L’aroma di caffè che si diffonde ogni mattina nelle cucine di molte famiglie è il rito quotidiano del risveglio più diffuso a cui pochi sono disposti a rinunciare. Amato o attaccato per i suoi presunti effetti negativi sulla salute, il caffè è da sempre tra le bevande più consumate al mondo e se assunto in dosi moderate non crea effetti negativi. Talvolta, può prevenire l’insorgenza di alcune patologie e aumenta, persino, l’attesa di vita. Proprio come affermano i risultati presentati da esperti e dall’ica, Associazione Italiana Caffè.
“Il consumo di caffè non implica rischi particolari per la salute – afferma Gianpaolo Gensini, Professore Ordinario Medicina Interna e Presidente del Centro Studi di Medicina avanzata –. Negli anni recenti, un ampio studio del National Institute of Health condotto in 229.119 uomini e 173.141 donne dai 50 ai 71 anni ha permesso di rilevare una riduzione della mortalità totale e una diminuzione di patologie cardiocerebrovascolari, diabete, infezioni, traumi e incidenti”.
Dopo 9.400 studi scientifici, dal 1990 in poi, si hanno conoscenze più approfondite sul caffè che è stato eletto alimento importante all’interno di una sana ed equilibrata alimentazione. “È dimostrato che se bevuto nelle dosi consigliate di circa 300 mg (ovvero 4-5 tazzine di espresso, 3-4 di tazzine preparate con la moka o 2,5 tazze di caffè americano), il caffè non produce alcun effetto negativo sull’individuo sano, grazie anche al suo potere antiossidante – afferma Amleto D’Amicis, Direttore UO INRAN –. Per la cirrosi epatica e per il diabete, l’alimento può svolgere un’importante azione preventiva”.
Le modalità con cui vengono effettuati molti studi non sono spesso univoche, perché variano in base alla grandezza della tazza (ovvero la quantità di bevanda), al tipo di miscela o al metodo di preparazione presi in esame. Da qui spesso nascono problemi di interpretazione, soprattutto negli studi epidemiologici.
Negli ultimi 20 anni, numerosi studi epidemiologici hanno associato il consumo di caffè all’insorgenza di neoplasie, riportando però risultati inconsistenti. “Ricerche scientifiche hanno evidenziato che il consumo di caffè può proteggere l’organismo dal tumore al colon-retto, al fegato e all’endometrio – riferisce Sabina Sieri, ricercatrice in Epidemiologia Nutrizionale Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano –. I risultati ottenuti oggi sono sorprendentemente positivi rispetto al passato, quando bere caffè era considerata un’abitudine poco sana. Infatti, i dati non mostrano una correlazione tra il consumo di caffè e il rischio di sviluppare un tumore”.
Sono importanti anche le novità per quanto riguarda il rapporto tra caffè e sistema cardiovascolare. “Gli effetti sulla salute cardio-vascolare sono stati studiati prendendo in esame il consumo della bevanda in relazione alle singole componenti del caffè – spiega Luca Scalfi, Professore Ordinario di Fisiologia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II –. Le ricerche cliniche di epidemiologia nutrizionale e le relative meta-analisi indicano che l’assunzione di caffè in dosi adeguate riduce l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Restano da identificare con più certezza le componenti responsabili di tale effetto”.
Per chi soffre di malattie gastroenteriche, l’alimento svolge un’azione protettiva. “Consumare caffè protegge dal rischio di incorrere in malattie croniche del tratto gastrointestinale e del fegato – dichiara Daniele Del Rio, Professore Associato di Nutrizione Umana presso l’Università degli Studi di Parma –. Noi ricercatori e clinici dobbiamo compiere un ulteriore sforzo per comprendere a pieno la complessità della relazione tra il consumo di caffè e la salute, disegnando ricerche di laboratorio e studi sull’uomo per confermare e rafforzare i progressi ottenuti fino a oggi”.
Sono stati effettuanti anche studi più tecnici in termini di varietà e tostatura. Del caffè e dei chicchi si conoscono il profumo e le diverse varietà, come Arabica e Robusta. Ma di cosa è fatto un chicco di caffè, quale è il suo DNA? “Il DNA di un chicco di caffè contiene le informazioni necessarie per lo sviluppo di nuove tipologie, e varia costantemente da una specie all’altra, permettendo la distinzione tra Arabica e Robusta, oltre a identificare varietà diverse all’interno delle due categorie – specifica Giorgio Graziosi, Professor of Coffee Genetics all’Università di Trieste –. La maggior parte del DNA viene danneggiata durante i procedimenti di tostatura e macinazione. Per prevenire il danno sono nati metodi di recupero di una sufficiente quantità di DNA, consentendo di eseguire prove di identificazione di specie”.
Tostatura e torrefazione sono due processi imprescindibili per ottenere il caffè, processi che modificano la natura del chicco. “La torrefazione è l’iniezione di energia termica nei chicchi di caffè verde che crea una quantità di composti chimici non presenti allo stato crudo, per tale motivo un accurato controllo delle condizioni di tostatura è fondamentale – riferisce Marino Petracco, Ingegnere Chimico e docente scientifico all’Università del Caffè di Trieste –. Molti composti che si ottengono sono importanti per l’aspetto sensoriale (colore, aroma…) che rendono il caffè gustoso, altri agiscono sulla fisiologia del consumatore che possono essere visti sotto una luce più o meno favorevole”.
Grazie ai benefici della bevanda, l’appuntamento mattutino con la tazza di caffè per cominciare la giornata sarà irrinunciabile. Ora non bisogna far altro che scegliere: arabica o robusto?
Simone Lucci