Gli acidi grassi polinsaturi Omega-3, come quelli di origine marina EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico), sono acidi grassi essenziali, in quanto il nostro organismo non è in grado di produrli e devono quindi essere assunti con la dieta o attraverso una specifica supplementazione. Questa famiglia di nutrienti influenza processi fisiologici fondamentali per il mantenimento dello stato di salute.“Tre/quattro etti di pesce al giorno corrispondono a circa 1grammo di Omega 3, dose che si consiglia di assumere ogni giorno”, afferma Aldo Pietro Maggioni, Responsabile Centro Studi ANMCO. Esistono così integratori alimentari e i farmaci che contengono una più alta concentrazione del principio attivo: superiore all’85%. E da pochi giorni è disponibile in farmacia il primo farmaco generico a base di Omega 3, acidi grassi polinsaturi che riducono signifiticamente il rischio di un secondo intervento cardiovascolare e diminuiscono l’eccesso di trigliceridi.
Questo aspetto è di grande importanza, in quanto studi clinici hanno dimostrato che la prevenzione cardiovascolare è prodotta con Omega-3 in concentrazione superiore all’85%.
Grazie a un innovativo processo di produzione, nel farmaco non sono presenti conservanti, e il principio attivo proviene da pesce azzurro di specie non a rischio di estinzione e poco soggette al bioaccumulo di sostanze nocive come il mercurio. Per estrarre e purificare l’olio di pesce non vengono usati solventi organici ed è garantita un’efficace rimozione dei potenziali contaminanti.
Il farmaco è indicato per:
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Ipertrigliceridemia: riduzione dei livelli elevati di trigliceridi quando la risposta alle diete e ad altre misure non farmacologiche da sole si sia dimostrata insufficiente; il trattamento deve essere sempre associato ad adeguato regime dietetico
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Prevenzione secondaria nel paziente con pregresso infarto miocardico: in associazione ad altre misure terapeutiche, quando appropriate, è indicato per ridurre il rischio di mortalità
Il Servizio Sanitario Nazionale concede, attraverso le note 13 e 94 dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), la somministrazione gratuita degli Omega-3 in caso di: ipertrigliceridemia familiare, iperlipemia familiare combinata, ipertrigliceridemia con insufficienza renale moderata e grave e in prevenzione secondaria entro un anno dall’infarto del miocardio.
Il più ampio studio sugli effetti della supplementazione con Omega-3 in pazienti a rischio cardiovascolare elevato è il GISSI-Prevenzione, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet, condotto in Italia su più di 11 mila pazienti sopravvissuti a un infarto miocardico. Al termine del periodo di studio, il trattamento con Omega-3 ha comportato la riduzione del 20% dell’incidenza della mortalità per infarto del miocardio e del 40% della morte improvvisa. Lo studio GISSI-Prevenzione ha inoltre rilevato una riduzione della concentrazione dei trigliceridi nel sangue del 3,4% nei soggetti che hanno ricevuto una supplementazione con Omega-3.
Il successivo studio GISSI-HF, sempre pubblicato sulla rivista The Lancet, ha invece investigato i benefici del trattamento con Omega-3 in pazienti con scompenso cardiaco cronico, e i risultati sono stati una riduzione della mortalità totale del 9% e una riduzione della mortalità cardiovascolare e delle ospedalizzazioni cardiovascolari del 8% in pazienti ad alto rischio. Nonostante queste evidenze, l’AIFA non ha ancora recepito l’indicazione degli Omega-3 nella prevenzione cardiovascolare in pazienti con scompenso cardiaco.
“Grazie ai dati dell’Osservatorio Epidemiologico cardiovascolare – messi a punto con la collaborazione fra l’Istituto Superiore Sanità e l’Associazione Nazionale Medici cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e la Fondazione per il Tuo Cuore – e presentati al recente congresso Nazionale ANMCO, è stato possibile scattare la fotografia del rischio cardiovascolare della popolazione italiana – riferisce Michele Gulizia, Presidente ANMCO, Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri –. I risultati sono poco lusinghieri: 9 italiani su 10 bocciati in stile di vita. Negli ultimi 10 anni il rischio cardiovascolare globale si è ridotto del 6% negli uomini e del 15% nelle donne, e il numero degli infarti e degli ictus è rimasto stabile grazie ad una maggiore consapevolezza e aderenza alle terapie in grado di controllare l’ipertensione e le altre patologie cardiovascolari. Ma 30 milioni di italiani presentano fattori di rischio, che sommati moltiplicano esponenzialmente il rischio cardiovascolare, rappresentati principalmente da cattiva alimentazione, ipercolesterolemia, sovrappeso e obesità, un cattivo stile di vita e sedentarietà. Bisogna quindi migliorare l’alimentazione con una cucina che prediliga il consumo di pesce, di verdura e frutta, limitando alcolici, dolci e salumi e, contemporaneamente, aumentare il tempo dedicato allo sport, ma anche più semplicemente al movimento, come ad esempio una camminata a passo sostenuto fatta regolarmente più volte alla settimana”.
Clementina Speranza