Italia e per il mondo. Com’era l’alimentazione di Maurizia Cacciatori?
Stavo spesso in ritiro e ho avuto un allenatore, Giulio Milasco, che ci ha sempre detto di rispettare il cibo del Paese in cui stavo, quindi: in Italia si mangia italiano, in Giappone si mangia giapponese. Sono una persona che ha sempre sperimentato e non sono mai stata titubante. Quando giocavo mi piaceva cucinare, era una forma di far squadra anche se non mi consideravo un grande fenomeno tra i fornelli però ci si prova.
Qual è il tuo menù ideale?
Il risotto come primo, di secondo mi piace il pesce al cartoccio e come dolce la crostata di frutta.
Quando giocavi che rapporto avevi con i dolci?
Ho sempre avuto una dieta molto equilibrata e la crostata è sempre stata presente nella mia alimentazione, anche prima della gara. Una dieta equilibrata ti far star bene.
Tra i membri di una squadra, quale rapporto nasce? Si può parlare di famiglia o di lavoro?
Da quando avevo 16 anni fino a 30/32 anni ho vissuto nell’ambito sportivo, ho fatto lo sport di squadra per eccellenza perché nella pallavolo si è obbligati a passare la palla e sono dell’idea che lo sport individuale non esiste. Chi pratica un’attività individuale ha uno staff, dal cuoco, all’allenatore, al massaggiatore, al coach, al mental coach che fanno squadra. Durante la mia carriera ci sono stati momenti di attrito, però si diventa una famiglia. Oggi a casa con mio marito e miei figli continuo a fare gioco di squadra, io sono il capitano di mio marito, infatti lui è un po’ stanco di questo atteggiamento.
Nato a Cremona nel 1957, Antonio Cabrini è stato il terzino simbolo della Juventus e della Nazionale. Nel 1982 vince la Coppa del Mondo con la Nazionale di Enzo Bearzot entrata nella leggenda. La sua lunga carriera agonistica è costellata di conquiste: sei scudetti, due Coppe Italia, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe, una Coppa dei Campioni, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa e un Mundialito per Club. Le sue caratteristiche di terzino d’attacco, unite a un’invidiabile solidità difensiva, lo hanno fatto emergere come uno dei più grandi talenti italiani di ogni tempo, simbolo di un calcio pulito dallo straordinario valore tecnico, atletico e umano.
Dopo varie esperienze di allenatore di club maschili, dal 2012 è coordinatore di tutte le Nazionali femminili di calcio e presidente dell’associazione italiana ed europea ex calciatori (AIEC).
Com’è il tuo rapporto con la frutta secca?
Non ho un grande rapporto con la frutta secca, la assumo tra un pasto e l’altro, nei momenti in cui hai fame. Le mandorle e le noci sono le varietà che magio più volentieri.
Lo sport ti ha portato spesso in giro per l’Italia e per il mondo. Com’era l’alimentazione di Antonio Cabrini?
Non avevo una specifica dieta sportiva, perché quello che mangiavo lo consumavo immediatamente durante la partita. La pasta e gli zuccheri erano fondamentali e con il tempo ho adottato l’alimentazione sportiva anche nel quotidiano.
Qual è il tuo menù ideale?
Ho sempre adottato un’alimentazione ricca di pasta, riso e tortelli di zucca, in quanto sono lombardo. Da sempre, sono un amante dei dolci in tutte le forme, ma non ricchi di panna, e quando giocavo li assumevo almeno una volta al giorno senza nessun problema.
Antonio Cabrini, tu ami le sfide, hai vinto tutto quello che si poteva vincere nel calcio maschile, e ora hai deciso di metterti alla prova con una disciplina che in Italia non è ancora così diffusa come nel resto dell’Europa, il calcio femminile. Raccontaci questa tua esperienza.
Sì, è stata una scommessa che mi ha proposto la federazione e che sto ancora portando avanti. Avevo una certa conoscenza del calcio femminile, ho trovato un mondo molto affascinante e particolare, tant’è vero che con il passare del tempo ho capito che il calcio maschile è differente dal calcio femminile. Il mondo maschile è più facile da gestire, mentre quello femminile è molto più presente, passionale e all’interno delle squadre si respira il rispetto. Un rapporto conviviale sicuramente atipico rispetto a quello dei maschi. In Italia, a causa di una mentalità maschilista, il calcio femminile, purtroppo, non è così diffuso come in Cile, in Spagna, in Inghilterra, negli Stati Uniti e nel Nord Europa.
Hai vissuto gli anni della Juventus di tanti anni fa. Che Juventus era rispetto quella di adesso o in generale com’erano le regole rispetto a oggi? Anche a livello di spogliatoio.
Le regole non sono cambiate più di tanto, perché come nel calcio e negli sport di squadra ci sono delle regole precise. C’è stata un’evoluzione tecnologica che ha cambiato il modo di comunicare. In passato vivevi la partita, la squadra con un gruppo di amici, quindi non conoscevi soltanto le caratteristiche tecniche del tuo compagno di squadra, ma anche la vita al di fuori del gioco del calcio. Era un rapporto molto più umano, più familiare. Oggi si vive in una realtà più virtuale e meno fisica.
Simone Lucci